Ilva, sequestro record da 8,1
miliardi ai Riva, ma per il procuratore: "La fabbrica non si tocca".
Sequestro da oltre otto miliardi di euro su beni
riconducibili alla famiglia Riva e in particolare alla società Riva Fire spa. Il
provvedimento di sequestro per equivalente è stato disposto dal gip Patrizia
Todisco su richiesta del pool guidato dal procuratore capo Franco Sebastio,
titolare dell'inchiesta per disastro ambientale in cui è indagato anche il
presidente dell'Ilva Bruno Ferrante. La procura ha ottenuto il sequestro. In pratica
i consulenti dei pubblici ministeri hanno quantificato la somma che Ilva
avrebbe dovuto investire negli anni per abbattere l'impatto ambientale della
fabbrica. Gli investimenti non eseguiti, secondo i magistrati tarantini, si
sono tradotti in un guadagno per la proprietà ritenuto però fonte di reato. Di
qui i sigilli per un valore di otto miliardi e centomila euro.
«Il sequestro - ha spiegato il procuratore Sebastio a “La
Repubblica” - riguarda solo i beni della società Riva Fire. Abbiamo tenuto
conto della legge 231 (legge salva Ilva), e dunque il sequestro non colpisce i
beni dell'Ilva. E questo provvedimento non intacca la produzione dello
stabilimento. La ratio del sequestro è quella di bloccare le somme sottratte
agli investimenti per abbattere l'impatto ambientale della fabbrica. La
produzione non si tocca - ha sottolineato Sebastio - Si tratta di un
sequestro preventivo per equivalente sulla base della legge 231 del 2001 sulla
responsabilità giuridica delle imprese che dal 2011 contempla anche i reati
ambientali. Ma in ogni caso - ha voluto specificare il procuratore - non
potranno essere sequestrati beni funzionali all'attività e alla produzione
della fabbrica.»
Molti hanno esultato a questo escamotage giuridico, ma
evidentemente costoro sono a digiuno di prassi giudiziaria. Il sequestro
preventivo non è una confisca,che interviene al termine del naturale decorso giudiziario
con esito positivo per le toghe, ma una semplice forma di garanzia a futuro
adempimento di obbligazione. Ciò significa che il sequestro di quei beni comporterà che fino alla
sentenza definitiva quei soldi non li può toccare più nessuno perchè posti proprio
a garanzia del risanamento. La lungaggine dei processi in Italia insegna che la
sentenza definitiva dopo primo grado, appello, Cassazione arriverà fra non meno
di cinque o sei anni. Nel frattempo la famiglia Riva non potrà risanare,
proprio perchè spogliato di tutte le sue risorse. Va da se che per logica, a questo
punto, non saranno applicabili le sanzioni previste dalla legge n. 231/2012 in
caso di inadempienze nel risanamento dopo i tre anni. Quindi non ci potrà
essere la nazionalizzazione dell'azienda, perchè è proprio lo Stato ad aver posto
Riva nelle condizioni di non potere adempiere. Insomma i Magistrati hanno dato
a Riva l'alibi per non adempiere al risanamento.
Il Dr. Antonio Giangrande, scrittore (su Taranto ha
scritto un libro) e presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, esprime
il suo pensiero nel pieno diritto di critica pur nel rispetto della
magistratura e senza alcun intento diffamatorio nei confronti dell’ufficio
della procura e del giudice per le indagini preliminari. Lo manifesta in un
contesto ambientale ed ideologico dove nessuno ha il coraggio di farlo,
attraverso l’utilizzo di domande in apparenza retoriche, ma fondamentalmente
legittime.
«E’ chiaro a tutti che se prima “alla stampa locale
dovevasi tagliare la lingua”, riuscendovici, oggi la stessa stampa continua a
tacere anche su questioni fondamentali di diritto. Non è lo stare contro o a favore
dei magistrati il punto del contendere, ma se si sta nell’alveo della legge o
meno. Giusto affinchè da fuori non si dica: ma a Taranto nessuno conosce la
legge?
Dall’arresto del Presidente della Provincia di
Taranto, il dr. Gianni Florido, al sequestro dei beni della famigli Riva il
tutto sembrerebbe avere l’aria di una ripicca. Se non lo è come si spiega lo
strano tempismo adottato. Qualcuno mi chiederà di quale tempismo io parli.
Quale tempismo?!?
