Da ultima
e non per ultima è nata la diatriba, politica o meno, fondata o meno, sulla
elezione di Carlo Tavecchio alla Federcalcio. Di sicuro ne esce malconcia la
credibilità del calcio e delle su componenti, come se non bastasse quanto già
avvenuto prima. E’ da venti anni che studio il sistema Italia, a carattere
locale come a livello nazionale. Da queste indagini ne sono scaturiti decine di
saggi letti in tutto il mondo, ma che mi sono valsi l’ostruzionismo dei media
nazionali. Pennivendoli venduti all’economia ed alla politica. Book ed E-Book
che si possono trovare su Amazon.it. Per dovuta esperienza posso esprimere
questi pareri. Per quanto riguarda le battaglie di civiltà posso dire che sono
battaglie contro i mulini al vento. Non perché esse non siano fondate, in
quanto, come specialista del campo, proprio perché ho scritto “Sportopoli, lo
sport truccato”, posso garantire che i temi sollevati sono già stati pubblicati
sui giornali con degli articoli, da me o da altri, come di seguito indicato, e
nulla è scaturito.
Eppure i
nemici giurati di Tavecchio hanno avuto una bella visibilità dai soliti
giornali. Come nel caso di Massimiliano Nerozzi per La Stampa, giornale degli
Agnelli, contrari a Tavecchio. “Figc, l'ex vicepresidente dei Dilettanti,
Ragno: Tavecchio non è eleggibile. Magari sarà una questione di cavilli, che
sono poi la versione giuridica della buccia di banana. «Guardi che Carlo
Tavecchio non è eleggibile», dice con voce pacata Luigi Ragno, 74 anni, ex
sottotenente dei carabinieri («ma solo nei venti mesi di leva»), ex direttore
di banca, e per trent’anni in Federcalcio. «Basta leggere l’articolo 29 del nuovo
statuto della Figc: la riabilitazione è espressamente richiamata in riferimento
a provvedimenti disciplinari sportivi, e non quando si parla di condanne
penali, dove invece non è indicata. Poi però non ho idea di come andrà, perché
ne ho viste di tutti i colori». Specialmente tra il 1999 e il 2000, quando da
vice presidente della Lega Nazionale Dilettanti Ragno si trovò proprio al
fianco di Tavecchio, al suo primo mandato: il numero uno aveva fatto alcune
operazioni bancarie «con gravi irregolarità», secondo Ragno, che aveva
presentato immediate dimissioni. «Era il 24 ottobre 2000 - ricorda oggi l’ex
vice presidente - e scrissi una lettera a diversi organi federali, anche per
tutelare la mia persona: con i precedenti che all’epoca aveva Tavecchio, e che
tutti conoscevano, non si potevano lasciare venti miliardi di lire in un conto
di private banking, e con una sola persona con potere di firma, lui». Non
successe nulla. «L’unico risultato fu che il collegio dei revisori minacciò di
querelarmi per diffamazione: bene, risposi, almeno chiariremo tutto davanti a
un tribunale. Ho sempre tenuto tutti i documenti. La denuncia non arrivò mai».
