ANTONIO GIANGRANDE: VI SPIEGO COME IN ITALIA SI TRUCCANO I CONCORSI
PUBBLICI E SI SCHIAVIZZANO I PRATICANTI.
Antonio
Giangrande, suo malgrado proprio per questo perseguitato, con i suoi canali
divulgativi e con gli strumenti testuali e video, vuole portare avanti e meglio far conoscere
questo grave problema e quindi chiede a tutte quelle persone che hanno fatto o
che stanno facendo l’esperienza di praticantato o di partecipare ad un concorso
pubblico di sostenerlo in questa denuncia, facendo conoscere i suoi video ed i
suoi libri, anche da leggere gratuitamente. Inoltre si rivolge a quei
Parlamentari che si dichiarano di essere diversi dagli altri e che proclamano
di attivarsi in Parlamento per l’interesse comune e non per tornaconto personale
o di corporazione. L’invito è rivolto anche a tutte le persone che non hanno
mai avuto, per loro fortuna, questa esperienza, ma che vogliono dare un
contributo a questa iniziativa, affinchè per i loro figli non sia dedicata questa
sorte.
La
domanda che tutti dovremmo porci è: cosa succede oggi quando si raggiunge la
fatidica laurea con i sacrifici propri e della famiglia? Semplice, si cerca un
lavoro, e siccome il lavoro per i comuni mortali ormai è diventato un miraggio
se non si hanno santi in paradiso, per non stare con le mani in mano, di solito
ti iscrivi a una scuola di specializzazione, il cui risultato finale è uno
stage gratuito di 6 mesi senza percepire un soldo, e magari per fare questo
stage cambi anche città per cui ti devi pagare l’affitto e il resto. Questa
classe di lavoratori sono gli “stagisti” o meglio i “nuovi proletari”, dove la
loro unica ricchezza sono mamma e papà che devono continuare a dargli la
“paghetta” per andare avanti. Quel che è peggio è che in moltissimi casi lo
stage, che dovrebbe rappresentare un momento formativo al lavoro, viene svilito
delle capacità professionali di una persona, nel senso: ci sono da fare le
fotocopie, le fa lo stagista! Al termine del periodo dello stage, cosa succede?
Arrivederci, grazie e avanti un altro. Tanto è gratis. Accanto agli stagisti,
ci sono centinaia di migliaia di praticanti (come si fa a non vederli), molti
dei quali tenuti a stecchetto per anni da avvocati, notai, commercialisti ed
altri liberi professionisti, che hanno avuto la fortuna di superare un concorso
di abilitazione truccato: perché pagare chi, per accedere all’Ordine, ha
bisogno di svolgere il praticantato? Siamo allo sfruttamento vero e proprio del
lavoro. Praticanti e collaboratori anche presso gli stessi parlamentari che
legiferano. Di questo mondo di stagisti e praticanti i sindacati e la politica
non ne parlano e non ne vogliono parlare. Oggi i praticanti avvocati sono come
i “ragazzi-spazzola” dei barbieri di una volta, quelli
costretti a sperare nella generosità dei clienti che volevano lasciargli una
mancia. Ebbene i giovani aspiranti avvocati, laurea in tasca e dignità sotto i
piedi, lavoreranno gratis o quasi
come i garzoni di bottega
dei tempi andati. Aspiranti avvocato trattati come una schiavi. Questa è la
riforma votata nell’ultimo scorcio del governo Monti da destra e da sinistra. Ed
i giornalisti che dovrebbero denunciare l’arcano? In base a una norma da poco
approvata l’esame gi giornalista lo
possono fare tutti i pubblicisti che dimostrano di vivere di questo mestiere (non ci sono più requisiti stringenti di
reddito). Oltre, naturalmente, a tutti quelli che hanno lavorato in una redazione: in regola come praticanti,
e sono pochissimi (compresi i soliti raccomandati), o in nero. Poi però devi
sborsare quasi 500 euro tra tasse e
bolli vari, iscriverti obbligatoriamente a un corso preparatorio –
quello online, per esempio, costa 200 euro -, andare a Roma due volte per fare
scritto e orale nel bunker burocratico dell’hotel Ergife. Siamo sui mille euro
come ridere. Ma poi c’è poco da ridere e stare allegri. Che cosa si risolve
diventando professionisti? Nelle ultime infornate di esami ci sono già molti
trentenni che non lavorano già più o fanno lavoretti giornalistici saltuari per
poche centinaia di euro l’anno. Un importante gruppo editoriale ha di recente
imposto ai collaboratori condizioni standard per cui i pezzi molti brevi sono
pagati… zero euro. Zero. Il lavoro
gratuito viola la Costituzione. Anche quello a condizioni non dignitose.
Sui problemi delle professioni grava da anni una cappa di silenzio, un muro di gomma.
