Tortora, Sallusti. E Giangrande?
Enzo Tortora, icona dell’ingiustizia in
Italia: un esempio per nulla. E poi Alessandro Sallusti esempio inane di ritorsione
censoria. Ma perché nessuno parla di Antonio Giangrande?
«Questa
è un’Italia ipocrita e dissimulatrice. - spiega il dr Antonio Giangrande,
presidente della “Associazione Contro Tutte le Mafie” www.controtuttelemafie.it , e scrittore-editore dissidente
che proprio sul tema ha scritto e pubblicato “Italiopolitania, Italiopoli allo
sbaraglio”. La premessa alla collana
editoriale “L’Italia del Trucco, l’Italia che siamo” pubblicata sui propri siti
web, su Amazon in E-Book e su Lulu in cartaceo. Uno tra i 40 libri scritti
dallo stesso autore e pertinenti questioni che nessuno osa affrontare. Opere
che i media si astengono a dare la dovuta visibilità e le rassegne culturali ad
ignorare – Si parla sempre a sproposito di meritocrazia, ma nulla si fa contro
le rendite di posizione. Ruoli, funzioni ed incarichi pubblici immeritati? No! Meglio
parlare sempre e solo di crisi e di soldi o sparlare di quella politica stantia
che gli italioti votano e sempre voteranno. Il solito populismo sempre in cerca
di una competenza ed onestà di parte. Periodicamente si parla di Enzo Tortora
come icona dell’ingiustizia e di tutti coloro che scontano da innocenti le pene
dell’inferno in carcere: “Silvia mia carissima
questo, te lo confermo, è un paese infame. Io sono, certe volte, proprio
disperato. In questo paese non succede nulla. E’ questo che mi avvelena e mi
dispera. Una ad una le speranze di una rigenerazione morale se ne vanno. Una
Stampa stupida, serva, incline solo al pettegolezzo ed ai circensi. Aliena ai
problemi veri e reali. Uno spettacolo immondo. Sono deluso Silvia. Mi pare di
aver gettato via la mia vita e debbo fare anche autocritica. Credevo nella legge,
nei magistrati e nelle istituzioni. Quello che non si sa è che una volta
gettati in galera non si è più cittadini, ma pietre. Pietre senza suoni, senza
voce, che a poco a poco si ricoprono di muschio. Una coltre che ti copre con
atroce indifferenza. Ed il mondo gira: indifferente a quest’infamia.” (lettere di
Enzo Tortora alla figlia Silvia). Enzo Tortora un martire che illumina le battaglie
per la responsabilità dei magistrati, che i manettari non vogliono. Poi si è
passati a parlare di Alessandro Sallusti come la vittima esemplare della
ritorsione censoria del potere giudiziario. Un esempio per tutti i giornalisti
liberi e coraggiosi che scrivono anche contro i magistrati, denunciandone abusi
ed omissioni. Ma la Cassazione smentisce sé stessa pur di irrorare una pena
esemplare: punire uno per tacitarne mille. La sentenza 19985 del 30 settembre
2011 della terza sezione della Cassazione parlava di «immediata rilevanza in
Italia delle norme della Convenzione europea dei diritti dell'uomo», di
«obbligo, da parte del giudice dello Stato, di applicarle direttamente» e di
«tenere presente l'interpretazione delle norme contenute nella Convenzione che
dà la Corte di Strasburgo attraverso le sue decisioni». Ma cosa dicono la
Convenzione e la Corte Europea si chiede “Il Giornale”? Innanzitutto,
stabiliscono un principio cardine e fondamentale: nessun giornalista può andare
in carcere per il reato di diffamazione. L'assunto è stato ribadito nella
sentenza del 2 aprile 2009 nella quale la Corte di Strasburgo ha condannato la
Grecia a risarcire il giornalista Kydonis perché «le pene detentive non sono
compatibili con la libertà di espressione» e perché «il carcere ha un effetto
deterrente sulla libertà dei giornalisti di informare con effetti negativi
sulla collettività che ha a sua volta diritto a ricevere informazioni». Se ciò
non bastasse, la Corte di Strasburgo ha anche sottolineato come la previsione
del carcere sia «suscettibile di provocare un effetto dissuasivo per
l'esercizio della libertà di stampa». Anche la Corte Costituzionale è stata
snobbata. Nella sentenza 39/2008, la Consulta aveva stabilito che «le norme
della Convenzione europea devono essere considerate come interposte e che la
loro peculiarità, nell'ambito di siffatta categoria, consiste nella soggezione
all'interpretazione della Corte di Strasburgo, alla quale gli Stati contraenti,
salvo l'eventuale scrutinio di costituzionalità, sono vincolati a uniformarsi».
