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PROPOSITO DI RAPIMENTI DI STATO. NON SOLO FIGLI CONTESI, SPESSO ANCHE I PADRI
SONO VITTIME DI ORDINARIA INGIUSTIZIA.
Caso
Navone: dubbi e domande lecite sul perché sia ancora detenuto. Riflessioni “a
voce alta” da parte della redazione di “Lazio Opinioni” rivolte al dr Antonio Giangrande, presidente
della “Associazione Contro Tutte le Mafie” www.controtuttelemafie.it, e scrittore-editore dissidente che proprio sul tema ha scritto e
pubblicato “ABUSOPOLI". Libro facente parte della collana editoriale
“L’Italia del Trucco, l’Italia che siamo” pubblicata sui propri siti web, su
Amazon in E-Book e su Lulu in cartaceo. Uno tra i 40 libri scritti dallo stesso
autore e pertinenti questioni che nessuno osa affrontare. Opere che i media si astengono
a dare la dovuta visibilità e le rassegne culturali ad ignorare.
Continua
la Via Crucis di Navone Luigi Mauro, che dopo aver scontato l’anno scorso (in
misura alternativa, come previsto da legge) 6 mesi di affidamento in prova al
servizio sociale e pagato le spese pecuniarie previste per il reato commesso, dal
2 agosto, per una sentenza emessa dal Tribunale di Roma il 19 luglio scorso, si
ritrova “a sorpresa” (poiché nessun preavviso è giunto al soggetto, né al suo
difensore) prelevato dal suo domicilio e condotto al carcere di Mammagialla.
Ricordiamo che il Navone (direttore del periodico “Lazio Opinioni”, fondatore
ed ex Presidente della Università della Terza Età della Tuscia, nonché
Presidente della L.I.D.H. Lazio – Ligue Interregionale Droits dell’Homme e
partecipe di altre pregevoli iniziative culturali e umanitarie) per il mancato
versamento degli alimenti alla ex (cosa per altro concordata, ahimè, solo
verbalmente con la ex moglie a fronte della cessione di beni di valore che ben
superavano il totale dovuto con gli alimenti per i mancati 3 anni al
raggiungimento della maggior età del figlio) a seguito di una querela della donna,
si è ritrovato con una sentenza penale (così come prevedono le nostre antiquate
leggi!) che prevedeva 6 mesi di carcere ed il versamento di 300 euro di multa.
Ora, in una società dove i divorzi sono all’ordine del giorno ed il versamento
degli alimenti è esborso dovuto da tantissimi padri italiani, considerata
l’attuale crisi che all’improvviso può lasciare a casa da lavoro chicchessia,
il fatto di andare a finire in galera per un simile reato deve far preparare il
governo alla costruzione di parecchie strutture detentive al fine di contenere
tutti questi possibili (e già ce ne sono tantissimi) insolventi!!! Tuttavia, l’aspetto
perverso (e terribile allo stesso tempo) della vicenda è che il Navone ha
scontato la sua pena con “decorso positivo” (come si evince dalla relazione dei
servizi sociali) tranne che per il “risarcimento del danno” alla ex: danno mai
quantificato in alcuna sede di giudizio prima del suddetto 19 luglio!!!
Visto
che nel nostro sistema il carcere è l’ultima spiaggia per un individuo che
abbia commesso reati sul piano penale in quanto è nota la sua impossibilità di
fatto (almeno così come è concepito e strutturato nel nostro paese) a
rieducarlo e recuperarlo (ecco perché, d'altronde, esistono le misure
alternative!!!) qualcuno sa spiegare perché si tiene rinchiuso il Navone (e non
lo si manda ai domiciliari, evitando di occupare uno spazio carcerario, in una
già pesante situazione di sovraffollamento) che oltre: a non essere un soggetto
pericoloso per la comunità (non parliamo di reati contemplati all’art. 4 bis),
ad aver già pagato per le sue colpe, ad avere una pena di 6 mesi, è in
condizioni di salute seriamente e gravemente compromesse?
Ricordo
che la Costituzione, all’art. 27 recita: "Le pene non possono consistere
in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione
del condannato".
Quanto
si sta “rieducando” quest’uomo che oltre a subire una palese ingiustizia, ad
essere stato strappato alla sua famiglia (che sta, ovviamente, facendo il suo
bel percorso rieducativo e riabilitativo con lui, soprattutto per quanto
riguarda i valori e la giustizia nel nostro Stato!!!) viene messo in pericolo
di vita per l’impossibilità della struttura carceraria di gestire il suo
complicato quadro clinico??