? Quindici anni più tardi, tutto può ruotare ancora attorno alle precedenti
condanne di Tavecchio (totale, 1 anno e tre mesi) nonostante furono pene
sospese e con non menzione sul certificato penale. Su questo tema si erano
innescate interpellanze parlamentati, ma Tavecchio aveva alzato lo scudo: un
parere sulla sua candidabilità richiesto alla Corte Federale nel 1999, e la riabilitazione
ottenuta in base all’articolo 178 del codice penale. Tutto vero, ma
discutibile, almeno secondo alcune fonti vicine alla giustizia sportiva della
Federcalcio. «Ricordo che emettemmo un parere - dice il professor Andrea
Manzella, illustre costituzionalista ed ex presidente della Corte - e molto ben
motivato. Certo, era il 1999, e tenemmo conto della normativa sportiva e penale
dell’epoca». Nel frattempo, lo statuto della Figc è cambiato quattro volte,
l’ultima il 30 luglio scorso, con decreto del commissario ad acta, il professor
Giulio Napolitano.? Il punto è l’articolo 29, dove l’inciso «salva
riabilitazione», è indicato solo nella frase dei provvedimenti sportivi, non
nel periodo seguente, quando si parla di «condanne penali passate in giudicato
per reati non colposi» con pene detentive superiori a un anno. Interpretazione
letterale: se l’estensore avesse voluto prevedere la riabilitazione anche per
le condanne penali, l’avrebbe specificamente indicato. «Forse è la sorpresa di
Malagò», sorrideva ieri un giurista. Dopo di che c’è pure la lettura favorevole
a Tavecchio, ovvero in linea con i principi giuridici generali: in fondo la
riabilitazione, tra le altre cose, serve proprio per evitare gli effetti
deteriori che una condanna produce sotto il profilo sociale e lavorativo. Se ne
può discutere, insomma: come potrebbe poi decidere di fare il Coni, come organo
di sorveglianza, tenuto a ratificare i risultati dell’assemblea”.
Il passato
scomodo di Tavecchio, scrivono da par loro Tommaso
Rodano e Carlo Tecce per Il Fatto Quotidiano. "Spuntano una denuncia per
calunnia contro il super candidato alla Federcalcio e un dossier depositato in
procura che lo riguarda. E si scoprono strane storie, dalle spese pazze fino al
doppio salvataggio del Messina. Ogni giorno che passa, e ne mancano cinque
all’annunciata investitura in Federcalcio, il ragionier Carlo Tavecchio arruola
dissidenti, smarrisce elettori: resiste però, faticosamente resiste. Nonostante
le perplessità di Giovanni Malagò (Coni), dei calciatori più famosi e di
qualche squadra di serie maggiore o inferiore. Il padrone dei Dilettanti, che
dal ‘99 gestisce un’azienda da 700.000 partite a stagione e da 1,5 miliardi di
euro di fatturato, com’è da dirigente? Dopo aver conosciuto le sue non spiccate
capacità oratorie, tra donne sportive handicappate e africani mangia-banane,
conviene rovistare nel suo passato. E arriva puntuale una denuncia per calunnia
contro Tavecchio, depositata in Procura a Varese due giorni fa, a firma Danilo
Filippini, ex proprietario dell’Ac Pro Patria et Libertate, a oggi ancora
detentore di un marchio storico per la città di Busto Arsizio. Per difendersi
da una querela per diffamazione – su un sito aveva definito il candidato
favorito alla Figc un “pregiudicato doc” – Filippini ha deciso di attaccare: ha
presentato documenti che riguardano il Tavecchio imprenditore e il Tavecchio
sportivo, e se ne assume la responsabilità. Oltre a elencare le cinque condanne
che il brianzolo, già sindaco di Ponte Lambro, ha ricevuto negli anni (e per i
quali ha ottenuto una riabilitazione) e i protesti per cambiali da un miliardo
di lire dopo il fallimento di una sua azienda (la Intras srl), Filippini allega
una lettera, datata 24 ottobre 2000, Tavecchio era capo dei Dilettanti dal
maggio ‘99. Luigi Ragno, un ex tenente colonnello dei Carabinieri, già
commissario arbitrale, vice di Tavecchio, informa i vertici di Lega e
Federazione di una gestione finanziaria molto personalistica del presidente. E