Concetto espresso anche dal Consiglio d'Europa. A questo punto, anziché indignarsi
contro i magistrati, monta l’antipolitica e lì la stampa a cavalcare l’indignazione
sugli sprechi dei politici. Dallo spreco e dall’approfittamento si passa direttamente
a parlare di corruzione. I giustizialisti ed i manettari sviano i temi forti e sono
sempre lì pronti a crocifiggere tutti coloro che sono, addirittura, colpiti solo
da un rinvio a giudizio. Tapini loro che si beano della loro ignoranza o dissimulano
la loro malafede. Loro non sanno, o fanno finta di non sapere, che ben pochi
sono coloro che hanno il privilegio di subire un giudizio, rispetto a milioni
di denunce, che spesso ci si astiene dal presentare per l’improvvida conclusione
(insabbiate o archiviate), e che il Gip-Gup non è altro che la “Longa Manu” del
Pubblico Ministero. Spesso tali rinvii a giudizio sono per reati bagatellari commessi
da poveri cristi o per reati di opinione. Molte volte tali giudizi si risolvono
in assoluzioni o proscioglimenti in senso lato. Quasi mai si procede per abuso
d’ufficio: il reato dei poteri forti. Ergo: l’arma pretestuosa della giustizia
per discernere i buoni (ricchi e potenti) dai cattivi (poveri ed analfabeti);
gli amici (di sinistra) dai nemici (di destra). In questo stato di appannamento
mentale, influenzato dalla crisi, che addita i politici della fazione opposta
come causa di tutti mali, c’è chi racconta una realtà diversa. Antonio
Giangrande è il portavoce nel mondo in video ed in testi (non icona, non
esempio) di chi in questa Italia bigotta voce non ha. Rappresenta centinaia di
migliaia di candidati non idonei ai concorsi pubblici truccati, denunciandone
le anomalie: per questo da 15 anni avvocati e magistrati non lo abilitano alla professione
forense. Gente, che lui ha denunciato, solo in 2 minuti giudica i suoi
elaborati, lasciandoli immacolati ed immotivati. Elaborati tecnici che, a parte
le operazioni ante e post, si leggono con la dovuta attenzione in non meno di
10 minuti. Egli rappresenta centinaia di migliaia di innocenti in carcere,
raccontando della malagiustizia che rende il sistema inefficiente e facendo
conoscere singole storie di ordinaria ingiustizia che altrimenti rimangono nell’oblio.
Egli, a parte ciò, racconta l’Italia per quella che è, approfondendo tutte le
problematiche che l’attanagliano. Ma non senza, però, dal presentare al mondo
con la sua “Tele Web Italia” la bellezza di cui la penisola è composta. Egli
discerne l’Italia dagli italiani. Per questo i suoi siti web di informazione
vengono chiusi e lui accusato del reato di diffamazione a mezzo stampa. Peccato
però, che a differenza di Alessandro Sallusti, egli in sentenza è sempre dichiarato
estraneo ai fatti. Non innocente, ma estraneo ai fatti incriminati. Già. Ma,
stante l’utilità sociale del suo operato e le ritorsioni subite, perché di
Antonio Giangrande nessuno ne parla?»
Dr
Antonio Giangrande
Presidente
dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
099.9708396
– 328.9163996
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