Si
sappia che dopo il colpo di scena del 19 settembre scorso, data in cui era
fissata l’udienza a Roma per discutere del suo caso clinico e della
compatibilità o meno con il regime carcerario e in cui ci fu un rinvio ad un
“imminente” 31 ottobre per la mancanza nel fascicolo di Navone della relazione
del Dirigente Sanitario del carcere di Viterbo, che doveva riferire sullo stato
di salute del detenuto (Precisiamo che detta relazione, si scoprì poi, venne
spedita il 18 ottobre all’ufficio del Magistrato di Sorveglianza di Viterbo, ma
“misteriosamente” non era allegata al fascicolo…), finalmente il 3 ottobre
Navone è stato ricoverato nel reparto protetto dell’ospedale Belcolle. Qui le
analisi non solo hanno confermato le sue patologie (è: diabetico insulino
dipendente, cardiopatico, iperteso, soffre di apnee notturne, ha calcoli ai
reni…), ma, per esempio, l’alimentazione e somministrazione delle insuline
giornaliere e notturne corrette, hanno riportato i valori glicemici ad uno
standard “di sicurezza” non registrati nei due mesi trascorsi in carcere. La
possibilità di dormire con una postura sollevata (il Navone ha chiesto
ripetutamente un secondo cuscino in carcere per riuscire a respirare durante il
sonno, ma gli è stato rifiutato perché non ce ne sono a sufficienza) ha
diminuito gli episodi di apnea evitando sobbalzi e scompensi respiratori
deleteri per un cuore già soggetto a fibrillazione atriale. Nonostante ciò il
15 ottobre, viste l’impossibilità di effettuare alcuni esami per
indisponibilità dei macchinari e l’esigenza di liberare il posto letto, viene
rispedito in carcere segnalato con un “codice 5”, ossia in carcere devono avere
un particolare riguardo nel somministrargli le ben 19 tipologie di farmaci
giornalieri prescrittigli, in precisi momenti della giornata. Peccato che tutto
il personale infermieristico del carcere (ovviamente, insufficiente) non abbia
solo il Navone da accudire, per cui a pochi giorni di distanza dal rientro non
solo molti dei valori che erano rientrati nella norma, vanno nuovamente fuori
livello di sicurezza, ma anche tutti quegli accertamenti (tipo la rilevazione
dell’INR) utili per ponderare i dosaggi dei farmaci che possono, al contrario,
essere più letali che vitali, non vengono eseguiti con le giuste scadenze. Ci
si domanda allora quali altre evidenze occorrono perché si riconosca
l’incompatibilità del Sig. Navone con il regime carcerario per gravi problemi
di salute? Chi è preposto a stabilire e certificare questo prima che sia troppo
tardi e, quindi, quali sono le regole e le procedure? Abbiamo chiesto
delucidazioni al Prof. Francesco Ceraudo, per 37 anni direttore del centro
clinico del carcere Don Bosco di Pisa, Presidente dell’Amapi (Ass.ne medici
amministrazione penitenziaria italiana), docente presso l’università di Pisa,
già Presidente del Consiglio Internazionale dei Medici Penitenziari (ICPMS) il
quale dichiara che già solo per il fatto di essere infartuato, diabetico
insulino-dipendente e con grave scompenso metabolico e con fibrillazione
atriale esistono gli estremi per
dichiararne l’incompatibilità con il carcere che, vuoi per la mancata
assistenza, vuoi per le condizioni insane e di stress a cui la persona viene
sottoposta, non può che portare ad un peggioramento letale di tali patologie.
D'altronde, «affermare che il carcere sia solo una privazione della libertà è
falso: la persona in carcere subisce una serie di afflizioni che magari non
appaiono evidenti, ma che non sono meno reali», spiega Ceraudo, che specifica
come la lunga reclusione causi traumi alla vista, alla deambulazione, oltre a
una serie di traumi psicologici, e attinenti alla sfera sessuale “già in una
persona che vi giunge sana, figuriamoci in chi ha un quadro patologico
complesso!”. Il codice di Procedura Penale stabilisce che spetta al Dirigente
Sanitario del carcere analizzare il caso e pronunciarsi in merito
all’incompatibilità del soggetto col regime carcerario: questo solitamente viene
accolto positivamente da un Magistrato del Tribunale di Sorveglianza
responsabile e che rispetta quanto dettato nell’articolo 3 della “Dichiarazione
dei diritti dell’uomo” (Onu – 1948) e che recita: “Ogni individuo ha diritto
alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”.
E,
dunque, come mai, rispetto alle molteplici evidenze sopra menzionate, per il
Navone chi di dovere non si è ancora pronunciato nei giusti termini
consentendone la permanenza in luoghi più idonei (i domiciliari, ad esempio) al
suo stato di salute che viene sempre più compromesso? Forse non si sta andando
contro a quel “senso di umanità” citato nel suddetto articolo della
Costituzione? “Ai posteri l’ardua sentenza”!
Dr Antonio
Giangrande
Presidente dell’Associazione Contro Tutte le
Mafie e di Tele Web Italia
099.9708396 –
328.9163996
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