Paradossale, grottesco, kafkiano perché stiamo parlando del mondo dei mass media, della comunicazione.
Ma visto che sui giornali non se ne può parlare, perché gli editori non
gradiscono indotti dagli Ordini professionali a tacere, dove altro parlarne? Internet per fortuna sta un po’
cambiando le cose e sul web non tutti i giornalisti sono uguali. Qualcuno rompe
l’omertà.
Un
esempio per tutti di come si legifera in Parlamento, anche se i media lo hanno
sottaciuto. La riforma forense, approvata con
Legge 31 dicembre 2012, n. 247, tra gli ultimi interventi legislativi consegnatici
frettolosamente dal Parlamento prima di cessare di fare danni. I nonni avvocati
in Parlamento (compresi i comunisti) hanno partorito, in previsione di un loro
roseo futuro, una contro riforma fatta a posta contro i giovani. Ai fascisti
che hanno dato vita al primo Ordinamento forense (R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578
- Ordinamento della professione di avvocato e di procuratore convertito con la
legge 22 gennaio 1934 n.36) questa contro riforma reazionaria gli
fa un baffo. Trattasi di una “riforma”, scritta come al solito negligentemente,
che non viene in alcun modo incontro ed anzi penalizza in modo significativo i
giovani. Da venti anni inascoltato Antonio Giangrande denuncia il malaffare di
avvocati e magistrati ed il loro malsano accesso alla professione. Cosa ha
ottenuto a denunciare i trucchi per superare l’esame? Prima di tutto l’ostracismo
all’abilitazione. Poi, insabbiamento delle denunce contro i concorsi truccati ed
attivazione di processi per diffamazione e calunnia, chiusi, però, con
assoluzione piena. Intanto ti intimoriscono. Ed anche la giustizia
amministrativa si adegua. A parlar delle loro malefatte i giudici
amministrativi te la fanno pagare. Presenta l’oneroso ricorso al Tar di Lecce
(ma poteva essere qualsiasi altro Tribunale Amministrativo Regionale) per
contestare l’esito negativo dei suoi compiti all’esame di avvocato: COMMISSIONE
NAZIONALE D'ESAME PRESIEDUTA DA CHI NON POTEVA RICOPRIRE L'INCARICO, COMMISSARI
(COMMISSIONE COMPOSTA DA MAGISTRATI, AVVOCATI E PROFESSORI UNIVERSITARI)
DENUNCIATI CHE GIUDICANO IL DENUNCIANTE E TEMI SCRITTI NON CORRETTI, MA DA 15 ANNI
SONO DICHIARATI TALI. Ricorso, n. 1240/2011 presentato al Tar di Lecce il
25 luglio 2011 contro il voto numerico insufficiente (25,25,25) dato alle prove
scritte di oltre 4 pagine cadaune della sessione del 2010 adducente
innumerevoli nullità, contenente, altresì, domanda di fissazione dell’udienza
di trattazione. Tale ricorso non ha prodotto alcun giudizio nei tempi
stabiliti, salvo se non il diniego immediato ad una istanza cautelare di
sospensione, tanto da farlo partecipare, nelle more ed in pendenza dell’esito
definitivo del ricorso, a ben altre due sessioni successive, i cui risultati
sono stati identici ai temi dei 15 anni precedenti (25,25,25): compiti puliti e
senza motivazione, voti identici e procedura di correzione nulla in più punti.
Per l’inerzia del Tar si è stati costretti a presentare istanza di prelievo il
09/07/2012. Inspiegabilmente nei mesi successivi all’udienza fissata e tenuta
del 7 novembre 2012 non vi è stata alcuna notizia dell’esito dell’istanza,
nonostante altri ricorsi analoghi presentati un anno dopo hanno avuto celere ed
immediato esito positivo di accoglimento. Eccetto qualcuno che non poteva
essere accolto, tra i quali i ricorsi dell'avv. Carlo Panzuti e dell'avv.
Angelo Vantaggiato in cui si contestava il giudizio negativo reso ad un
elaborato striminzito di appena una pagina e mezza. Solo in data 7 febbraio
2013 si depositava sentenza per una decisione presa già in camera di consiglio
della stessa udienza del 7 novembre 2012. Una sentenza già scritta, però, ben
prima delle date indicate, in quanto in tale camera di consiglio (dopo aver
tenuto anche regolare udienza pubblica con decine di istanze) i magistrati
avrebbero letto e corretto (a loro dire) i 3 compiti allegati (più di 4 pagine
per tema), valutato e studiato le molteplici questioni giuridiche presentate a
supporto del ricorso. I magistrati amministrativi potranno dire che a loro
insindacabile giudizio il ricorso di Antonio Giangrande va rigettato, ma devono
spiegare a chi in loro pone fiducia, perché un ricorso presentato il 25 luglio
2011, deciso il 7 novembre 2012, viene notificato il 7 febbraio 2013? Un'attenzione
non indifferente e particolare e con un risultato certo e prevedibile, se si
tiene conto che proprio il presidente del Tar era da considerare incompatibile
perchè è stato denunciato dal Giangrande e perché le sue azioni erano oggetto
di inchiesta video e testuale da parte dello stesso ricorrente? Le gesta del
presidente del Tar sono state riportate da Antonio Giangrande, con citazione
della fonte, nella pagina d'inchiesta attinente la città di Lecce. Come per
dire: chi la fa, l'aspetti?
