COME TI GABBO IL POPOLINO. RIFORMA FARLOCCA DELLA
DISCIPLINA SULLA RESPONSABILITA’ CIVILE DEI MAGISTRATI.
Di Antonio Giangrande
Un passo avanti nel nulla. Però, più del nulla
assoluto di Silvio Berlusconi, che ci ha messo 20 anni per non metterci mano.
Renzi ed il partito dei giudici, invece, ci mettono mano e gridano alla riforma
per trasformare il niente. Non è stata nemmeno l’incompetenza giuridica del
Ministro della Giustizia, che per altro non è nemmeno laureato, a partorire una
nefandezza del genere, ma solo la voglia di far apparire importante una cosa
inconsistente. La riforma di facciata attinente una legge esistente che a dire
del viceministro alla Giustizia Enrico Costa “ha portato a risarcimento un
numero di cause bassissimo, stimato tra 4 e 7, non di più". E tale numero
rimane agli annali. I magistrati sghignazzano divertiti dietro un’apparente
disappunto. Tutto ciò si denota dalle blande contestazioni, che nascondono una
malcelata soddisfazione dell’ennesima vittoria delle toghe.
La responsabilità soggettiva dell’errore giudiziario è
troppo estesa, per renderne effettivo il risarcimento del danno causato,
addebitandolo ai singoli. Sono troppi i gradi intermedi e troppi i livelli di
verifica e di sindacato per prevenire il danno e se ciò non avviene è perché il
sistema si conforma a se stesso. Quindi allo stato dei fatti è impossibile
indicare il responsabile, se non coinvolgerli tutti. Accusare tutti significa
condannare nessuno.
La responsabilità dell’evento dannoso è spalmata ed
estesa tra troppi magistrati per poter rendere effettiva la pretesa di
giustizia. E lasciare in mano loro l’efficacia della giusta applicazione delle
norme di un equo e fattivo risarcimento del danno per responsabilità civile
delle toghe sembra una utopia.
Il disegno di legge n. 1626/2014 sulla riforma
della disciplina della Responsabilità civile dei Magistrati, presentato
il 24 settembre 2014 dal Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, di concerto
con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, è strutturato
in cinque articoli e interviene sulla legge 13 aprile 1988, n. 117, con la
tecnica della novella.
Un escamotage per far procedere un testo che investe
una materia su cui pendeva una procedura d'infrazione in sede Europea per
mancata applicazione del diritto comunitario e per la quale l'Italia rischiava
di pagare una multa stimata in 37 milioni di euro. Il Governo ha dato parere
negativo a tutti gli emendamenti. Il testo, il 24 febbraio 2015, è passato alla
Camera in via definitiva, dopo il sì del Senato, con 265 sì, 51 no e 63
astenuti. Astenuti Lega, Fi, Sel, Fdi e Alternativa Libera. M5S ha votato
contro. Il M5S ha votato contro il nulla e quello che è grave è che non se ne
rendono conto. La legge – dice il deputato M5S Alfonso Bonafede - è "una intimidazione
ai magistrati". "Rifiuto l'argomento dell'intimidazione", ha
risposto in Aula il ministro. "A chi parla del travisamento dei fatti e
delle prove come di un'estensione impropria, dico che questa è un'indicazione
europea, e non produce un automatismo sul magistrato, che può essere chiamato
in causa solo in caso di negligenza inescusabile". Di fatto nella
relazione che accompagna il testo sono stati inseriti "dei correttivi,
degli elementi di chiarificazione - ha spiegato la presidente della Commissione
Giustizia della Camera Donatella Ferranti - che sulla base di
un'interpretazione costituzionalmente orientata, esplicitano che il danno c'è
solo nel caso in cui il travisamento sia macroscopico e evidente ".
In questa prospettiva, l'intervento normativo
interviene sul sistema sino ad oggi disciplinato dalla legge 13 aprile 1988, n.
