Sciacalli ed
omertà. L’ennesima vile aggressione ad Avetrana. Da Sarah Scazzi a Salvatore
Detommaso.
Ne scrive il dr
Antonio Giangrande, scrittore, sociologo storico, blogger, youtuber, presidente
dell’Associazione Contro Tutte le Mafie.
Ad Avetrana,
alle 5.30 di mattina del 27 marzo 2016, dì di Pasqua, il 63enne disoccupato ed
incensurato Salvatore Detommaso esce di casa da via Magenta (via per Manduria -
Salice Salentino) ed in sella alla sua bicicletta si dirige lungo via Roma (via
per Nardò) che si interseca alla sua via. A quell'ora va a prendere il caffè
presso il solito bar. Lungo il tragitto ne approfitta per comprare le sigarette
dalla macchinetta automatica posta lungo la via. Sua intenzione è poi andare a
raccogliere gli asparagi in campagna. Da casa al suo bar ci sono da percorrere
poche centinaia di metri. Un vita da cavamonte (estrattore di blocchi di tufo
per l’edilizia) lo porta a svegliarsi all’alba. Un’abitudine. Alle 5,45 il
fratello Leonardo Detommaso esce anche lui da casa. Stessa abitudine da
manovale. Lungo la strada incontra uno spazzino che gli comunica che più avanti
c’è suo fratello ferito. In effetti vicino al bar c’è suo fratello che presso
la fontana pubblica cerca di lavarsi la testa sanguinante. Non c’è alcuno
strumento contundente, né la vittima ragguaglia suo fratello da questo
interpellato sulle modalità dell’accaduto: se sia caduto, se sia stato
investito o se sia stato aggredito con mazze, bottiglie o spranghe di ferro.
Per questa ipotesi, tantomeno, lui stesso non riferisce i nomi dei presunti
assalitori. Lui che era cosciente. Tanto cosciente che da solo si è riavviato
per tornarsene a casa, nei pressi della quale è stato poi prelevato
dall’ambulanza, chiamata da chi era accorso nei primi momenti dell'accaduto.
Cosciente è rimasto nei due giorni successivi e nulla ha riferito di utile alle
indagini. La mattina di Pasqua non c’è gente che va a lavorare, solo eventuali
ragazzi che rincasano da pub o discoteche. Gente anche non del posto: di
passaggio. Ora troppo tarda per vedere in giro ladri a cui dare le colpe. In
quel frangente la via, man mano, si è riempita di curiosi. L’unico che era
presente nell’immediatezza ha raccontato ai carabinieri quello che ha visto e
ricordato, così desunto dai quotidiani ben informati dagli inquirenti.
Bene. Un fatto
di cronaca come tanti e come in altre parti d’Italia.
Sì, ma qui siamo
ad Avetrana: il paese degli omertosi, così come definito da Mariano Buccoliero,
il Pubblico Ministero del delitto di Sarah Scazzi. Allora ecco che scatta la
speculazione mediatica e politica.
La vittima
Salvatore Detommaso inizialmente è stato trasportato all’ospedale Giannuzzi di
Manduria. Poi, data la grave emorragia cerebrale riportata, è stato in seguito
trasferito nel reparto di neurochirurgia del Santissima Annunziata di Taranto.
Solo dopo due giorni dal ricovero, una volta finite le feste, nonostante
strazianti sofferenze e lancinanti dolori, si è provveduto a stabilizzare il
paziente e ad operarlo alla testa, per poi ricoverarlo nel reparto di
rianimazione. Ciò dovuto all’aggravamento della sua condizione clinica, in
riferimento anche ad un peggioramento di natura cardiaca. Di questo, però, del
comportamento dei sanitari, nessuno ne parla. Nemmeno quelli che sparlano di
omertà. Ed a proposito di omertà ad Avetrana, il 2 aprile 2016 si organizza una
fiaccolata per la legalità e per invogliare chi sa, a parlare. E’ stata messa
in piedi, anche, una raccolta di fondi per sostenere la famiglia della vittima
che versa in condizioni economiche preoccupanti. Ma ancora una volta nessuno,
però, difende Avetrana dall’ennesima aggressione gratuita e ingiustificata.