In Italia tutti sanno che i concorsi pubblici sono
truccati e nessuno fa niente, tantomeno i magistrati. Gli effetti sono che non
è la meritocrazia a condurre le sorti del sistema Italia, ma l’incompetenza e
l’imperizia. Non ci credete o vi pare un’eresia? Basta dire che proprio il
Consiglio Superiore della Magistratura, dopo anni di giudizi amministrativi, è
stato costretto ad annullare un concorso già effettuato per l’accesso alla
magistratura. Ed i candidati ritenuti idonei? Sono lì a giudicare indefessi ed
ad archiviare le denunce contro i concorsi truccati. E badate, tra i
beneficiari del sistema, vi sono nomi illustri.
IL VADEMECUM DEL CONCORSO PUBBLICO TRUCCATO.
INDIZIONE DEL CONCORSO: spesso si indice un
concorso quando i tempi sono maturi per soddisfare da parte dei prescelti i
requisiti stabiliti (acquisizione di anzianità, titoli di studio, ecc.). A
volte chi indice il concorso lo fa a sua immagine e somiglianza (perché vi
partecipa personalmente come candidato). Spesso si indice il concorso quando
non vi sono candidati (per volontà o per induzione), salvo il prescelto. Queste
anomalie sono state riscontrate nei concorsi pubblici tenuti presso le
Università e gli enti pubblici locali. Spesso, come è successo per la polizia
ed i carabinieri, i vincitori rimangono casa.
COMMISSIONE D’ESAME: spesso a presiedere la
commissione d’esame sono personalità che hanno una palese incompatibilità. Per
esempio nella commissione d’esame centrale presso il Ministero della Giustizia
del concorso di avvocato è stato nominato presidente colui il quale non poteva,
addirittura, presiedere la commissione locale di Corte d’Appello. Cacciato in
virtù della riforma (decreto-legge 21 maggio 2003, n. 112, coordinato con la
legge di conversione 18 luglio 2003, n. 180). Spesso le commissioni d’esame
sono mancanti delle componenti necessarie per la valutazione tecnica della
materia d’esame. Le Commissioni d’esame hanno sempre e comunque interessi
amicali, familistiche e clientelari. Seguendo una crescente letteratura negli
ultimi anni abbiamo messo in relazione l’età di iscrizione all’albo degli
avvocati con un indice di frequenza del cognome nello stesso albo. In
particolare, per ogni avvocato abbiamo calcolato la frequenza del cognome
nell’albo, ovvero il rapporto tra quante volte quel cognome vi appare sul
totale degli iscritti, in relazione alla frequenza dello stesso cognome nella
popolazione. In media, il cognome di un avvocato appare nell’albo 50 volte di
più che nella popolazione. Chi ha un cognome sovra-rappresentato nell’albo
della sua provincia diventa avvocato prima. Infine vi sono commissioni che,
quando il concorso è a numero aperto, hanno tutto l’interesse a limitare il
numero di idonei per limitare la concorrenza: a detta dell’economista Tito Boeri:
«Nelle commissioni ci sono persone che hanno tutto da perderci dall’entrata di
professionisti più bravi e più competenti».
I CONCORSI FARSA: spesso i concorsi vengono indetti per sanare delle
mansioni già in essere, come il concorso truffa a 1.940 posti presso l’INPS,
bandito per sistemare i lavoratori socialmente utili già operanti presso
l’Ente.
LE PROVE D’ESAME: spesso sono conosciute in anticipo. A volte sono
pubblicate su internet giorni prima, come è successo per il concorso degli
avvocati, dei dirigenti scolastici, o per l’accesso alle Università a numero
chiuso (medicina), ovvero, come succede all’esame con più sedi (per esempio
all’esame forense o per l’Agenzia delle Entrate, le tracce sono conosciute
tramite cellulari o palmari in virtù del tardivo inizio delle prove in una sede
rispetto ad altre. Si parla di ore di ritardo tra una sede ed un’altra). A
volte le tracce sono già state elaborate in precedenza in appositi corsi, così
come è successo all’esame di notaio. A volte le prove sono impossibili, come è
successo al concorsone pubblico per insegnanti all’estero: 40 quesiti a
risposta multipla dopo averli cercati, uno ad uno, in un volume di oltre 4mila
che i partecipanti alla selezione hanno visto per la prima volta, leggere
quattro testi in lingua straniera e rispondere alle relative domande. Il tutto
nel tempo record di 45 minuti, comprese parti di testo da tradurre. Quasi 1
minuto a quesito.