117, che regola il risarcimento dei danni cagionati dall'esercizio delle
funzioni giudiziarie e la responsabilità civile dei magistrati. Disciplina
adottata all'esito del referendum abrogativo degli articoli 55 e 56 del
codice di procedura civile indetto con il decreto del Presidente della
Repubblica 4 settembre 1987.
L'articolo 1 reca modifiche alla disciplina sui
presupposti della responsabilità modificando l'articolo 2 della legge Vassalli.
Il comma 1 del richiamato articolo 2 della legge n.
117 del 1988 è riformulato richiamando espressamente la responsabilità dello
Stato anche per le condotte dei magistrati onorari (fermo quanto si dirà sui
giudici popolari) ed eliminando la superabile limitazione del danno risarcibile
ai danni non patrimoniali prevista per la sola ipotesi di provvedimento cha
abbia determinato la privazione della libertà personale (lettera a)).
La lettera b) dell'articolo 1 riscrive il comma
2 dell'articolo 2 della legge Vassalli, prevedendo che l'attività di
interpretazione delle norme di diritto e di valutazione del fatto e delle prove
non determina responsabilità se non nel caso di dolo del magistrato e laddove
l'interpretazione si risolve in una violazione manifesta della legge o la
valutazione dei fatti e delle prove in un travisamento degli stessi.
La lettera c) riscrive il comma 3 dell'articolo
2 della legge n. 117 del 1988 individuando, quale ipotesi di colpa grave
predeterminata per legge, la violazione manifesta della legge e del diritto
dell'Unione europea ovvero il travisamento del fatto o delle prove.
Va rilevato che, andando oltre alle esigenze di
compatibilità col diritto dell'Unione, viene esteso l'ambito di operatività
della responsabilità dei magistrati all'ipotesi di violazione manifesta anche
del diritto interno da parte di organi giurisdizionali anche non di ultimo
grado. Un’eventuale distinta considerazione, sotto questo profilo, del diritto
dell'Unione europea e del diritto interno avrebbe potuto essere considerata del
tutto improponibile sotto il profilo della razionalità e della ragionevolezza
(articolo 3 della Costituzione) e sotto l'ulteriore profilo, per quanto
riguarda l'attività dei giudici, dell'osservanza della Costituzione e delle
leggi (ovviamente anche interne) come sancita dall'articolo 54 della
Costituzione.
Dalla lettera d) dell'articolo illustrato è
aggiunto il comma 3-bis all'impianto originario dell'articolo 2 della
legge n. 117 del 1988. Vengono individuati, sulla scorta della giurisprudenza
della Corte di Lussemburgo, una serie di criteri volti a determinare i casi in
cui sussiste la violazione manifesta della legge e del diritto dell'Unione
europea.
Per la violazione manifesta della legge e del diritto
dell'Unione i criteri predetti sono il grado di chiarezza e precisione delle
norme violate, l'inescusabilità e la gravità dell'inosservanza. In particolare
per la violazione manifesta del diritto dell'Unione europea deve inoltre
tenersi conto della posizione adottata eventualmente da un'istituzione
dell'Unione europea, nonché della mancata osservanza dell'obbligo di rinvio
pregiudiziale ai sensi dell'articolo 267, terzo comma, del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea.
L'articolo 2 del provvedimento illustrato prevede
l'abrogazione del procedimento di ammissibilità della domanda (il cosiddetto
filtro all'azione di responsabilità) in chiave di semplificazione e maggiore
effettività della tutela riparatoria accordata al danneggiato.
L'articolo 3 reca modifiche all'azione di rivalsa come
disciplinata dagli articoli 7 e 8 della legge n. 117 del 1988, in particolare
nel senso:
di mantenere il presupposto soggettivo di questa
azione civile in termini di negligenza inescusabile;
di elevare a tre anni il termine entro cui lo Stato
esercita l'azione nei confronti del magistrato;
di rendere espressamente obbligatoria l'azione di
rivalsa stessa;
di razionalizzare il regime della rivalsa nei
confronti dei magistrati onorari, ancorandola ai presupposti comuni di dolo e
negligenza inescusabile, in tutti i casi diversi da quelli dei giudici popolari
che resteranno responsabili solo per dolo (sul punto si veda la sentenza della
Corte costituzionale n. 18 dell’11 gennaio 1989).