si dimette. “Mi pregio comunicare che nel corso del Consiglio di Presidenza –
si legge – è stato rilevato che la Lega intrattiene un rapporto di conto
corrente presso la Cariplo di Roma, aperto successivamente al Primo Luglio 1999
(…). L’apertura del conto corrente appare correlata alla comunicazione del Presidente
di ‘avere esteso alla Cariplo, oltre alla Banca di Roma già esistente, la
gestione dei fondi della Lega. Entrambi gli Istituti hanno garantito, oltre
alla migliore offerta sulla gestione dei conti, forme di sponsorizzazione i cui
contenuti sono in corso di contrattazione”. Quelle erano le premesse, poi
partono le contestazioni a Tavecchio: “Non risulta che alcun organo collegiale
della Lega sia mai stato chiamato a esprimere valutazioni in ordine a offerte
formulate dagli Istituti di credito di cui sopra”. “Risulta che non sono state
prese in considerazione dal presidente più di venti offerte di condizione
presentate in busta chiusa da primarie banche che operano su Roma, le quali
erano state contattate dal commissario”. “Non risulta che né la Banca di Roma
né la Cariplo abbiano concluso con la Lega accordi di sponsorizzazione”. “Nella
sezione Attività della situazione patrimoniale del bilancio della Lega non
appare, nella voce ‘banche’, la presenza del conto corrente acceso presso
Cariplo”. “Nella sezione Attività della situazione patrimoniale, alla voce
‘Liquidità/Lega Nazionale Dilettanti’ risulta l’importo di Lire 18.774.126.556,
che non rappresenta, come potrebbe sembrare a prima vista, il totale delle
risorse finanziarie dei Comitati e delle Divisioni giacenti presso la Lega,
bensì è costituito da un saldo algebrico tra posizioni creditorie e posizioni
debitorie nei confronti della Lega”. Segue una dettagliata tabella dei
finanziamenti ai vari Comitati regionali, e viene così recensita: “Il presidente
della Lega ha comunicato che ai suddetti ‘finanziamenti di fatto’ è applicato
il tasso di interesse del 2,40%, la cui misura peraltro non è stata stabilità
da alcun organo collegiale”. Il vice di Tavecchio fa sapere di aver scoperto
anche un servizio di “private banking”, sempre con Cariplo, gestito in
esclusiva dal ragionier brianzolo: “Nessun Organo collegiale della Lega ha mai
autorizzato l’apertura di tale rapporto (…) e mai ha autorizzato il presidente
a disporre con firma singola (…) Trattasi di un comportamento inspiegabile e
ingiustificabile, anche in considerazione della consistenza degli importi non
inferiore ai venti miliardi di lire”. Ragno spedisce una raccomandata alla
Cariplo, e si congeda dai Dilettanti di Tavecchio: “Di fronte all’accertata
mancanza di chiarezza, di trasparenza e di correttezza e di gravi irregolarità
da parte del massimo esponente della Lega, non mi sento di avallare tale
comportamento gestionale e comunico le immediate dimissioni”. Per comprendere
la natura del consenso costruito minuziosamente da Tavecchio nella gestione
della Lega Dilettanti, un caso esemplare è quello del Messina calcio. La
società siciliana approda in Lnd nella stagione sportiva 2008-2009. La famiglia
Franza è stufa del suo giocattolo, vorrebbe vendere la squadra, ma non trova
acquirenti. Il Messina è inghiottito dai debiti. Dovrebbe militare in serie B,
ma il presidente Pietro Franza non l’iscrive al campionato cadetto: deve
ricominciare dai dilettanti. Il problema è che il Messina è tecnicamente
fallito (la bancarotta arriverà dopo pochi mesi) e non avrebbe le carte in
regola nemmeno per ripartire da lì. E invece Tavecchio, con una forzatura,
firma l’iscrizione dei giallorossi alla Lega che dirige. L’uomo chiave si
chiama Mattia Grassani, principe del foro sportivo e, guarda caso, consulente
personale di Tavecchio e della stessa Lnd: è lui a curare i documenti (compreso
un fantasioso piano industriale per una società ben oltre l’orlo del crac) su
cui si basa l’iscrizione dei siciliani. In pratica, si decide tutto in casa.