MATERIALE CONSULTABILE: spesso, come al concorso di
magistrato o di avvocato dello Stato ed in tutti gli altri concorsi, ad alcuni
è permessa la consultazione di materiale vietato (codici commentati,
fogliettini, fin anche compiti elaborati dagli stessi commissari) fino a che
non scoppia la bagarre. Spesso, come succede al concorso di avvocato, sono proprio
i commissari a dettare il parere da scrivere sull’elaborato, tale da rendere le
prove dei candidati uniformi e nonostante ciò discriminati in sede di
correzione.
IL MATERIALE CONSEGNATO: il compito
dovrebbe essere inserito in una busta da sigillare contenente un’altra busta
chiusa con inserito il nome del candidato. Non ci dovrebbero essere segni di
riconoscimento. Non è così come insegna il concorso di notaio. Oltre ai segni
di riconoscimento posti all’interno (nastri), i commissari firmano in modo diverso
i lembi di chiusura della busta grande consegnata.
LA CORREZIONE DEGLI ELABORATI. Quanto già
indicato sono i trucchi che i candidati possono vedere ed eventualmente
denunciare. Quanto avviene in sede di correzione è lì la madre di tutte le
manomissioni. Proprio perchè nessuno vede. La norma prevede che la commissione
d’esame (tutti i componenti) partecipi alle fasi di:
• apertura della busta grande contenente gli
elaborati;
• lettura del tema da parte del relatore ed audizione
degli altri membri;
• correzione degli errori di ortografia, sintassi e
grammatica;
• richiesta di chiarimenti, valutazione dell’elaborato
affinchè le prove d’esame del ricorrente evidenzino un contesto caratterizzato
dalla correttezza formale della forma espressiva e dalla sicura padronanza del
lessico giuridico, anche sotto il profilo più strettamente tecnico-giuridico, e
che anche la soluzione delle problematiche giuridiche poste a base delle prove
d’esame evidenzino un corretto approccio a problematiche complesse;
• consultazione collettiva, interpello e giudizio dei
singoli commissari, giudizio numerico complessivo, motivazione, sottoscrizione;
• apertura della busta piccola contenete il nome del
candidato da abbinare agli elaborati corretti;
• redazione del verbale.
Queste sono solo fandonie normative. Di fatto si apre
prima la busta piccola, si legge il nome, se è un prescelto si dà agli
elaborati un giudizio positivo, senza nemmeno leggerli. Quando i prescelti sono
pochi rispetto al numero limite di idonei stabilito illegalmente, nonostante il
numero aperto, si aggiungono altri idonei diventati tali “a fortuna”.
In effetti, con migliaia di ricorsi al TAR si è dimostrato che i giudizi resi sono inaffidabili. La carenza, ovvero la contraddittorietà e la illogicità del giudizio negativo reso in contrapposizione ad una evidente assenza o rilevanza di segni grafici sugli elaborati, quali glosse, correzioni, note, commenti, ecc., o comunque la infondatezza dei giudizi assunti, tale da suffragare e giustificare la corrispondente motivazione indotta al voto numerico. Tutto ciò denota l’assoluta discrasia tra giudizio e contenuto degli elaborati, specie se la correzione degli elaborati è avvenuta in tempi insufficienti, tali da rendere un giudizio composito. Tempi risibili, tanto da offendere l’umana intelligenza. Dai Verbali si contano 1 o 2 minuti per effettuare tutte le fasi di correzione, quando il Tar di Milano ha dichiarato che ci vogliono almeno 6 minuti solo per leggere l’elaborato. La mancanza di correzione degli elaborati ha reso invalido il concorso in magistratura. Per altri concorsi, anche nella stessa magistratura, il ministero della Giustizia ha fatto lo gnorri e si è sanato tutto, alla faccia degli esclusi. Già nel 2005 candidati notai ammessi agli orali nonostante errori da somari, atti nulli che vengono premiati con buoni voti, mancata verbalizzazione delle domande, elaborati di figli di professionisti ed europarlamentari prima considerati “non idonei” e poi promossi agli orali. Al Tg1 Rai delle 20.00 del 1 agosto 2010 il conduttore apre un servizio: esame di accesso in Magistratura, dichiarati idonei temi pieni zeppi di errori di ortografia. La denuncia è stata fatta da 60 candidati bocciati al concorso 2008, che hanno spulciato i compiti degli idonei e hanno presentato ricorso al TAR per