Tantomeno i politicanti locali. Anzi è proprio il vicesindaco, Alessandro
Scarciglia ad esortare il "chi sa, parli".
«Continuano le
indagini dei carabinieri di Avetrana per individuare i responsabili della
brutale aggressione che questa mattina ha ridotto in fin di vita un avetranese
di 63 anni colpito alla testa con delle bottiglie di vetro. Il violento
pestaggio è avvenuto davanti al bar Mojito alla presenza di numerosi testimoni
che hanno dichiarato di non aver visto niente o di non ricordare particolari
utili. E sugli avetranesi ritorna il fantasma dell’omertà venuto fuori durante
le indagini del delitto di Sarah Scazzi, un episodio che ha fatto parlare e fa
parlare ancora l’Italia intera e che ha visto il coinvolgimento di una
quarantina di persone tra sospettati, indagati, imputati, condannati e
sognatori. Nessuna ammissione, nessun aiuto concreto agli inquirenti e alla
verità sulla morte della quindicenne uccisa dai parenti». Così scriveva
Nazareno Dinoi il 27 marzo 2016 su “La Voce di Manduria” in riferimento
all’aggressione avvenuta a danno di Salvatore Detommaso la mattina presto del
giorno di Pasqua, ricoverato poi in prognosi riservata. Aggressione su una via
di passaggio per chi, proveniente da Manduria, è diretto a Nardò od a Torre Colimena.
Lo stesso Dinoi continua con la solita litania anche il 29 marzo 2016: «Il
bruttissimo episodio è ora materia degli investigatori dell’Arma che stanno
incontrando difficoltà a raccogliere testimonianze dei presenti. Sino a ieri il
maresciallo Fabrizio Viva che comanda la stazione di Avetrana ha sentito
diverse persone che erano presenti nelle vicinanze, ma nessuno di loro ha detto
di ricordare o di aver visto niente. Un atteggiamento omertoso che ha spinto
gli amministratori pubblici e il parroco a lanciare appelli a parlare (di
questo parliamo a parte). I militari hanno già ritirato le registrazioni delle
telecamere di sorveglianza installate nei punti commerciali della zona, ma
nessuna di loro era puntata sulla zona dell’aggressione. Un testimone che
avrebbe visto tutto, avrebbe detto di aver visto delle persone fuggire a bordo
di una piccola utilitaria di colore scuro di cui non ricorda la marca. Ancora
poco per dare un nome e un significato a tanta violenza.» A quell'ora del dì di
festa ovviamente non potevano esserci tanti avventori del bar, nè, tantomeno,
numerosi testimoni, ma parlare di omertà ad Avetrana fa notizia.
Chi fa la
professione di giornalista dovrebbe sapere che i curiosi, accorsi in massa, non
possono essere definiti testimoni. Non si può parlare di omertà se la stessa
vittima non ha potuto fornire notizie utili alle indagini, né tanto meno si può
parlare di indagini. Le indagini vengono svolte alla notizia di reato e, a
quanto pare, al momento del fatto il reato palesato (lesioni) era perseguibile
per querela, che non vi è stata. E comunque l’indagine fatta bene, anche
successivamente attivata per querela o denuncia per fatto più grave, i
responsabili li trova.
Nazareno Dinoi,
come corrispondente del Corriere della Sera ha scritto sempre articoli su
Avetrana dello stesso tenore quando riferiva sul caso di Sarah Scazzi, come
tutti d’altronde. Rispetto agli altri, però, Dinoi è di Manduria, paese a 17
chilometri da Avetrana, non certo un canonico razzista settentrionale.
Nazareno Dinoi,
amico dei magistrati di Taranto e direttore de "La Voce di Manduria",
un giornalino locale di un paese vicino ad Avetrana. Il "mandurese"
diffama indistintamente tutti gli avetranesi e non me ne spiego l'astio. Gli
amministratori locali e la loro opposizione, poi, non sono capaci di difendere
l’onore di Avetrana contro la gogna mediatica programmata sin dal 26 agosto
2010 e protratta da giornalisti da strapazzo sui giornali ed in tv.
