TARANTO. CASO
ILVA. TUTTI DENTRO. FLORIDO E GLI ALTRI.
L’ARRESTO DI GIANNI
FLORIDO NON E’ MICA UNA RIPICCA? SE NON LO E’, PERCHE’ ORA?
La
magistratura tarantina, in testa
Patrizia Todisco, arresta il presidente della provincia di Taranto,
Gianni Florido (PD), ed il suo assessore all’ambiente, Michele Conserva. La
stessa magistratura si limita ad indagare il Sindaco di Taranto, Ippazio
Stefàno. Nulla per Niki Vendola nonostante, a loro dire, vi siano “Costanti
contatti tra Ilva e Vendola”. Silenzio su Stampa e tv locali, così come sui
sindacati ed oltremodo sui magistrati che per 50 anni hanno omesso ogni
intervento atto ad impedire tutto ciò di cui oggi su Taranto si parla a livello
mediatico e giudiziario. Florido e Conserva sono accusati di aver indotto, dal
2006 al 2011, dirigenti del settore ecologia e ambiente della Provincia di
Taranto a rilasciare autorizzazioni per la discarica gestita dall'Ilva «in
carenza dei requisiti tecnico-giuridici».
Il
Dr. Antonio Giangrande, scrittore e presidente dell’Associazione Contro Tutte
le Mafie, aborra l’uso spregiudicato delle manette. Tintinnio di manette che distrugge l’esistenza degli individui e
dei loro incolpevoli familiari. E proprio perché la vita di Florido e Conserva
ormai è distrutta, così come per tutti gli altri malcapitati, esprime il suo
pensiero nel pieno diritto di critica pur nel rispetto della magistratura e
senza alcun intento diffamatorio nei confronti dell’ufficio della procura e del
giudice per le indagini preliminari. Lo manifesta in un contesto ambientale ed
ideologico dove nessuno ha il coraggio di farlo, attraverso l’utilizzo di domande
in apparenza retoriche, ma fondamentalmente legittime.
«L’arresto
del Presidente della Provincia di Taranto, il dr. Gianni Florido, sembrerebbe
avere tutta l’aria di una ripicca. Se non lo è come si spiega lo strano
tempismo adottato. Va da se che la fondatezza delle accuse vanno vagliate in
dibattimento, ma era necessaria la carcerazione preventiva di un presunto
innocente, con il paradosso che in carcere troverà Sabrina Misseri e Cosima
Serrano. Entrambe detenute con tutti i dubbi del caso? E poi perché ora una
misura cautelare in carcere solo per Gianni Florido e non per Stefàno o per
Vendola per il quale non vi è nemmeno un procedimento aperto? Dall'ordinanza
emerge che le fiamme gialle, in un'informativa riportata da “Il Giornale”,
ipotizzano un episodio di concussione anche per Nichi Vendola. E perchè le
manette non sono scattate anche per Filippo Penati per la presunta mazzetta da
2 milioni di euro dal costruttore Pasini per l'ex area Falk di Sesto San
Giovanni (di cui Penati è stato sindaco) e dall'imprenditore Pino di Caterina
per l'affare Milano-Serravalle?
Qualcuno
mi chiederà di quale tempismo io parli in riferimento all’arresto di Florido
effettuato il 15 maggio. Quale tempismo?!?
Del
fatto che il 14 maggio 2013 la battaglia giudiziaria sulle merci dell'Ilva è
finita e da qui la cronologia è presto spiegata!
26
luglio 2012. I sigilli scattano nell'area produttiva.
26
novembre. Il sequestro delle merci prodotte.
24
dicembre 2012. Il decreto, numero 171 del 4 dicembre 2012, è stato convertito
nella legge 231. Legge approvata a grande maggioranza dal Parlamento e che ha
appunto confermato la doppia impostazione: via libera alla produzione e alla
commercializzazione.
Approvata
la legge, l'Ilva ha subito cercato di riottenere la disponibilità delle merci
ma qui è cominciato uno scontro durato cinque mesi e che ha visto tutte le
istanze dell'azienda respinte dai giudici. Dai pm al gip, dal Tribunale del
Riesame a quello dell'Appello, ogni qualvolta che l'Ilva ha chiesto di
"liberare" semilavorati e prodotti ha collezionato solo no. Accanimento
giudiziario tanto da indurre il
presidente dell'Ilva Bruno Ferrante a denunciare in procura a Potenza i
magistrati tarantini che si stanno occupando del siderurgico. Il presidente del
siderurgico ha chiesto ai magistrati potentini di verificare se sono
ravvisabili reati nei loro confronti: oggetto del contendere è l'atteggiamento
avuto nel corso della diatriba giudiziaria, dal sequestro dell'impianto sino al
blocco dell'acciaio prodotto. Procura e giudice hanno fatto sempre muro creando
grave danno all'azienda e di conseguenza minato i diritti dei lavoratori.