manifesta parzialità dei commissari con abuso del pubblico ufficio. Riguardo la magistratura, l’avvocato astigiano Pierpaolo Berardi, classe 1964, per anni ha battagliato per far annullare il concorso per magistrati svolto nel maggio 1992. Secondo Berardi, infatti, in base ai verbali dei commissari, più di metà dei compiti vennero corretti in 3 minuti di media (comprendendo “apertura della busta, verbalizzazione e richiesta chiarimenti”) e quindi non “furono mai esaminati”. I giudici del tar gli hanno dato ragione nel 1996 e nel 2000 e il Csm, nel 2008, è stato costretto ad ammettere: “Ci fu una vera e propria mancanza di valutazione da parte della commissione”. Giudizio che vale anche per gli altri esaminati. In quell’esame divenne uditore giudiziario, tra gli altri, proprio Luigi de Magistris, giovane Pubblico Ministero che si occupò inutilmente del concorso farsa di abilitazione forense a Catanzaro: tutti i compiti identici e tutti abilitati. O ancora l’esame di ammissione all’albo dei giornalisti professionisti del 1991, audizione riscontrabile negli archivi di radio radicale, quando la presenza di un folto gruppo di raccomandati venne scoperta per caso da un computer lasciato acceso nella sala stampa del Senato proprio sul file nel quale il caposervizio di un’agenzia, commissario esaminatore, aveva preso nota delle prime righe dei temi di tutti quelli da promuovere. E ancora lo scandalo denunciato da un’inchiesta del 14 maggio 2009 apparsa su “La Stampa”. A finire sotto la lente d’ingrandimento del quotidiano torinese l’esito del concorso per allievi per il Corpo Forestale. Tra i 500 vincitori figli di comandanti, dirigenti, uomini di vertice. La casualità ha voluto, inoltre, che molti dei vincitori siano stati assegnati nelle stazioni dove comandano i loro genitori. Una singolare coincidenza che diventa ancor più strana nel momento in cui si butta un occhio ad alcuni “promemoria”, sotto forma di pizzini, ritrovati nei corridoi del Corpo forestale e in cui sono annotati nomi, cognomi, date di nascita e discendenze di alcuni candidati. «Per Alfonso, figlio di Rosetta», «Per Emidio, figlio di Cesarina di zio Antonio», «Per Maria, figlia di Raffaele di zia Maria». Piccole annotazioni, certo. Il destino, però, ha voluto che le tutte persone segnalate nei pizzini risultassero vincitrici al concorso.
In effetti, con migliaia di ricorsi al TAR si è dimostrato che i giudizi resi sono inaffidabili. La carenza, ovvero la contraddittorietà e la illogicità del giudizio negativo reso in contrapposizione ad una evidente assenza o rilevanza di segni grafici sugli elaborati, quali glosse, correzioni, note, commenti, ecc., o comunque la infondatezza dei giudizi assunti, tale da suffragare e giustificare la corrispondente motivazione indotta al voto numerico. Tutto ciò denota l’assoluta discrasia tra giudizio e contenuto degli elaborati, specie se la correzione degli elaborati è avvenuta in tempi insufficienti, tali da rendere un giudizio composito. Tempi risibili, tanto da offendere l’umana intelligenza. Dai Verbali si contano 1 o 2 minuti per effettuare tutte le fasi di correzione, quando il Tar di Milano ha dichiarato che ci vogliono almeno 6 minuti solo per leggere l’elaborato. La mancanza di correzione degli elaborati ha reso invalido il concorso in magistratura. Per altri concorsi, anche nella stessa magistratura, il ministero della Giustizia ha fatto lo gnorri e si è sanato tutto, alla faccia degli esclusi. Già nel 2005 candidati notai ammessi agli orali nonostante errori da somari, atti nulli che vengono premiati con buoni voti, mancata verbalizzazione delle domande, elaborati di figli di professionisti ed europarlamentari prima considerati “non idonei” e poi promossi agli orali. Al Tg1 Rai delle 20.00 del 1 agosto 2010 il conduttore apre un servizio: esame di accesso in Magistratura, dichiarati idonei temi pieni zeppi di errori di ortografia. La denuncia è stata fatta da 60 candidati bocciati al concorso 2008, che hanno spulciato i compiti degli idonei e hanno presentato ricorso al TAR per manifesta parzialità dei commissari con abuso del pubblico ufficio. Riguardo la magistratura, l’avvocato astigiano Pierpaolo Berardi, classe 1964, per