Nel 2011 il Messina, ancora in Lega dilettanti, è di nuovo nei guai. Dopo una
serie di vicissitudini, la nuova società (Associazione Calcio Rinascita
Messina) è finita nelle mani dell’imprenditore calabrese Bruno Martorano. La gestione
economica non è più virtuosa di quella dei suoi predecessori. Martorano firma
in prima persona la domanda d’iscrizione della squadra alla Lega. Non potrebbe
farlo: sulle sue spalle pesa un’inibizione sportiva di sei mesi. Non solo. La
documentazione contiene, tra le altre, la firma del calciatore Christian
Mangiarotti: si scoprirà presto che è stata falsificata. Il consulente del
Messina (e della Lega, e di Tavecchio) è sempre Grassani: i giallorossi anche
questa volta vengono miracolosamente iscritti alla categoria. Poi, una volta
accertata l’irregolarità nella firma di Mangiarotti, la sanzione per il Messina
sarà molto generosa: appena 1 punto in classifica (e poche migliaia d’euro,
oltre ad altri 18 mesi di inibizione per Martorano). Tavecchio, come noto, è
l’uomo che istituisce la commissione “per gli impianti sportivi in erba
sintetica” affidandola all’ingegnere Antonio Armeni, e che subito dopo assegna
la “certificazione e omologazione” degli stessi campi da calcio alla società
(Labosport srl) partecipata dal figlio, Roberto Armeni. Non solo: la Lega
Nazionale Dilettanti di Tavecchio ha un’agenzia a cui si affida per
l’organizzazione di convegni, cerimonie ed assemblee. Si chiama Tourist sports
service. Uno dei due soci, al 50 per cento, si chiama Alberto Mambelli. Chi è
costui? Il vice presidente della stessa Lega dilettanti e lo storico braccio
destro di Tavecchio. Un’amicizia di lunga data. Nel 1998 Tavecchio è alla guida
del comitato lombardo della Lnd. C’è il matrimonio della figlia di Carlo, Renata.
Mambelli è tra gli invitati. Piccolo particolare: sulla partecipazione c’è il
timbro ufficiale della Figc, Comitato Regionale Lombardia. Quando si dice una
grande famiglia."
«Denuncio
Tavecchio. Carriera fatta di soprusi» dice
Danilo Filippini a “La Provincia Pavese”. A quattro giorni dalle elezioni Figc,
Carlo Tavecchio continua a tenere duro, incurante delle critiche e delle prese
di posizione - sempre più numerose e autorevoli - di coloro che ritengono l’ex
sindaco di Ponte Lambro del tutto inadeguato a guidare il calcio italiano.
Tavecchio è stato anche denunciato per calunnia da Danilo Filippini, ex
presidente della Pro Patria che ha gestito la società biancoblù dall’ottobre
1988 all’ottobre 1992.
Filippini,
perché ha deciso di querelare Tavecchio?
«Scrivendo
sul sito di Agenzia Calcio, definii Tavecchio un pregiudicato doc e un
farabutto, naturalmente argomentando nei dettagli la mia posizione e allegando
all’articolo il suo certificato penale storico. Offeso per quell’articolo,
Tavecchio mi ha denunciato per diffamazione. Così, tre giorni fa, ho presentato
alla Procura di Varese una controquerela nei suoi confronti, allegando una
ricca documentazione a sostegno della mia tesi».
In cosa
consiste la documentazione?
«Ci
sono innanzitutto le cinque condanne subite da Tavecchio. Poi i protesti di
cambiali per una somma di un miliardo di vecchie lire dopo il fallimento della
sua azienda, la Intras srl. Ho allegato inoltre l’esposto di Luigi Ragno, già
vice di Tavecchio in Lega Dilettanti, su presunte irregolari operazioni
bancarie con Cariplo. Più tutta una serie di altre irregolarità amministrative».
Quando
sono nati i suoi dissidi con Tavecchio?
«Ho
avuto la sfortuna di conoscerlo ai tempi in cui ero presidente della Pro
Patria. Quando l’ho visto per la prima volta, era presidente del Comitato
regionale lombardo. In quegli anni ci siamo scontrati continuamente. Con
Tavecchio in particolare e con la Federazione in generale».
