«In
una nazione dove tutto va a catafascio, o come dicono alcuni a scatafascio,
ossia alla deriva morale e materiale, il sistema di parassiti le pensa tutte
per potersi mantenere vessando in tutti modi i cittadini, sudditi di una classe
dirigente (politica ed istituzionale) corrotta ed incapace. Classe dirigente
che con i media genuflessi alle cricche induce il paese ad essere governato da
nani, ballerine ed oggi anche da comici. Questo da aggiungersi al sistema di potere
cristallizzato di mafie, lobbies, caste e massonerie. Si sorvola sul fatto che a
riformare l’ordinamento forense ci sono gli stessi avvocati in Parlamento a
tutela dei loro privilegi ed a chiusura della concorrenza (salvo che per amici
e parenti), i medesimi che, oltretutto, sono periodicamente in sciopero per le
riforme da loro stessi predisposte. Ma passiamo oltre. In una Italia dove si
sottace l’usura e l’estorsione di Stato, ovvero la nomina e la retribuzione
amicale dei consulenti dei magistrati. Una nazione, dove il più onesto merita l’Asinara,
ci dimostra che né toghe, né divise possono pretendere l’esclusiva della
legalità, né possono permettersi il monopolio del parlarne agli studenti in
incontri nelle scuole e nei convegni organizzati dalla sinistra – dice il dr Antonio Giangrande, presidente della “Associazione Contro Tutte le
Mafie” www.controtuttelemafie.it, e
scrittore-editore dissidente che ha scritto e pubblicato la collana editoriale
“L’Italia del Trucco, l’Italia che siamo” pubblicata sui propri siti web, su
Amazon in E-Book e su Lulu in cartaceo. 40 libri scritti dallo stesso autore e
pertinenti questioni che nessuno osa affrontare. Opere che i media si astengono
a dare la dovuta visibilità e le rassegne culturali ad ignorare. - Bene. Detto questo,
un fatto merita di essere conosciuto.
Quando
tutto è perduto, e quel tutto ti accorgi di essere vacuo, non rimane altro che
tornare a fare i contadini. Ma ecco qui. Ci impediscono anche di fare questo.
Si passa oltre sul fatto che il duro lavoro dei nostri antenati di
sanificazione dei terreni da sterpaglie e pietre o di bonifica dalle paludi, al
fine di renderli terreni fertili da coltivare, sia stato reso vano dall’invasione
su quelle stesse terre di pannelli fotovoltaici e del ritorno delle sterpaglie.
Truffaldini intenti ambientalisti di falsa tutela della natura, ma che nasconde
l’odio verso gli umani od addirittura speculazioni mafiose, ci impongono l’invasione
di alternative fonti di energia e ci impediscono di tagliare le sterpaglie, che
oggi sono protette. Oggi tu tagli e pulisci le strade o il podere dai rovi? Giù
multe perché tagli piante protette. Ed ancora. Da sempre i contadini hanno bruciato
nello stesso campo gli avanzi delle potature degli alberi o le foglie cadute. Oggi
tu li bruci? Giù multe perché inquini. Ma il colmo di questa Italia e che in
campagna non ci puoi più proprio andare, salvo che accompagnato dal
commercialista o dal consulente del lavoro, se no giù multe per violazione di
norme sul lavoro.
“Vendemmia amara: 5mila euro per aver portato il nipote in campagna” è il
titolo del fatto avvenuto e pubblicato su “La Voce di Manduria”. Un fatto che
merita di essere conosciuto in tutta Italia, perché fatti analoghi succedono in
tutto il “Mal Paese”, ma nessuno si degna di parlarne.