«La triste fine
di Sarah Scazzi ha dato improvvisa notorietà al piccolo paese di Avetrana
altrimenti sconosciuto ai più - scriveva già il 29 luglio 2015 il nostro Dinoi
- Ha portato luce su un paese in ombra infastidendo chi vi abita. Ed è anche
sugli avetranesi che il caso Scazzi si è contraddistinto per un’altra
peculiarità: l’omertà, il visto e non visto, il non ricordo, il forse, il lo so
ma non ne sono sicuro, il meglio farsi gli affari propri. Un popolo onesto che
di fronte alla richiesta di coraggio si è tirato indietro. Anche in questo caso
parlano i numeri e i dati: gli investigatori hanno ascoltato poco più di
duecento persone, per la maggioranza avetranesi, poche hanno detto di aver
visto qualcosa, nessuno si è presentato spontaneamente per aiutare la giustizia
con l’amaro risultato che resterà negli annali delle cronache giudiziarie:
dodici di loro sono stati indagati per falsa testimonianza o addirittura per
favoreggiamento. Un record in negativo con cui Avetrana e gli avetranesi
dovranno fare i conti.»
Tra gli altri
anche il programma Mediaset Rete 4 “Quarto Grado" di Gianluigi Nuzzi ci
ricasca a fare informazione spazzatura, vomitando, con i suoi invitati, liquame
sulla comunità avetranese. Soggetti non nuovi a queste nefandezze.
Nel caso
dell'omicidio di Sarah Scazzi, trattato molto spesso da “Quarto Grado” su “Rete
4” di Mediaset la redazione (guidata da Siria Magri) si è attestata su una
linea prevalentemente conforme agli indirizzi investigativi della pubblica
accusa, cioè della Procura della Repubblica di Taranto. Tanto che i suoi
ospiti, quando sono lì a titolo di esperti (pseudo esperti di cosa?) o,
addirittura, a rappresentare le parti civili, pare abbiano un feeling esclusivo
con chi accusa, senza soluzione di continuità e senza paura di smentita. A
confermare questo assioma è la puntata del 15 maggio 2015 di “Quarto Grado”,
condotto da Gianluigi Nuzzi ed Alessandra Viero e curato da Siria Magri.
A riprova della
linea giustizialista del programma, lo stesso conduttore è impegnato a far
passare Ivano come bugiardo, mentre il parterre è stato composto da:
Alessandro
Meluzzi, notoriamente critico nei confronti dei magistrati che si sono occupati
del processo, ma che sul caso trattato è stato stranamente silente o
volutamente non interpellato;
Claudio Scazzi,
fratello di Sarah;
Nicodemo
Gentile, legale di parte civile della Mamma Concetta Serrano Spagnolo Scazzi.
Solita tiritera
dalle parti private nel loro interesse e cautela di Claudio nel parlare di
omertà in presenza di cose che effettivamente non si sanno.
Per il resto
ospite è Grazia Longo, cronista de “La Stampa”, che si imbarca in accuse
diffamatorie, infondate e senza senso: «…e purtroppo tutto questo è maturato in
seno ad una famiglia ed anche ad un paese dove mentono tutti…qui raccontano
tutti bugie».
Vada per i
condannati; vada per gli imputati; vada per gli indagati; ma tutto il paese
cosa c’entra?
Ospite fisso del
programma è Carmelo Abbate, giornalista di Panorama, che anche lui ha guizzi di
idiozia: «Io penso che da tutto quello che ho sentito una cosa la posso dire
con certezza: che se domani qualcuno volesse scrivere un testo sull’educazione
civica, di certo non dovrebbe andare ad Avetrana, perché al di là della
veridicità o meno della dichiarazione della ex compagna di Ivano, al di là
della loro diatriba, è chiaro che qui c’è veramente quasi un capannello di
ragazzi che nega, un’alleanza tra altri che si mettono d’accordo: mamma ha
visto questo, mamma ha visto quest’altro. Ma ci rendiamo conto di quanto sia
difficile scalfire, scavalcare questo muro, veramente posto tra chi deve fare
le indagini e la verità dei fatti? E’ difficilissimo. Cioè, la sicurezza, la
nostra sicurezza è nelle mani di noi.»
Complimenti ad
Abbate ed alla sua consistenza culturale e professionale che dimostra nelle sue
affermazioni sclerotiche. Cosa ne sa, lui, dell'educazione civica di Avetrana?