Per quale
motivo?
«I
miei legittimi diritti sono sempre stati negati, in maniera illecita,
nonostante numerosi miei esposti e querele, con tanto di citazioni di testimoni
e prove documentali ineccepibili. Da vent’anni subisco dalla Federcalcio ogni
tipo di abusi».
Per
esempio?
«Guardi
cos’è successo con la denominazione “Pro Patria et Libertate”, da me acquisita
a titolo oneroso profumatamente pagato, e che poi la Federazione ha girato ad
altre società che hanno usato indebitamente quel nome. Per non parlare della
mia incredibile radiazione dal mondo del calcio, che mi ha impedito di candidarmi
alla presidenza della Figc, come volevo fare nel 2001. Una vera
discriminazione, che viola diritti sanciti dalla Costituzione. Sa qual è
l’unica cosa positiva di questa vicenda?»
Dica.
«Sono
uscito da un mondo di banditi come quello del calcio. E ora mi occupo di
iniziative a favore dei disabili: impiego molto meglio il mio tempo».
Tavecchio
risulta comunque riabilitato dopo le cinque condanne subite.
«Mi
piacerebbe sapere in base a quali requisiti l’abbia ottenuta, la
riabilitazione. E comunque, una volta riabilitato, avrebbe dovuto tenere un
comportamento inappuntabile sul piano etico. Non mi pare questo il caso».
Insomma, a
suo parere un’eventuale elezione di Tavecchio sarebbe una iattura per il calcio
italiano...
«Mi
auguro davvero che non venga eletto. Questo è il momento di cambiare, di dare
una svolta: non può essere Tavecchio l’uomo adatto. Avendolo conosciuto di
persona, non mi sorprende neanche che abbia commesso le gaffes di cui tutti
parlano. Lui fa bella figura solo quando legge le lettere che gli scrivono i
principi del foro. Comunque, ho mandato la mia denuncia per conoscenza anche al
Coni e al presidente Malagò. Non ho paura di espormi: quando faccio una cosa,
la faccio alla luce del sole».
Da parte
sua Gianfrancesco Turano su “L’Espresso” ha messo un carico pesante,
naturalmente buttandola in politica: Claudio Tavecchio, chi è il potente del
calcio. L'impresentabile che piace tanto a destra. "Il brianzolo,
celebre per le sue sparate su neri mangiatori di banane e donne handicappate, è
diventato il padrone della Figc. Grazie a un piano che unisce affari e politica
e ad amicizie influenti. Come quella con Galliani e Lotito. Il ragioniere, il
geometra, il pedagogo. Claudio Tavecchio, Adriano Galliani e Claudio Lotito
hanno i titoli di studio in regola. Sono loro la nuova Triade che tenterà di
rilanciare il calcio italiano eliminato al primo turno ai Mondiali, bersagliato
dalla violenza e dalle scommesse clandestine, squilibrato nella struttura e nei
conti, surclassato nei risultati in campo. Alle elezioni della Federcalcio
fissate in prima convocazione il giorno 11 di agosto 2014, il candidato
Tavecchio ha ottime possibilità di essere eletto al primo colpo con la
maggioranza qualificata di due terzi. Dal terzo ballottaggio basterà la metà
più uno dei voti. L’unico avversario che ha qualche chance di farlo fuori è lo
stesso Tavecchio, protagonista di uno show pre-elettorale indimenticabile a
base di un mitologico “Optì Pobà”, calciatore della Lazio mangiabanane,
dequalificato e senza “pitigrì” (pedigree). Le scuse successive sono state
peggiori della gaffe: esibizioni di fotografie in compagnia di uomini neri,
dichiarazioni sulla falsariga “molti dei miei migliori amici sono africani” e
il provvidenziale intervento a sostegno del medico della nazionale del Togo.
