venerdì 25 luglio 2014

COSE STRANE AGLI SPORTELLI ASL DI TARANTO? O COSI’ FAN TUTTI?


Ritardi, disservizi e cose varie…….negli uffici pubblici.

Esercizio di un privilegio o abuso del diritto a danno dei più deboli?

Per esempio, 10 minuti di pausa  ogni ora per l’unico terminalista e, al fine dell’esenzione per reddito, essere considerati disoccupati solo se si è cessato un lavoro dipendente. Per chi non ha mai trovato lavoro e per chi da anni ha chiuso bottega: niente!!!

Mi capita spesso di vedere cose strane in giro per l’Italia, che regolarmente riporto nei miei libri, giacchè il mio lavoro di sociologo storico lo impone.

Mi viene il dubbio, però, che io sia più un alienato che un alieno, tenuto conto che quello che vedo io, gli altri non lo vedono.

Per esempio parliamo dell’ufficio anagrafe dell’ASL TA presso l’ospedale di Manduria. In quell’ufficio le esenzioni per reddito vengono rilasciate dopo circa un mese dalla loro richiesta. Non so quanti addetti ci lavorino dentro, ma, spesso, c’è un solo sportello front office operativo. Ergo, vi è sempre una fila bestiale e non raramente cessano la distribuzione dei numerini del turno giornaliero di fila. Nell’attesa del proprio turno, però, non si può fare a meno di leggere tutti gli avvisi appesi al muro. Nell’imbarazzo non ti rapporti con il vicino per evitare di tediarlo ed  allora gli occhi cadono su quei pezzi di carta indistinti affissi alle pareti ed inizi a leggere, giusto per darti l’aria di essere affaccendato in altro ed evitare, quindi, di attaccar bottone.

L’occhio, anzi, tutt’e due, questa volta mi son caduti su un avviso che diceva: “AVVISO. Il termine disoccupato è riferito esclusivamente al cittadino che abbia cessato per qualunque motivo (licenziamento, dimissioni, cessazione di un rapporto a tempo determinato) un’attività di lavoro dipendente e che sia iscritto al centro per l’impiego in attesa di nuova occupazione. Non è considerato disoccupato né chi ha mai lavorato, né chi ha cessato un lavoro autonomo”. La sottolineatura era apposta per evidenziare il concetto.

Da lasciare sgomenti, specie nella terra di Niki Vendola, leader di SEL, il porta bandiera della sinistra. Sono rimasto indignato dal fatto su come si possa pensare che uno che sta a casa senza lavoro da sempre, sia diverso da un altro che sta a casa dopo essere stato licenziato. Va be’! I meandri della burocrazia sono infiniti, dirà qualcuno … che sicuramente non conosce l’art. 3 della Costituzione. Ma come disse Dante, ….non ragioniam di loro, ma guarda e passa.

Ed io nella lunga attesa di ore son passato oltre….ad un altro cartello, in cui era scritto in maiuscolo: “L’ADDETTO AL VIDEOTERMINALE E’ AUTORIZZATO AD UNA PAUSA DI 10 MINUTI OGNI ORA DAL MEDICO COMPETENTE”. Il termine “pausa di 10” ed “ogni ora” è evidenziato oltre che essere sottolineato. Tutto in rosso, come per far capire chi è che comanda negli uffici pubblici.

Quando qualcosa non mi torna, cerco di approfondire la tematica. E così ho fatto.

Le Pause sul lavoro: Noemi Ricci su PMI scrive che il loro effetto benefico sulla salute è comprovato, visto che servirebbe fisiologicamente una pausa ogni 90 minuti o massimo 120, pena la decadenza della soglia di attenzione e quindi anche della produttività lavorativa. Ma la gestione delle pause (sigaretta, caffè, aria fresca,..) non è cosa facile per il datore di lavoro, che tende a prendere provvedimenti anche se in realtà esiste una norma in materia, seppur lacunosa. Se da un lato si arriva a obbligare i dipendenti a timbrare il cartellino quando vanno a fumare ecc. (vedi il caso del Comune di Firenze), dall’altro ci si appella al Decreto n. 66 del 2003 secondo cui, a meno di diversi accordi contrattuali, ogni lavoratore ha diritto ad almeno dieci minuti di pausa per ogni turno di lavoro che superi le sei ore giornaliere (e undici ore di riposo consecutive tra un turno e l’altro). Le modalità e la durata della pausa dovrebbero essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro, in difetto della quale «al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo».

Certo, è difficile quantificare il tempo perso sul lavoro per “staccare un pò la spina”: chiacchiere tra colleghi, telefonate e email personali, sigarette, caffè, persino l’uso del bagno!