Il tempismo che il 14 maggio 2013 la battaglia
giudiziaria sulle merci dell'Ilva è finita e da qui si è aperto un varco inatteso
con atti tardivi rispetto alle esigenze cautelari con conseguenze imprevedibili.
Qualcuno mi dirà: di quale cronologia si parla? La cronologia
di cui si parla è presto spiegata!
Per 50 anni si è permesso all’Italsider, poi Ilva, di
inquinare a piacimento, poi un bel giorno ci si è scoperti, tutto ad un tratto,
ambientalisti radicali.
26 luglio 2012. I sigilli scattano nell'area
produttiva.
26 novembre 2012. Il sequestro delle merci prodotte.
24 dicembre 2012. Il decreto, numero 171 del 4
dicembre 2012, è stato convertito nella legge 231. Legge approvata a grande
maggioranza dal Parlamento e che ha appunto confermato la doppia impostazione:
via libera alla produzione e alla commercializzazione.
Approvata la legge, l'Ilva ha subito cercato di
riottenere la disponibilità delle merci ma qui è cominciato uno scontro durato
cinque mesi e che ha visto tutte le istanze dell'azienda respinte dai giudici.
Dai pm al gip, dal Tribunale del Riesame a quello dell'Appello, ogni qualvolta
che l'Ilva ha chiesto di "liberare" semilavorati e prodotti ha
collezionato solo no. Accanimento giudiziario tanto da indurre il
presidente dell'Ilva Bruno Ferrante a denunciare in procura a Potenza i
magistrati tarantini che si stanno occupando del siderurgico. Il presidente del
siderurgico ha chiesto ai magistrati potentini di verificare se sono
ravvisabili reati nei loro confronti: oggetto del contendere è l'atteggiamento
avuto nel corso della diatriba giudiziaria, dal sequestro dell'impianto sino al
blocco dell'acciaio prodotto. Procura e giudice hanno fatto sempre muro creando
grave danno all'azienda e di conseguenza minato i diritti dei lavoratori.
Si arriva così al 9 aprile 2013, quando la Corte
Costituzionale respinge, perché in parte infondate e in parte inammissibili, le
eccezioni contro la legge 231 avanzate dai giudici e dice che la 231 è
costituzionale. L'Ilva torna quindi alla carica e richiede il dissequestro
delle merci: nulla da fare. E per più volte. Nessun dissequestro sin quando le
motivazioni della Consulta sulla costituzionalità della legge non saranno state
rese note, dicono i magistrati di Taranto. Le motivazioni arrivano il 9 maggio
2013.
14 maggio 2013 il verdetto favorevole del gip. Il
valore delle merci dissequestrate è compreso fra gli 800 milioni di euro e un
miliardo di lire.
15 maggio 2013 arresto di Gianni Florido.
24 maggio 2013 sequestro del GIP Patrizia Todisco di 8,1 miliardi di
euro alla società Riva Fire spa.
Arresto e sequestro che potevano essere adottati molto
tempo prima. E da qui l’infondatezza della necessità ed urgenza dell’adozione
di quei provvedimenti.
Cioè in sostanza le conseguenze sono che i Riva
vengono privati di ogni disponibilità finanziaria e quindi non potranno più
ottemperare ai dettami della legge n. 231/2012 con due possibili esiti nefasti:
nazionalizzazione dell’azienda e confisca dei
beni sequestrati (8,1 miliardi di euro), in parole povere espropriazione proletaria
per buona pace dei sinistri;
risanamento dell’ambiente a carico dello
Stato, liberando i Riva dall’onere economico e restituzione a questi dei beni
sequestrati (in caso di buon esito del procedimento penale o dell’esito del
ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo), per buona pace dei destri.
Comunque sia la Corte Europea dei diritti
Umani ne ha da lavorare sulle nefandezze italiane.
Appare chiaro che in un quadro ambientale
normale è necessitata l’avocazione delle indagini da parte della Procura
generale per due ordini di motivi: per quanto attiene l’ufficio del Pubblico Ministero
non è stata esercitata la facoltà di astensione per gravi motivi di convenienza;
così come il giudice Patrizia Todisco va sostituito con altro Magistrato dell'Ufficio
del GIP in quanto esso, a norma dell’art. 36 c.p.p., ha l'obbligo di
astenersi e non si è astenuto a seguito di inimicizia grave instauratasi
fra lei e una delle parti private, per la denuncia penale e l’esposto in via
disciplinare subito.