Kossi Komla-Ebri, residente in Ponte Lambro (Como), ha garantito per il
candidato: «Quando Tavecchio era sindaco, abbiamo fatto un gemellaggio con
Afagnan in Togo». Appena finito di scusarsi con i mangiatori di banane, è
arrivata un’altra frase culto. «Prima si pensava che la donna fosse
handicappata rispetto al maschio per resistenza ed altri fattori, adesso invece
abbiamo riscontrato che sono molto simili». Gaffe del candidato alla presidenza
della Figc, Carlo Tavecchio, che durante l'assemblea dei dilettanti, parlando
dei giocatori stranieri, ha commentato: "Le questioni di accoglienza sono
una cosa, quelle del gioco un'altra. L'Inghilterra individua dei soggetti che
entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che
'Opti Poba' è venuto qua che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare
nella Lazio e va bene così". Tavecchio si è poi scusato: "Mi riferivo
al curriculum". Sulle sue cinque condanne penali a qualche mese,
piccolezze per un dirigente politico italiano, nota che la più recente è del
1998 e la prima è del 1970. Nessuna traccia è rimasta sul certificato penale.
Il saldo di queste dichiarazioni è che l’Unione europea, la Fifa di Sepp
Blatter, l’Uefa di Michel Platini e il Coni di Giovanni Malagò farebbero
volentieri a meno di Tavecchio. Lui, al momento, non se ne dà per inteso e si
copre con un alibi storico: lo sport è indipendente dalla politica. Figuriamoci
il calcio. Tirèmm innanz verso le elezioni dell’11 agosto. Cinematograficamente
Tavecchio è l’anello mancante fra il Lambertoni del “Vedovo” e il cumènda
brianzolo Cavazza della “Contestazione generale” (“alegher alegher...”).
L’aspirante re del calcio è la quintessenza del ragiunàtt lombardo che entra in
banca a 19 anni e per altri 19 è eletto primo cittadino di Ponte Lambro con le
liste dello scudo crociato (1976-1995). Nulla di rivoluzionario. Nulla di
rottamatorio, soprattutto. Ci è voluta la gaffe su Optì Pobà perché Graziano
Delrio, plenipotenziario renziano per lo sport, iniziasse a dubitare dell’uomo
che, fino ad allora, gli era parso il successore ideale del dimissionario
Giancarlo Abete. In effetti, anche a non considerare l’uscita razzista,
l’elezione di Tavecchio consentirà alla destra un takeover totale sullo sport
più amato in Italia e nel mondo. Non è un caso se gli unici difensori del
ragioniere comasco siano stati Daniela Santanchè e Maurizio Gasparri. Né c’è
bisogno di insistere sulle simpatie politiche di Lotito o di Galliani, che da
una posizione defilata rimane il vero dominus del calcio italiano, capace di
mettere nell’angolo mister trenta scudetti Andrea Agnelli e, in modo assai più
agevole, il suo azionista Barbara Berlusconi, che avrebbe voluto in Figc un
quarantenne invece del settantunenne presidente della Lega Dilettanti. Altri
fan di peso erano in prima fila alla manifestazione romana sfociata nel numero
su Optì Pobà. Tre su tutti: il membro del Cio Franco Carraro, l’ex numero uno
di Figc e Lega Antonio Matarrese e il presidente della Lega di serie A e capo
della comunicazione di Unicredit Maurizio Beretta, ferocemente soprannominato
“dimmi, Claudio”, nel senso di Lotito. L’alto-brianzolo Tavecchio non sarà fine
di ingegno come il basso-brianzolo Galliani. Sarà anche una figura debole, e
perciò stesso gradita, rispetto allo strapotere della Lega di serie A. Sul web
spunta il video di un'intervista alla trasmissione Report su RaiTre in cui il
candidato alla presidenza del calcio italiano si esprime in questi termini
sulle donne: "Noi siamo protesi a dare una dignità anche sotto l'aspetto
estetico alla donna nel calcio". Il video, risalente a una puntata del 5
maggio 2014, si sente la intervistatrice interdetta che chiede spiegazioni a
Tavecchio delle sue parole. "Finora si riteneva che la donna fosse un
soggetto handicappato rispetto al maschio sotto l'aspetto della resistenza, del
tempo, dell'espressione atletica. Invece abbiamo riscontrato che sono molto
simili". Ma non va preso sotto gamba. Nello sport italiano l’anzianità di
servizio e la capacità di relazione contano molto. E qui Tavecchio non teme