anni ha battagliato per far annullare il concorso per magistrati svolto nel maggio 1992. Secondo Berardi, infatti, in base ai verbali dei commissari, più di metà dei compiti vennero corretti in 3 minuti di media (comprendendo “apertura della busta, verbalizzazione e richiesta chiarimenti”) e quindi non “furono mai esaminati”. I giudici del tar gli hanno dato ragione nel 1996 e nel 2000 e il Csm, nel 2008, è stato costretto ad ammettere: “Ci fu una vera e propria mancanza di valutazione da parte della commissione”. Giudizio che vale anche per gli altri esaminati. In quell’esame divenne uditore giudiziario, tra gli altri, proprio Luigi de Magistris, giovane Pubblico Ministero che si occupò inutilmente del concorso farsa di abilitazione forense a Catanzaro: tutti i compiti identici e tutti abilitati. O ancora l’esame di ammissione all’albo dei giornalisti professionisti del 1991, audizione riscontrabile negli archivi di radio radicale, quando la presenza di un folto gruppo di raccomandati venne scoperta per caso da un computer lasciato acceso nella sala stampa del Senato proprio sul file nel quale il caposervizio di un’agenzia, commissario esaminatore, aveva preso nota delle prime righe dei temi di tutti quelli da promuovere. E ancora lo scandalo denunciato da un’inchiesta del 14 maggio 2009 apparsa su “La Stampa”. A finire sotto la lente d’ingrandimento del quotidiano torinese l’esito del concorso per allievi per il Corpo Forestale. Tra i 500 vincitori figli di comandanti, dirigenti, uomini di vertice. La casualità ha voluto, inoltre, che molti dei vincitori siano stati assegnati nelle stazioni dove comandano i loro genitori. Una singolare coincidenza che diventa ancor più strana nel momento in cui si butta un occhio ad alcuni “promemoria”, sotto forma di pizzini, ritrovati nei corridoi del Corpo forestale e in cui sono annotati nomi, cognomi, date di nascita e discendenze di alcuni candidati. «Per Alfonso, figlio di Rosetta», «Per Emidio, figlio di Cesarina di zio Antonio», «Per Maria, figlia di Raffaele di zia Maria». Piccole annotazioni, certo. Il destino, però, ha voluto che le tutte persone segnalate nei pizzini risultassero vincitrici al concorso.
GLI ESCLUSI, RIAMMESSI. Candidati che sono stati
esclusi dalla prova per irregolarità, come è successo al concorso per Dirigenti
scolastici, o giudicati non idonei, che poi si presentano regolarmente agli
orali. L’incipit della confidenza di Elio Belcastro, parlamentare dell’Mpa di
Raffaele Lombardo, pubblicata su “Il Giornale”. Belcastro ci fa subito capire,
scandendo bene le parole, che Tonino non era nemmeno riuscito a prenderlo quel
voto, minimo. «Tempo fa l’ex procuratore capo di Roma, Felice Filocamo, che di
quella commissione d’esami era il segretario, mi ha raccontato che quando
Carnevale si accorse che i vari componenti avevano bocciato Di Pietro, lo
chiamò e si arrabbiò molto. Filocamo fu costretto a tornare in ufficio, a
strappare il compito del futuro paladino di Mani pulite e a far sì che, non
saprei dire come, ottenesse il passaggio agli orali, seppur con il minimo dei
voti». Bocciato e ripescato? Magistrato per un falso? Possibile? Non è l’unico
caso. Era già stato giudicato non idoneo, ma in una seconda fase sarebbero
saltati fuori degli strani fogli aggiuntivi che prima non c’erano. Ecco come
sarebbe sorto il sospetto che qualcuno li avesse inseriti per “salvare” il
candidato già bocciato, in modo da giustificare una valutazione diversa oppure
da consentire un successivo ricorso al TAR. I maggiori quotidiani nazionali e
molti locali, ed anche tanti periodici, si sono occupati di tale gravissimo
fatto, e che è stato individuato con nome e cognome il magistrato (una donna)
in servizio a Napoli quale autore del broglio accertato. Per tale episodio il
CSM ha deciso di sospendere tale magistrato dalle funzioni e dallo stipendio.
In quella sessione a fronte di 350 candidati ammessi alle prove orali pare che
oltre 120 siano napoletani, i quali sembrano avere particolari attitudini
naturali verso le scienze giuridiche e che sembrano essere particolarmente
facilitati nel loro cammino anche dalla numerosa presenza nella commissione di
esami di magistrati e professori napoletani.