Modificando l'articolo 8, comma 3, della legge n. 117
del 1988, la misura della rivalsa viene elevata da un terzo alla metà di una
annualità dello stipendio del magistrato responsabile. Analogamente viene
elevata ad un terzo la rata mensile dello stipendio del magistrato la quota
espropriabile con esecuzione forzata.
Sostituendo l'articolo 9 si stabilisce (mutuando una
previsione dell'abrogato articolo 5 sul cosiddetto filtro di ammissibilità) che
il tribunale adito per il giudizio di rivalsa ordina in ogni caso la
trasmissione di copia degli atti ai titolari dell'azione disciplinare; per gli
estranei che partecipano all'esercizio di funzioni giudiziarie la copia degli
atti sarà trasmessa agli organi ai quali compete l'eventuale sospensione o
revoca della loro nomina.
Resta ferma l'immutata autonomia del giudizio
disciplinare (attivabile anche prima e a prescindere da quello civile) rispetto
al processo civile anche in sede di rivalsa.
Le modifiche apportate all'azione di rivalsa
intercettano anche un generale consenso parlamentare, evidenziato da iniziative
attualmente in discussione nelle due Camere.
L'articolo 4 reca disposizione finanziaria con norma
di copertura degli oneri derivanti dall'applicazione della legge. È prevista
l'effettuazione del monitoraggio degli oneri ai sensi della legge n. 196 del
2009.
Il testo si chiude con la norma sull'efficacia della
normativa (articolo 5), che è previsto che si applichi ai fatti illeciti posti
in essere dal magistrato successivamente all'entrata in vigore della nuova
normativa.
Più che un intervento legislativo a tutela dei
cittadini è la tacitazione dell’opprimente e vessatoria ingerenza dell’Unione
Europea negli interesso italiani.
Va rilevato che la sentenza Traghetti del
Mediterraneo e la successiva Commissione/Repubblica italiana sono
sulla stessa linea della legge n. 117 del 1988 sia sul punto che è lo Stato a
dover rispondere degli errori dei giudici, sia sul punto che la responsabilità
dello Stato per gli errori dei giudici si concretizza solo a seguito di una
violazione «imputabile a un organo giudiziario di ultimo grado».
Piuttosto -- secondo le due sentenze della Corte di
Lussemburgo -- ciò che urta contro il diritto dell’Unione europea, dei precetti
contenuti nel vecchio articolo 2 della legge n. 117 del 1988, è che il danno
risarcibile provocato da un giudice non possa derivare anche da interpretazioni
di norme di diritto o da valutazioni di fatti e prove (comma 2); e che, in casi
diversi dall'interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione di fatti e
di prove, possano essere imposti, per la concretizzazione della responsabilità
dei giudici, «requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di
una manifesta violazione del diritto vigente» (comma 1).
Con l'intervento regolatorio che si è approvato, che
conserva il sistema misto di responsabilità civile dei magistrati della legge
Vassalli, strutturato cioè sulla responsabilità diretta dello Stato (in
funzione compensativo-satisfattoria) e su quella, in sede di rivalsa, del
magistrato (in funzione preventivo-punitiva), si intendono soddisfare le
esigenze di compatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea:
modulando lo spettro della responsabilità dello Stato
sulla violazione del diritto ovvero sul travisamento del fatto e delle prove,
purché manifesti, quali ipotesi paradigmatiche di colpa grave che qualifica
l'illecito riferibile a tutte le magistrature, anche quella onoraria;
adeguando di conseguenza la cosiddetta clausola di
salvaguardia per l'attività di interpretazione delle norme di diritto e di
valutazione del fatto e delle prove nel senso di non prevederne l’operatività
in caso di dolo del magistrato e laddove l'interpretazione si risolva in una
violazione manifesta della legge e la valutazione dei fatti e delle prove in un
travisamento degli uni e delle altre.