concorrenti. Il suo primo sbarco negli organi direttivi della Lega nazionale
dilettanti (Lnd) risale al 1987, quando la poltrona di consigliere del comitato
regionale Lombardia era giusto un’occasione per l’allora sindaco e presidente
della Pontelambrese di rafforzare il consenso locale grazie allo spargimento di
qualche contributo finanziario. Oggi, dopo quindici anni ininterrotti di
Tavecchio alla presidenza nazionale, la Lnd è diventata una macchina colossale
con 1,3 milioni di tesserati, 14 mila società iscritte e un fatturato
complessivo che lo stesso Tavecchio stima in 700 milioni di euro all’anno,
oltre un terzo di quanto fattura la serie A. In questi anni, il ragiunàtt di
Ponte Lambro non ha smesso di allargare il suo perimetro d’impresa prendendosi
in carico non solo il calcio femminile, ma anche il beach soccer e soprattutto
il calcio a cinque, una delle realtà economico-sportive emergenti di questi
anni. Per deformazione professionale l’ex dirigente della Banca di credito
cooperativo Alta Brianza sa badare ai danè come pochi altri. Sul modello del
Coni, ha dotato la Lega dilettanti di una società di capitali, la Lnd Servizi.
La cassaforte della Lega ha un attivo di tutto rispetto (31 milioni di euro)
che cresce di anno in anno grazie a varie operazioni immobiliari, finanziate da
un prestito infruttifero di 20 milioni di euro da parte del socio unico Lnd e
quindi anche dai contributi delle società dilettantische. Oltre a non pagare
interessi sui 20 milioni, Lnd servizi ha aiutato le proprie prestazioni
contabili tagliando dal 10 al 5 per cento le royalties dovute alla casa madre
per l’uso del marchio. In questi anni, Lnd servizi ha comprato, ampliato e
ristrutturato le sue due sedi principali a Roma in piazzale Flaminio e in via
Cassiodoro, dove ci sono gli uffici della commissione impianti in erba
artificiale, cuore del business dilettantistico. Una volta riservato agli
amatori dei tornei scapoli-ammogliati, il sintetico è stato esteso all’attività
agonistica e trasformato da Tavecchio in un affare dai contorni poco
trasparenti con un andirivieni di collaudi di moquette, sottofondi e consulenze
tecniche per l’omologazione che ogni anno muovono milioni di euro per sdoganare
oltre 2 mila impianti con fondo artificiale. È una realtà che si concilia poco
con l’enfasi tavecchiana sul volontariato sportivo e che ha già impegnato il
presidente della Lnd come consulente del Ministero dell’economia sulla
fiscalità dello sport dilettantistico. Il volontariato è bello e Tavecchio lo
esercita anche fuori dai campi in sintetico come consigliere della Healthy
Foundation guidata da Sergio Pecorelli, rettore dell’Università di Brescia,
presidente dell’Agenzia del farmaco e ginecologo personale dell’ex ministro
forzista Mariastella Gelmini. Ma senza soldi non si canta messa e il
cattolicissimo Tavecchio lo sa. Così appena ricevuta l’investitura a candidato
per la Federcalcio, ai primi di luglio, mentre l’Italia si riprendeva
dall’eliminazione al primo turno in Brasile, il ragiunàtt di Ponte Lambro ha
concluso il suo progetto di spinoff regalandosi per il settantunesimo
compleanno (13 luglio) la Lnd Immobili, dove sarà trasferito il tesoretto di
fabbricati e terreni di Lnd servizi e dove continueranno gli investimenti per
dotare ognuna delle venti regioni italiane di un centro federale di
reclutamento. L’ultimo, in Molise, è stato acquistato a marzo e comporterà
lavori per 1,2 milioni di euro. Che poi i grandi club puntino sul Molise - o
sul Veneto o sull’Umbria - per rimpolpare le loro squadre, invece di andare a
pescare il nuovo Optì Pobà in Africa è tutto da vedere. Anche l’altra
idea-guida di riportare il settore tecnico della Nazionale a uno staff di
allenatori cresciuti all’interno dei ranghi federali e non nei club sembra
anacronistica rispetto ai tempi di Ferruccio Valcareggi, Enzo Bearzot e Azeglio
Vicini. Un commissario tecnico oggi è un allenatore di primo livello. Pensare
di pagarlo 200 mila euro all’anno significa perderlo in fretta, se è vincente.