TUTELA GIUDIZIARIA. Un ricorso al TAR non si
nega a nessuno: basta pagare la tangente delle spese di giudizio. Per veder
accolto il ricorso basta avere il principe del Foro amministrativo del posto;
per gli altri non c’è trippa per gatti. Cavallo di battaglia: mancanza della
motivazione ed illogicità dei giudizi. Nel primo caso, dovendo accertare
un’ecatombe dei giudizi, la Corte Costituzionale, con sentenza 175 del 2011, ha
legittimato l’abuso delle commissioni: “buon andamento, economicità ed
efficacia dell’azione amministrativa rendono non esigibile una dettagliata
esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni sottese ad
un giudizio di non idoneità, sia per i tempi entro i quali le operazioni
concorsuali o abilitative devono essere portate a compimento, sia per il numero
dei partecipanti alle prove”. Così la Corte Costituzionale ha sancito, il 7
giugno 2011, la legittimità costituzionale del cd. “diritto vivente”, secondo
cui sarebbe sufficiente motivare il giudizio negativo, negli esami di
abilitazione, con il semplice voto numerico. La Corte Costituzionale per ragion
di Stato (tempi ristretti ed elevato numero) afferma piena fiducia nelle
commissioni di esame (nonostante la riforma e varie inchieste mediatiche e
giudiziarie ne minano la credibilità), stabilendo una sorta d’infallibilità del
loro operato e di insindacabilità dei giudizi resi, salvo che il sindacato non
promani in sede giurisdizionale. I candidati, quindi, devono sperare nel Foro
presso cui vi sia tutela della meritocrazia ed un certo orientamento
giurisprudenziale a favore dei diritti inviolabili del candidato, che nella
massa è ridimensionato ad un semplice numero, sia di elaborato, sia di
giudizio. Giudizi rapidi e sommari, che spesso non valorizzano le capacità
tecniche e umane che da un’attenta lettura dell’elaborato possono trasparire.
Fatto assodato ed incontestabile il voto numerico, quale giudizio e motivazione
sottesa. Esso deve, però, riferire ad elementi di fatto corrispondenti che supportino
quel voto. Elementi di fatto che spesso mancano o sono insussistenti.
All’improvvida sentenza della Corte Costituzionale viene in soccorso la Corte
di Cassazione. Il sindacato giurisdizionale di legittimità del giudice
amministrativo sulle valutazioni tecniche delle commissioni esaminatrici di
esami o concorsi pubblici (valutazioni inserite in un procedimento
amministrativo complesso nel quale viene ad iscriversi il momento valutativo
tecnico della commissione esaminatrice quale organo straordinario della
pubblica amministrazione), è legittimamente svolto quando il giudizio della
commissione esaminatrice è affetto da illogicità manifesta o da travisamento
del fatto in relazione ai presupposti stessi in base ai quali è stato dedotto
il giudizio sull’elaborato sottoposto a valutazione. In sostanza il TAR può
scendere sul terreno delle valutazioni tecniche delle commissioni esaminatrici
per l’accesso a una professione o in un concorso pubblico, quando il giudizio è
viziato da evidente illogicità e da travisamento del fatto. Ad affermare
l’importante principio di diritto sono le Sezioni Unite della Cassazione con
sentenza n. 8412, depositata il 28 maggio 2012. Insomma, la Cassazione afferma
che le commissioni deviano il senso della norma concorsuale.
Certo che a qualcuno può venire in mente che comunque
una certa tutela giuridica esiste. Sì, ma dove? Ma se già il concorso al TAR è
truccato. Nel 2008 un consigliere del Tar trombato al concorso per entrare nel
Consiglio di Stato, si è preso la briga di controllare gli atti del giorno in
cui sono state corrette le sue prove, scoprendo che i cinque commissari avevano
analizzato la bellezza di 690 pagine. “Senza considerare la pausa pranzo e
quella della toilette, significa che hanno letto in media tre pagine e mezzo in
60 secondi. Un record da guinness, visto che la materia è complessa”, ironizza
Alessio Liberati. Che ha impugnato anche i concorsi del 2006 e del 2007: a suo
parere i vincitori hanno proposto stranamente soluzioni completamente diverse
per la stessa identica sentenza. Il magistrato, inoltre, ha sostenuto che uno
dei vincitori, Roberto Giovagnoli, non aveva nemmeno i titoli per partecipare
al concorso. Mentre il Governo rifiuta da mesi di rispondere alle varie
interrogazioni parlamentari sul concorso delle mogli (il concorso per
magistrati Tar vinto da Anna Corrado e Paola Palmarini, mogli di due membri
dell’organo di autogoverno che ne nominò la commissione) si è svolto un altro –
già discusso – concorso per l’accesso al Tar. Nonostante l’organo di autogoverno
dei magistrati amministrativi (Consiglio di Presidenza – Cpga) si sia stretto
in un imbarazzante riserbo, che davvero stride con il principio di trasparenza
che i magistrati del Tar e del Consiglio di Stato sono preposti ad assicurare
controllando l’operato delle altre amministrazioni, tra i magistrati
amministrativi si vocifera che gli elaborati scritti del concorso sarebbero
stati sequestrati per mesi dalla magistratura penale, dopo aver sorpreso un
candidato entrato in aula con i compiti già svolti, il quale avrebbe già
patteggiato la pena. Dopo il patteggiamento la commissione di concorso è stata
sostituita completamente ed è ricominciata la correzione dei compiti. Si è già
scritto della incredibile vicenda processuale del dott. Enrico Mattei, fratello
di Fabio Mattei (oggi membro dell’organo di autogoverno), rimesso “in pista”
nel precedente concorso c.d. delle mogli grazie ad una sentenza del presidente
del Tar Lombardia, assolutamente incompetente per territorio, che, prima di
andare in pensione coinvolto dallo scandalo della c.d. cricca, si era
autoassegnato il ricorso ed aveva ammesso a partecipare al concorso il Mattei,
redigendo addirittura una sentenza breve (utilizzabile solo in caso di
manifesta fondatezza), poco dopo stroncata dal Consiglio di Stato (sentenza n.
