AVVOCATI, MA ANCHE NOTAI E
MAGISTRATI….COSI’ FAN TUTTI. COPIARE.
Una precisazione dotta da chi annualmente dal
1998 è bocciato per ritorsione agli esami di avvocato, affinchè a Lecce,
Taranto e Brindisi non ci sputtanino in tutta Italia.
A Lecce sarebbero solo 440 su 1258 i compiti ritenuti
validi. Questo il responso della Commissione di Catania, presieduta
dall’Avvocato Antonio Vitale, addetta alla correzione degli elaborati. Più di
cento scritti finiscono sul tavolo della Procura della Repubblica con l’accusa
di plagio, per poi, magari, scoprire che è tutta una bufala. Copioni a parte, sarebbe,
comunque, il 65% a non superare l’esame:
troppi per definirli asini, tenuto conto che, per esperienza personale, so che
alla fase di correzione non si dedicano oltre i 5 minuti, rispetto ai 15/20 minuti
occorrenti. Troppo pochi per esprimere giudizi fondati. Prescindendo dalla
caccia mirata alle streghe, c’è forse di più?
Da quando esiste questo tipo
di esame voluto dai nostri legulei, sempre si è copiato. Prima era la dettatura
diretta dei commissari d’esame, che erano anche consiglieri dell’Ordine degli
Avvocati. Per poi discernere tra i compiti uguali, quali fossero quelli degli
amici da abilitare. A Catanzaro i candidati avvocati passarono tutti. In
Magistratura la sessione del 1992 è stata annullata, ma chi passò l’esame
fasullo sono lì a giudicare. Raccomandazioni e favoritismi, per questo sono
stati cacciati i consiglieri dell’Ordine e i compiti sono diventati più che
itineranti: turistici. Turistici perché prima della riforma gli esiti sugli
elaborati di dicembre si conoscevano a marzo. Dopo la riforma gli esiti si
conoscono a giugno, luglio o, addirittura, settembre. Oggi il candidato copione
si è evoluto: ci sono i cellulari, palmari, ecc.. Ma non è certo peggiore di
chi, copiando e raccomandandosi, si è abilitato ed oggi è lì a fare la
ramanzina da commissario d’esame. Il ragionamento è in generale ed ogni
riferimento a persone specifiche è puramente casuale.
Quindi chi si è abilitato
barando, ha scoperto l’acqua calda. Questa caccia alle streghe, perché? Vagito
di legalità? Manco per idea. In tempo di magra per i professionisti sul
mercato, si fa passare per plagio, non solo la dettatura uniforme dell’intero
elaborato (ripeto, che c’è sempre stata), ma anche l’indicazione della massima
giurisprudenziale senza virgolette. Per chi opera in ambito giuridico le
massime della Cassazione sono l’appiglio per tutte le tesi difensive di parte o
accusatorie. Senza di queste sarebbero solo opinioni personali senza valore.
Altra cosa è riportare pari pari, più che le massime, le motivazioni delle
sentenze.
La Corte suprema di cassazione è il giudice di legittimità delle
sentenze emesse dalla magistratura in Italia.
Essa è unica sul territorio nazionale e ciò costituisce un'ulteriore garanzia
per la sua funzione nomofilattica,
la quale consiste nell'assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme
interpretazione delle norme di diritto. In tal senso le sue sentenze
costituiscono un criterio orientatore della giurisprudenza nazionale, la quale
nell'assumere le proprie decisioni può, e in alcuni casi deve, tenere conto
delle sentenze emesse della Corte. Infatti presso la Cassazione è incardinato
un ufficio noto come Ufficio del
Massimario, la cui funzione è quella di enucleare i princìpi di diritto espressi
dalla Corte nelle sue pronunce.
La massima giurisprudenziale, di appena un periodo lessicale, è la
sintesi che il giudice estrapola dal suo enunciato tra l’esatta individuazione
del fatto, la corretta
individuazione/interpretazione della norma che lo regola e la corretta
sussunzione (incapsulamento) di quel fatto in quella disposizione. La Massima è
importante e fondamentale per l’operatore del diritto perché è l’enunciazione
della regula juris in quella fattispecie, ma anche il
precedente giurisprudenziale destinato ad orientare in casi analoghi tutta la
galassia dei legulei. Momento delicatissimo quello della massimazione delle
sentenze; più delicato del decidere la causa, perché la sentenza si rivolge
solo alle parti, tra le quali regola la contesa, mentre la massima è (o
sarebbe) destinata a costituire ed enunciare la regula juris generale dell’ordinamento in
quella fattispecie, destinata a valere erga
omnes. Non è raro, però, barcamenarsi tra Massime contrastanti tra di loro.
Per questo interviene la Corte di Cassazione a Sezioni Unite: per mettere pace
e definitività tra fazioni opposte sezionali.