L’argomento rimane controverso e di difficile regolamentazione, come in molte cose quello che dovrebbe prevalere, sia da parte dei datori di lavoro che dei dipendenti, è la misura e il buon senso.

Cosa a parte è il lavoro al Pc. Datori di lavoro obbligati a concedere pause ai dipendenti in caso di lavoro continuato al videoterminale: ecco cosa prevede la legge, scrive invece Alessandro Vinciarelli  sempre su PMI. Il computer è diventato parte integrante della vita professionale e la presenza dei computer sul posto di lavoro è diventata la normalità. Una pervasività alla quale non fa seguito un’adeguata attenzione agli obblighi stabiliti per legge dalla contrattazione collettiva - anche aziendale - volta a garantire la salute sul lavoro nel caso in cui i dipendenti aziendali utilizzino il Pc (videoterminale) per il proprio lavoro. Inizialmente a regolamentare questo tipo di attività era l’art. 54 del d.lgs. 626/94  della contrattazione collettiva (con obbligo di concedere al lavoratore una interruzione nel caso di lavoro continuato davanti al Pc e in assenza di una disposizione contrattuale). Dal 15 maggio 2008 è poi in vigore il decreto legislativo n.81 (del 9 aprile 2008) in attuazione all’articolo 1 della legge 3 agosto 2007 n. 123:  anche in questo caso l’obiettivo è scongiurare i rischi per la salute (vista, postura e affaticamento) connessi all’attività lavorativa tramite videoterminali, confermando l’obbligo per il datore di lavoro di tutelare i dipendenti con misure ad hoc e con interruzioni di un quarto d’ora ogni due ore (sempre mediante pause o cambiamento di attività di lavoro). In generale, qualora i propri impiegati svolgono la propria attività per almeno quattro ore consecutive, a questi spetta di diritto ad una interruzione che può essere esplicata tramite pause o mediante cambiamento di attività. Per ogni centoventi minuti (2 ore) passati in maniera continuativa davanti al computer il lavoratore debba avere quindici minuti interruzione, se si raggiunge un accordo aziendale, magari per una pausa caffè – o comunque un intervallo di tempo per “staccare” e rilassare la vista. In caso di diverse necessità personali, il lavoratore può, presentando apposito certificato medico, richiedere al proprio datore di lavoro di stabilire temporaneamente a livello individuale diverse modalità e durata delle interruzioni.

Da precisare che tale obbligo deve essere osservato dal datore di lavoro per preservare la salute sul lavoro dei propri dipendenti, i quali possono quindi usufruire di tale diritto solo a questo scopo. La legge non consente pertanto di cumulare le pause per entrare dopo o uscire prima dal lavoro. Allo stesso modo la pausa deve essere considerata parte integrante dell’orario di lavoro e quindi non può essere riassorbita all’interno di accordi che prevedono la riduzione dell’orario complessivo di lavoro. Infine il datore di lavoro non deve considerare pause i tempi di attesa davanti al Pc: aspettare una risposta dal sistema elettronico è considerato a tutti gli effetti tempo di lavoro, non potendo il lavoratore abbandonare il posto di lavoro.

A Taranto, dove da una parte muore per inquinamento e dall’altra i reparti ospedalieri chiudono, alla ASL di Taranto preme proprio tutelare la salute dei suoi dipendenti. Non so se la ASL tuteli la salute di tutti i suoi dipendenti od il benessere di quelli più furbi, con l’aiutino del medico compiacente. Certo è che agli utenti proprio non ci pensa. Per limitare l’isteria dei cittadini, però, potrebbe applicare agli sportelli front office gli addetti meno cagionevoli di salute. Od aprire più di uno sportello, affinchè di due o più addetti con salute malferma se ne sostanzi uno per evitare inutili esasperazioni degli utenti in fila da ore. E’ superfluo, altresì, consigliare che, al di là degli impiegati allo sportello, di impegnarsi a smaltire in fretta l’arretrato, affinchè qualche indigente, nell’attesa di veder concessa l’esenzione per effettuare gli esami necessari, nel mese canonico di attesa non tiri le cuoia.

Da rimarcare il fatto che i privilegi della funzione pubblica, con il sostegno dei sindacati, si scontra da sempre con i diritti dei cittadini. C’è l’uniformità nazionale del fenomeno. E’ da mentecatti, quindi, pensare che questo succeda solo a Taranto. Spesso gli avvisi analoghi non sono affissi, ma di fatto sono operativi negli uffici pubblici di tutta Italia . E come se lo sono!!!  

Dr Antonio Giangrande

Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia


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