Ma il programma politico dipende poco o nulla da Tavecchio. La carta di
navigazione per rilanciare il calcio italiano è stata scritta da due autori di
serie A: Lotito e Agnelli. Al di là del folklore campagnolo sugli handicap
femminili e sugli africani poco qualificati, Tavecchio o chiunque vincerà le
elezioni avrà scarso margine di manovra rispetto al diktat della prima
divisione. Certo, il laureato in pedagogia Lotito è schieratissimo con
Tavecchio. Agnelli molto meno. C’è un pregresso di polemiche furiose che risale
a tre anni fa quando la commissione federale rigettò la richiesta juventina di
revocare all’Inter lo scudetto 2006 di Calciopoli. L’interistissimo Tavecchio
si espose sulla ribalta del grande calcio difendendo la scelta della Figc, di
cui era vicepresidente vicario, e respingendo gli attacchi juventini a Giacinto
Facchetti. Agnelli non gliel’ha perdonata ma è abbastanza pragmatico per
accettare le garanzie di Lotito che Tavecchio saprà stare al suo posto
limitandosi a qualche battuta infelice di quelle che fanno la gioia dei social
network e dei nostri concorrenti all’estero. Quindi, si porterà la serie A a
diciotto squadre, si scremeranno le serie minori che già si scremano da sé con
la crisi. E il resto continuerà come prima, con le grandi che perdono terreno
sulla concorrenza europea e le piccole che tirano a campare con le plusvalenze
e il factoring sui diritti televisivi scontato da qua a trent’anni, mentre
tutti mostrano grande volontà di cambiamento nimby (not in my backyard). Su una
cosa Tavecchio ha ragione. È quando gli scappa detto: «Ora devo occuparmi di
questo bordello». Dopo 27 anni che lavora nella politica e nel calcio, forse sa
di che parla."
Ciò
nonostante, per un eventuale ricorso di annullamento nulla ha potuto fare il
Coni, pur pungolato. Per quanto riguarda il ricorso al Tar, già è stato
presentato ma per altri motivi che quello della incandidabilità. Un ricorso al
Tar del Lazio contro le regole di elezione del vertice della Federcalcio
italiana e contro ogni altro atto legato a questo passaggio viene annunciato
dal Codacons all'indomani dell'elezione di Carlo Tavecchio. Un ricorso non
tanto contro il neo presidente o contro Albertini, se fosse stato questi ad
essere eletto a capo del calcio italiano, quanto invece contro il meccanismo
che - precisa Carlo Rienzi, presidente del Codacons - "esclude i primi
fruitori dell'attività sportiva calcistica, e cioè i tifosi". Secondo
Rienzi, infatti, "i tifosi non hanno voce in capitolo, non possono dire la
loro sulla presidenza, non è previsto il loro coinvolgimento attraverso una
consultazione magari anche online".
Dr
Antonio Giangrande
Presidente
dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
099.9708396
– 328.9163996
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