“Una multa
di cinquemila euro per lo zio e una denuncia penale per i genitori di un
quindicenne che prima dell’inizio dell’anno scolastico si era recato nella
campagna dei parenti per assistere al taglio dell’uva. Quell’esperienza costerà
cara alle due famiglie di agricoltori manduriani che durante la passata
vendemmia in uno dei propri poderi hanno avuto la visita degli ispettori
dell’Ufficio provinciale del lavoro di Taranto. La sanzione pecuniaria
riconosciuta allo zio è per impiego di minore e lavoro irregolare mentre il
papà del ragazzo è in attesa di una contestazione di reato penale per
sfruttamento di lavoro minorile. L’episodio risale al 6 settembre 2012, ma solo
ora è stata notificata l’intimazione a pagare. I protagonisti della vicenda
sono due cugini manduriani che per la campagna dell’uva avevano organizzato il
cantiere di vendemmia, assumendo regolarmente cinque operai che impiegavano
alternativamente nei rispettivamente vigneti. Il 6 settembre si vendemmia dal
cugino e il signor M. oltre alla moglie, componente del nucleo lavorativo
familiare, porta con sé anche il figlio P. Il giovane oltre a frequentare lo
Scientifico di Manduria, studia pianoforte (quinto anno) presso il
conservatorio musicale “Paisiello” di Taranto (scuola privata). P. non ha
iniziato ancora le lezioni in quanto le scuole non erano aperte alla data del 6
settembre. Decide allora di assistere alla vendemmia. Si mette affianco alla
madre senza prendere parte ai lavori. Lo studente di fatto non vendemmia e
questo perché il padre è un agricoltore che rispetta la legge. Quel giorno però
arrivano in campagna gli ispettori del lavoro (un uomo e una donna), fanno i dovuti
controlli e trovano tutto in regola salvo, per loro, la presenza di P. che
viene considerato come un lavoratore, in quanto ha in mano delle forbici
antinfortunistiche. Il tutto viene contestato dagli ispettori e a domanda al
ragazzo se stesse lavorando Piero risponde di no, dice che si trovava affianco
alla madre e non su un filare di vite e senza un secchio per la raccolta. A non
convincere gli ispettori circa quella casualità è stato l’arnese che aveva tra
le mani: le forbici antinfortunistiche che seppure non adatte al taglio dei
grappoli sono state comunque considerate come un utensile da lavoro.”
Il fatto è
successo a Manduria, comune sciolto ed in odor di infiltrazione mafiosa.
Eppure, quando una denuncia partì dal Dr Antonio Giangrande, anche in occasione
di concorsi pubblici truccati svolti in quel comune, i carabinieri delegati alle
indagini scrissero nel rapporto che tutto quanto denunciato non era vero, anzi,
erano propalazioni del Giangrande ed il magistrato archiviò. Del fatto si
occupò la Gazzetta del Sud Africa e il magistrato per ritorsione denunciò a
Potenza il Giangrande per diffamazione. I magistrati a Potenza furono pronti ad
incriminare. Vuol dire che è più importate multare i campagnoli che lottare
contro i mafiosi.
In questa
Italia c’è solo da vergognarsi di farne parte. Non sanno più da dove prendere i
soldi. Se una famiglia ha un piccolo appezzamento di terreno ereditato dagli
avi, coltivato ad uliveto o vigneto o altro tipo di coltura, ed il capo
famiglia portasse con sé moglie e figli, per raccoglierne i miseri frutti per i
bisogni familiari, e vorrebbe farsi aiutare dai parenti il sabato o la domenica
per sbrigarsi prima perché affaccendato in altre mansioni durante la settimana?
Non può. Deve passare prima dai burocrati che devono stampargli in fronte il
timbro della validazione e pagare tributi e contributi. Aprire la partita iva
ed assumere i parenti con tanto di sfilza di norme da rispettare. Se non lo fa:
giù multe e processi per caporalato.
Ma qui ci
impediscono addirittura le salutari scampagnate di una volta. Qui più che non
ci sono più le tradizioni di una volta, mi sa che non c’è più religione. Ed
allora sì che la campagna viene abbandonata, l’unica vera e certa fonte di
sostentamento. Che ci invoglino a rubare e finire in carcere? Almeno lì si
mangia e si beve a sgrascio…e multe non te ne fanno.
Ben venga
allora quel sonoro vaff… di quel comico che, a quanto pare, fa ridere meno dei
nostri governanti ed aspira a governare un paese abitato da macchiette colluse
e codarde.»
Dr Antonio Giangrande
Presidente dell’Associazione Contro Tutte le
Mafie e di Tele Web Italia
099.9708396 – 328.9163996
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