6190/2008), che ha rilevato perfino l’appiattimento lessicale della motivazione
della decisione rispetto alle memorie difensive presentate dal Mattei. Dopo il
concorso delle mogli e il caso Mattei, un altro concorso presieduto da Pasquale
De Lise è destinato a far parlare di sé. Si sono infatti concluse le prove
scritte del concorso per 4 posti a consigliere di Stato, presieduto da una
altisonante commissione di concorso: il presidente del Consiglio di Stato
(Pasquale De Lise), il presidente aggiunto del Consiglio di Stato (Giancarlo
Coraggio), il presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la
regione Sicilia (Riccardo Virgilio), il preside della facoltà di giurisprudenza
(Carlo Angelici) ed un presidente di sezione della Corte di Cassazione (Luigi
Antonio Rovelli). Ma anche il concorso al Consiglio di Stato non è immune da
irregolarità. Tantissime le violazioni di legge già denunciate all’organo di
autogoverno: area toilettes non sigillata e accessibile anche da avvocati e
magistrati durante le prove di concorso, ingresso a prove iniziate di pacchi
non ispezionati e asseritamente contenenti cibi e bevande, ingresso di estranei
nella sala durante le prove di concorso, uscita dei candidati dalla sala prima
delle due ore prescritte dalla legge, mancanza di firma estesa dei commissari
di concorso sui fogli destinati alle prove, presenza di un solo commissario in
aula. Tutti vizi, questi, in grado di mettere a rischio la validità delle
prove. Qual è l’organo deputato a giudicare, in caso di ricorso, sulla
regolarità del concorso per consigliere di Stato? Il Consiglio di Stato…
naturalmente! Ecco perché urge una riforma dei concorsi pubblici. Riforma dove
le lobbies e le caste non ci devono mettere naso. E c’è anche il rimedio.
Niente esame di abilitazione. Esame di Stato contestuale con la laurea
specialistica. Attività professionale libera con giudizio del mercato e assunzione
pubblica per nomina del responsabile politico o amministrativo che ne risponde
per lui (nomina arbitraria così come di fatto è già oggi). E’ da vent’anni che Antonio
Giangrande studia il fenomeno dei concorsi truccati. Anche la fortuna fa parte
del trucco, in quanto non è tra i requisiti di idoneità. Qualcuno si
scandalizzerà. Purtroppo non sono generalizzazioni, ma un dato di fatto. E da
buon giurista, consapevole del fatto che le accuse vanno provate, pur in una
imperante omertà e censura, l’ha fatto. In video ed in testo. Se non basta ha
scritto un libro, tra i 50, da leggere gratuitamente su www.controtuttelemafie.it o su
Google libri o in ebook su Amazon.it o cartaceo su Lulu.com. Invitando ad
informarsi tutti coloro che, ignoranti o in mala fede, contestano una verità
incontrovertibile, non rimane altro che attendere: prima o poi anche loro si
ricrederanno e ringrazieranno iddio che esiste qualcuno con le palle che non ha
paura di mettersi contro Magistrati ed avvocati. E sappiate, in tanti modi
questi cercano di tacitare Antonio Giangrande, con l’assistenza dei media
corrotti dalla politica e dall’economia e genuflessi al potere. Ha perso le
speranze. I praticanti professionali sono una categoria incorreggibile: “so
tutto mi”, e poi non sanno un cazzo, pensano che essere nel gota, ciò
garantisca rispetto e benessere. Che provino a prendere in giro chi non li conosce.
La quasi totalità è con le pezze al culo e genuflessi ai Magistrati. Come
avvoltoi a buttarsi sulle carogne dei cittadini nei guai e pronti a vendersi al
miglior offerente. Non è vero? Beh! Chi esercita veramente sa che nei
Tribunali, per esempio, vince chi ha più forza dirompente, non chi è preparato
ed ha ragione. Amicizie e corruttele sono la regola. Naturalmente per parlare
di ciò, bisogna farlo con chi lavora veramente, non chi attraverso l’abito,
cerca di fare il monaco.
Dr
Antonio Giangrande
Presidente
dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
099.9708396
– 328.9163996
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