Fino, poi, nel
prosieguo, ad arrivare in studio, ad incalzare lo stesso Claudio, come a
ritenere egli stesso di essere omertoso e reticente. Grazia Longo: «...però
Claudio anche tu devi parlare, anche tu, scusa se mi permetto, dici delle cose
e non dici. Io non ho capito niente di quello che hai detto. Tu sai qualcosa e
non lo vuoi dire!»
Accuse proferite
al fratello della vittima…assurdo! Tutto ciò detto di fronte a milioni di
spettatori creduloni.
Si noti bene:
nessun ospite è stato invitato per rappresentare le esigenze della difesa delle
persone accusate o condannate o addirittura estranee ai fatti contestati.
Ma i nostri
prodi si ripetono. Quarto grado 1 aprile 2016. Questo è il conduttore imparziale,
Gianluigi Nuzzi: «Oltre 10 persone (su oltre 8mila ndr) accusate di aver
intralciato le indagini, tra reticenze e sogni e quant’altro. Qui abbiamo una
proiezione di paese fatte di una maglia di complicità…».
Ospite fisso del
programma è ancora Carmelo Abbate, giornalista di Panorama: «Io penso che la
gente di Avetrana andrebbe riportata a scuola a studiare daccapo l’educazione
civica. Questa è gente omertosa, parliamoci chiaro. Questa è gente omertosa.
Forse hanno ragione i giudici quando dicono che “tutti sapevano quello che è
successo, molti sapevano quello che è successo a Sarah, ma nessuno ha aperto
bocca. Ricordiamoci che l’unica testimone che si presenta spontaneamente a fare
dichiarazioni è Anna Pisanò. Tutte le altre persone vengono in qualche modo
braccate, costrette a raccontare qualcosa. Tutte le altre non vanno
spontaneamente. Cinque giorni fa, la mattina di Pasqua, ad Avetrana, prima
mattinata, davanti ad un bar un uomo, una brava persona di 62 anni è stato
aggredito selvaggiamente. In queste ore lotta tra la vita e la morte.
Quest’uomo è stato aggredito davanti ad un bar. Decine e decine di persone
ascoltate dai carabinieri “non so”, “non ricordo”, “non ho visto”. Ci sono
appelli del sindaco “chi lo sa, per favore, dica qualcosa”. Ci sono appelli del
sacerdote. Appelli pubblici “per favore parlate. Per favore non siate
omertosi”. Il risultato è che non dicono nulla. E quest’uomo sta morendo».
Per il resto è
ancora ospite Grazia Longo, cronista de “La Stampa”: «Il teatro dell’orrore non
ha mai fine in questo paese».
Ma vaffanculo ai
giornalisti da strapazzo. Questa imprecazione non è riferita in particolare a
quelli citati, ma a tutti coloro che tra tutti i fatti di cronaca di cui si
sono occupati, solo ad Avetrana hanno trasfigurato i criminali in tutta la loro
comunità.
Prendete lezione
ed esempio dall’ex Generale Luciano Garofano: «Ma io ho avuto sempre forti
dubbi su quella che è la conclusione dell’autorità giudiziaria. Per altro,
scusatemi, io sono molto rispettoso, ma non credo che sia un bello spettacolo
che le motivazioni escano dopo 11 mesi (primo grado) e dopo otto mesi
(appello). Significa che noi non vogliamo contribuire ad un paese in cui il
processo sia giusto ed in cui le persone si possano anche difendere. E non
credo a tantissimi degli elementi a partire dal movente. Perché questo è un
movente assolutamente inconsistente. Peraltro con il prof. Picozzi ci siamo
occupati di questo caso. E anche nell’incidente probatorio, che fu considerato
il trionfo della prova, effettivamente ci rendemmo conto che c’era qualche cosa
che non funzionava. Tra le tante cose, ma voi ve lo immaginate un papà che è
pronto a coprire immediatamente un omicidio che non ha motivo d’essere. Già
pronto, confeziona quel corpo, lo porta via. Insomma, per non parlare poi di
altri particolari che riguardano le intercettazioni. Il punto in cui avrebbero
telefonato e non telefonato. Una mamma che rincorre Sarah, per riprenderla,
così poi che l’hanno acchiappata, scusate il termine, possono finalmente
portarla a casa ed eliminarla? Io credo che ci siano ancora molti dubbi e spero
che la Giustizia, come sempre trionfi con puntualità.»