Ma i magistrati, tutti,
fanno quadrato. A tirarla per le lunghe è inevitabile riportare quanto scritto
sui giornali: Il presidente della Corte d' appello di Lecce Mario Buffa lancia
l'allarme sulla possibilità che "grazie ad una legge di dubbia
costituzionalità tutto resti come prima". Ed ancora “Sull’Ilva si è
registrato negli anni un fragoroso silenzio da parte dei sindacati e una
disattenzione dei governi che si sono succeduti a livello locale e nazionale
(...) il sindacato ha mantenuto il silenzio nonostante la gravità di una
situazione visibile a tutti”. Parole come pietre, le parole del procuratore
generale Vignola. In effetti, in base ad un accordo stilato nel 1996 tra Fim,
Fiom, Uilm e l’Ilva stessa, sono stati versati 438 mila euro annue alle
segreterie dei 3 sindacati. Il tutto giustificato da una fondazione in cambio
di una colonia per i figli dei dipendenti, borse di studio e contributi
scolastici, oltre ad attività sportive e ricreative. “Un attacco pesante di cui
non si sentiva la necessità” è quanto dichiarato da Antonio Talò, leader della
Uilm ionica, il sindacato più rappresentativo nel Siderurgico al centro della
bufera giudiziaria ormai da mesi. “Abbiamo sempre denunciato quello che
potevamo e dovevamo, certo i controlli sul benzo(a)pirene non spettavano a noi,
che non siamo mai stati nè silenti nè conniventi. Se volessi fare polemica,
chiederei a Vignola dove è stato, sino al 2012” è la chiosa del capo tarantino
dei metalmeccanici della Uil. La chiosa vale anche per tutti i magistrati di
Taranto?
A volte però non c'è molto spazio per
l'interpretazione. Il sostituto procuratore generale Gabriele Mazzotta è
chiarissimo: «Una serie di indicatori consentono di individuare un'emotività
ambientale tale da contribuire all'alterazione delle attività di acquisizione
della prova». Mazzotta parla davanti alla prima sezione penale della Cassazione
dove si sta discutendo la richiesta di rimessione del processo per l'omicidio
di Sarah Scazzi: i difensori di Sabrina Misseri, Franco Coppi e Nicola
Marseglia, chiedono di spostare tutto a Potenza perché il clima che si respira
sull'asse Avetrana-Taranto «pregiudica la libera determinazione delle persone
che partecipano al processo». Ed a sorpresa il sostituto pg che rappresenta la
pubblica accusa sostiene le ragioni della difesa e chiede lui stesso che il
caso venga trasferito a Potenza per legittima suspicione. A Taranto, in
sostanza, non c'è la tranquillità necessaria per giudicare le indagate.
Il caso Scazzi ed il caso Ilva: stessa solfa.
Stante, appunto, la situazione ambientale, non pare
che sia necessario ed urgente che le difese si attivino a chiedere la
rimessione dei processi anche sul caso Ilva per legittimo sospetto che non vi
sia serenità di giudizio, specie con la contrapposizione di piazza tra le
rispettive parti, anche politiche? Sempre che gli avvocati in causa abbiano il
coraggio di Franco Coppi, che ai magistrati tarantini ha prima presentato
l’istanza di rimessione e poi alla Cesarina Trunfio ed alla Fulvia Misserini
(giudici togati del caso Scazzi) ha paventato l’ipotesi di una ricusazione:
perché parafrasando Don Abbondio “se uno il coraggio non ce l’ha, non se
lo può dare”. Qualcuno mi dirà: Tu cosa proponi? C’è un principio generale: chi inquina paga. Quel principio non dice:
chi inquina perseguitalo e fai chiudere la fabbrica e manda i lavoratori a
casa. In questo modo si dà la stura ad ogni iniziativa avversa di tutela. Impedire
la vendita dei prodotti e sequestrare i beni non è la soluzione. Vendere i
prodotti e investirne i proventi fino alla totale sanificazione ambientale
sarebbe una espropriazione velata, ma inattaccabile dal punto di vista legale,
in quanto la gestione dell’attività economica (produzione e risanamento) rientra
tra le prerogative dei consulenti giudiziari nell’ambito della gestione
aziendale.
Ed ove non fosse così, comunque c’è
sempre l'art. 388 c.p. rubricato "Mancata esecuzione dolosa di un
provvedimento del giudice", che va bene per tutte le stagioni.»
Dr
Antonio Giangrande
Presidente
dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
099.9708396
– 328.9163996
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