Si
arriva così al 9 aprile 2013, quando la Corte Costituzionale respinge, perché
in parte infondate e in parte inammissibili, le eccezioni contro la legge 231
avanzate dai giudici e dice che la 231 è costituzionale. L'Ilva torna quindi
alla carica e richiede il dissequestro delle merci: nulla da fare. E per più
volte. Nessun dissequestro sin quando le motivazioni della Consulta sulla
costituzionalità della legge non saranno state rese note, dicono i magistrati
di Taranto. Le motivazioni arrivano il 9 maggio.
14
maggio 2013 il verdetto favorevole del gip. Il valore delle merci
dissequestrate è compreso fra gli 800 milioni di euro e un miliardo di lire.
15
maggio 2013 arresto di Gianni Florido.
Perché
l’arresto di Florido, ove non sussistesse la condizione necessaria della
reiterazione del reato e/o dell’inquinamento delle prove e/o del pericolo di fuga?
Perché?!? Perché i magistrati devono avere sempre e comunque l’ultima parola e
se ignominia deve essere, ignominia sia per il malcapitato di turno.
I
magistrati, tutti, fanno quadrato. A tirarla per le lunghe è inevitabile
riportare quanto scritto sui giornali: Il presidente della Corte d' appello di
Lecce Mario Buffa lancia l'allarme sulla possibilità che "grazie ad una
legge di dubbia costituzionalità tutto resti come prima". Ed ancora “Sull’Ilva si è registrato negli anni un
fragoroso silenzio da parte dei sindacati e una disattenzione dei governi che
si sono succeduti a livello locale e nazionale (...) il sindacato ha mantenuto
il silenzio nonostante la gravità di una situazione visibile a tutti”. Parole
come pietre, le parole del procuratore generale Vignola. “Un attacco pesante di
cui non si sentiva la necessità” è quanto dichiarato da Antonio Talò, leader
della Uilm ionica, il sindacato più rappresentativo nel Siderurgico al centro
della bufera giudiziaria ormai da mesi. “Abbiamo sempre denunciato quello
che potevamo e dovevamo, certo i controlli sul benzo(a)pirene non spettavano a
noi, che non siamo mai stati nè silenti nè conniventi. Se volessi fare
polemica, chiederei a Vignola dove è stato, sino al 2012” è la chiosa del capo
tarantino dei metalmeccanici della Uil. La chiosa vale anche per tutti i
magistrati di Taranto?
A volte però non c'è molto spazio per l'interpretazione. Il
sostituto procuratore generale Gabriele Mazzotta è chiarissimo: «Una serie di
indicatori consentono di individuare un'emotività ambientale tale da
contribuire all'alterazione delle attività di acquisizione della prova». Mazzotta
parla davanti alla prima sezione penale della Cassazione dove si sta discutendo
la richiesta di rimessione del processo per l'omicidio di Sarah Scazzi: i
difensori di Sabrina Misseri, Franco Coppi e Nicola Marseglia, chiedono di
spostare tutto a Potenza perché il clima che si respira sull'asse
Avetrana-Taranto «pregiudica la libera determinazione delle persone che partecipano
al processo». Ed a sorpresa il sostituto pg che rappresenta la pubblica accusa
sostiene le ragioni della difesa e chiede lui stesso che il caso venga
trasferito a Potenza per legittima suspicione. A Taranto, in sostanza, non c'è
la tranquillità necessaria per giudicare le indagate.
Stante, appunto, la situazione ambientale, non pare che sia
necessario ed urgente che le difese si attivino a chiedere la rimessione dei
processi anche sul caso Ilva per legittimo sospetto che non vi sia serenità di
giudizio, specie con la contrapposizione di piazza tra le rispettive parti,
anche politiche? Sempre che gli avvocati in causa abbiano il coraggio di Franco
Coppi, che ai magistrati tarantini ha prima presentato l’istanza di rimessione
e poi alla Cesarina Trunfio ed alla Fulvia Misserini (giudici togati del caso Scazzi)
ha paventato l’ipotesi di una ricusazione: perché parafrasando Don Abbondio “se uno il
coraggio non ce l’ha, non se lo può dare”.»
Dr
Antonio Giangrande
Presidente
dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
099.9708396
– 328.9163996
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