Ancora, l'intervento normativo incontra l'esigenza di
rendere più immediata ed effettiva la responsabilità del magistrato, in specie
per il recupero di quanto pagato dallo Stato, attraverso:
l'eliminazione del filtro oggi posto all'azione
di risarcimento costituito da un procedimento di ammissibilità della domanda
giudiziale;
la modifica della disciplina dell'azione di rivalsa
che lo Stato responsabile è chiamato a promuovere nei confronti del magistrato
autore della condotta illecita, per negligenza inescusabile, in tre direzioni:
chiarire la natura obbligatoria dell'azione che lo
Stato promuove nei confronti del magistrato per il recupero di quanto pagato al
danneggiato;
aumento del tempo utile per proporre la domanda di
rivalsa da parte dello Stato;
congruo incremento della misura della rivalsa stessa,
fino alla metà dell'annualità dello stipendio del magistrato;
la precisazione in senso rafforzativo dei rapporti tra
responsabilità civile e disciplinare.
Ma ai neofiti del diritto prospettiamo l’applicazione
esemplare e pratica della norma e quindi la sua inefficacia.
La responsabilità civile del magistrato consegue ad un
danno riconducibile a colpa grave o dolo: si desume, quindi, che l’evento
dannoso sia conclamato se non al grado definitivo. Ad un attenta analisi ci si
accorge, però, che ci sono troppi gradi intermedi e troppi livelli di verifica
e di sindacato per prevenire il danno e se ciò non avviene è perché il sistema
si conforma a se stesso. Quindi allo stato dei fatti è impossibile indicare il
responsabile, se non coinvolgerli tutti. Accusare tutti significa condannare
nessuno.
L’indennizzo per questioni oggettive già c’è:
per le lungaggini del processo c’è la legge Pinto,
anche se con le novelle intervenute è stata resa inefficace;
per la illecita detenzione c’è la soddisfazione
monetaria da parte della Stato.
Ma se si va a pretendere il risarcimento soggettivo al
singolo magistrato per il maggior danno dovuto ad errore giudiziario ecco che
alzano le scuri a difesa della categoria togata.
Prendiamo per esempio un evento dannoso nel processo
penale per un imputato risultato innocente per assoluzione o per revisione, ma
che nelle trame del processo ha perso tutto: chi è il responsabile?
E’ il Pubblico Ministero che si è prodigato a
sostenere un'accusa inconsistente fondata su teoremi farlocchi?
E’ il GIP che ha convalidato il suo operato?
E’ il GUP che ha confermato la sua accusa?
E’ il giudice monocratico o i giudici di Corte di
Assise che hanno approvato la tesi accusatoria?
E’ il giudice d’appello o i giudici di Corte di Assise
di Appello che hanno avvalorato la condanna?
Sono gli ermellini di Cassazione che hanno accreditato
l'operato sottostante?
La responsabilità dell’evento dannoso è spalmata ed
estesa tra troppi magistrati per poter rendere effettiva la pretesa di
giustizia. E lasciare in mano loro l’efficacia della giusta applicazione delle
norme di un equo e fattivo risarcimento del danno per responsabilità civile
delle toghe sembra una utopia.
Cosa diversa sarebbe stata se si fosse prevista una
autorità sanzionatoria slegata alla categoria delle toghe, come per esempio il
difensore civico giudiziario, o almeno che fosse mista: magistratura, avvocatura,
politica: Non sarebbe cambiato nulla, comunque, ma almeno una parvenza di
imparzialità ci sarebbe stata.
Naturalmente legge vera di tutela del cittadino
sarebbe stata adottata, se essa avesse preveduto la responsabilità civile dei
magistrati per colpa semplice o dolo, partendo dall'effettivo dato oggettivo
come è quello dell'evento dannoso, e da lì partire con la quantificazione
monetaria dello stesso, da soddisfare con la polizza assicurativa che i
magistrati già hanno e che dovrebbero pagare di tasca propria.
Dr
Antonio Giangrande
Presidente
dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
099.9708396
– 328.9163996
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