Ai candidati agli esami il consiglio è quello di
studiare e non affidarsi a trucchi e trucchetti. Si rischia grosso e non tutti
lo sanno. Anche perché il copiare lo si fa passare per peccato veniale. Copiare
ad esami e concorsi, invece, potrebbe far andare in galera. E' quanto
stabilito dalla legge n. 475/1925 e dalla sentenza della Corte di Cassazione n.
32368/10. La legge recita all'art.1 :“Chiunque in esami o concorsi, prescritti
o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di
lauree o di ogni altro grado o titolo scolastico o accademico, per
l’abilitazione all’insegnamento ed all’esercizio di una professione, per il
rilascio di diplomi o patenti, presenta, come propri, dissertazioni, studi,
pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri,
è punito con la reclusione da tre mesi ad un anno. La pena della reclusione non
può essere inferiore a sei mesi qualora l’intento sia conseguito”. A conferma
della legge è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n.32368/10,
che ha condannato una candidata per aver copiato interamente una sentenza del
TAR in un elaborato a sua firma presentato durante un concorso pubblico. La
sentenza della sezione VI penale n. 32368/10 afferma: “Risulta pertanto
ineccepibile la valutazione dei giudici di merito secondo cui la (…) nel corso
della prova scritta effettuò, pur senza essere in quel frangente scoperta, una
pedissequa copiatura del testo della sentenza trasmessole (…). Consegue che il
reato è integrato anche qualora il candidato faccia riferimento a opere
intellettuali, tra cui la produzione giurisprudenziale, di cui citi la fonte,
ove la rappresentazione del suo contenuto sia non il prodotto di uno sforzo
mnemonico e di autonoma elaborazione logica ma il risultato di una materiale
riproduzione operata mediante l’utilizzazione di un qualsiasi supporto
abusivamente impiegato nel corso della prova”.
In particolare per gli avvocati la Riforma Forense,
legge 247/2012, al CAPO II (ESAME DI STATO PER L’ABILITAZIONE ALL’ESERCIZIO
DELLA PROFESSIONE DI AVVOCATO) Art. 46. (Esame di Stato) stabilisce che “….10.
Chiunque faccia pervenire in qualsiasi modo ad uno o più candidati, prima o
durante la prova d’esame, testi relativi al tema proposto è punito, salvo che
il fatto costituisca più grave reato, con la pena della reclusione fino a tre
anni. Per i fatti indicati nel presente comma e nel comma 9, i candidati sono
denunciati al consiglio distrettuale di disciplina del distretto competente per
il luogo di iscrizione al registro dei praticanti, per i provvedimenti di sua
competenza.”
Ma, di fatto, quello previsto come reato è quello che
succede da quando esiste questo tipo di esame e vale anche per i notai ed i
magistrati. Eppure, come ogni altra cosa italiana c’è sempre l’escamotage tutto
italiano. Una sentenza del Consiglio di Stato stabilisce che copiare non è
reato: niente più punizione. Dichiarando tuttavia “legale” copiare a scuola, si
dichiara pure legale copiare nella vita. Non viene sanzionato un comportamento
che è senza dubbio scorretto. Secondo il Consiglio di Stato, il superamento
dell’esame costituisce di per sè attestazione delle “competenze, conoscenze e
capacità anche professionali acquisite” dall'alunna e la norma che regola
l'espulsione dei candidati dai pubblici concorsi per condotta fraudolenta, non
può prescindere "dal contesto valutativo dell’intera personalità e del
percorso scolastico dello studente, secondo i principi che regolano il
cosiddetto esame di maturità": le competenze e le conoscenze acquisite….in
relazione agli obiettivi generali e specifici propri di ciascun indirizzo e
delle basi culturali generali, nonché delle capacità critiche del candidato. A
ciò il Cds ha anche aggiunto un'attenuante, cioè "uno stato d’ansia
probabilmente riconducibile anche a problemi di salute" della studentessa
stessa, che sarebbe stato alla base del gesto. Il 12 settembre 2012 una
sentenza del Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione del Tar della
Campania che aveva escluso dagli esami di maturità una ragazza sorpresa a
copiare da un telefono palmare. Per il Consiglio di Stato la decisione del Tar
non avrebbe adeguatamente tenuto conto né del “brillante curriculum scolastico”
della ragazza in questione, né di un suo “stato di ansia”. Gli esami, nel
frattempo, la giovane li aveva sostenuti seppur con riserva.
Quindi solo fumo negli occhi per nascondere ai profani
il vero intento: limitare l’accesso ai nuovi avvocati che toglierebbero il pane
ai vecchi volponi.
Ciò è quello che avevo da dire. E magari, tra chi mi
legge, si chiedesse anche il perché, questi volponi di tutte le parti d’Italia,
non mi abilitano all’avvocatura dal 1998.
Perché li conosco bene!! Peccato, però che i
giornalisti credano a loro e non a me, che da anni denuncio il concorso
truccato di avvocato e lo sfruttamento dei praticanti dei praticanti.
Dr
Antonio Giangrande
Presidente
dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
099.9708396
– 328.9163996
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