Il Prof. Massimo
Picozzi conferma: «I dubbi li condivido con il generale Garofano che ho sentito
di questo famoso incidente probatorio, in cui Michele Misseri raccontò un po'
tutta la vicenda. Ricordiamo poi, molta della credibilità, pochissima, che poi
lo zio Michele, come lo abbiamo imparato a conoscerlo, si è portato appresso,
derivò anche dal fatto che lui disse “io ho ucciso questa poveretta. E' stata
uccisa con una corda, anziché con una cintura". Ti assicuro,
l’interrogatorio di Michele Misseri fu il più suggestivo possibile. Lui
continuava a dire, ad insistere sul fatto che sulla scena ci fosse una corda.
Gli si diceva “ma è proprio una corda? E' proprio sicuro? Noi sappiamo
diversamente. Non è una cinta per caso?” Alla fine, alla quindicesima
insistenza, lui cambiò versione.
7 Ottobre 2010 -
La criminologa Bruzzone: "Misseri un pedofilo assassino". Ma poi
cambia diagnosi!
Ed a proposito
di credibilità.
Esattamente il 7
ottobre 2010 sul Tgla7, la dottoressa Bruzzone diceva, a proposito del Misseri:
«Non credo francamente che questa vicenda sia nata quarantadue giorni fa. Non
penso che il 26 agosto sia l'unico momento in cui questa persona soggetto ha
avuto un interesse sessuale per un minore. Parliamo di un pedofilo assassino e
questo tipo di soggetti difficilmente a quell'età ha il proprio ingresso nella
vita criminale per cui purtroppo c'è da indagare in maniera molto più allargata
nella vita di quest'uomo e sono convinta che emergeranno elementi ancora più
inquietanti...» Allorché la giornalista chiedeva alla dottoressa Bruzzone se
secondo lei il Misseri avesse avuto dei complici, lei rispondeva testualmente
che non lo riteneva proprio veritiero: «Penso che sia assolutamente probabile
che questa persona abbia commesso tutto da sola. Non ci vedo nulla di
impossibile per una persona soltanto... Ha fatto quello che ha fatto, ha
abusato del corpo di questa giovane, poi ha atteso un tempo secondo me
ragionevole tanto per muoversi probabilmente magari con il favore della notte,
e portare poi il corpo là dove è stato ritrovato, celato in maniera
estremamente accurata e difficilmente ritrovabile se non su indicazione
dell'assassino, come poi effettivamente avvenuto.» Quando poi le è stato
chiesto che pena meritava quest'uomo, ha risposto senza esitare: «In questo
caso l'ergastolo penso sia impossibile non comminarlo... c'è piena
consapevolezza, c'è lucidità... probabilmente sentiremo parlare ....forse un
tentativo di stabilire una sorta di seminfermità, ma in questo caso ripeto è
assolutamente escludibile sulla base di ciò che è stato fatto da quest'uomo sia
durante la fase omicidiaria, sia nella fase successiva di occultamento del
cadavere e ahimè nella fase che ha riguardato come sembra anche la fase della
violenza sessuale...» A questo punto la giornalista chiedeva come difendersi da
questi soggetti, visto che a dire della Bruzzone uno come il Misseri doveva
essere già conosciuto come pedofilo. E a questo punto la Bruzzone è stata
quanto mai categorica: «Denunciando! Facendo emergere il tutto! facendosi
consigliare da professionisti, andando ai Centri Antiviolenza... Telefono
Rosa.... Io collaboro con loro da anni e sono assolutamente un interlocutore
preziosissimo per questi tipi di casi...». Immaginiamo cosa sarebbe successo se
Sabina Misseri si fosse recata a Telefono Rosa e avesse denunciato che da mesi
sapeva che il padre molestava Sarah e lei...Che giustizia avremmo avuto,
ascoltando oggi le parole della criminologa dottoressa Bruzzone, che dice il
contrario di tutto quanto affermato prima?
Dr Antonio Giangrande
099.9708396 – 328.9163996
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