Si
stava meglio quando si stava peggio?
Italia,
declino inevitabile: dove andremo a finire?
A
leggere i giornali od a seguire i Tele Giornali o i talk show in tv cerco di
carpire qualche notizia che parli di me: di me cittadino. Cerco qualcuno che
parli dei miei problemi.
La
pagina politica parla delle solite promesse, dei soliti sprechi e dei soliti
privilegi.
La
pagina della giustizia parla dei soliti morti, dei soliti arresti e delle
solite condanne, oltre che della solita mafia: una rassegna dei successi di
magistrati e forze dell’ordine, insomma.
La
pagina degli esteri parla delle solite guerre e dei soliti cattivi da
eliminare.
La
pagina finanziaria parla di default, tasse e soldi per lo Stato che non bastano
mai e della ovvia evasione fiscale dei soliti ricchi.
Per
lo spettacolo e lo sport la solita rassegna di pettegolezzi di star e starlette
senza arte né parte.
A
parer dei media sembra che la vita scorra monotona lungo questi binari, salvo
qualche problema che, però, a parer dei lettori e telespettatori, appare
colpire solo gli altri.
Ma
non è così. A spulciare nelle notizie, c’è tutta una quotidianità di cui
nessuno parla: la lotta alla sopravvivenza delle famiglie italiane nella
assoluta solitudine e nel generale sottaciuto abbandono.
Chi
ha qualche anno di vita, (chi troppi, chi pochi) ricorda che:
prima
il potere era del popolo: oggi non più, il potere è delle mafie, delle caste,
delle lobbies e delle massonerie deviate;
prima
c’era meno illegalità, meno obblighi, meno sanzioni e c’erano meno leggi da
rispettare, specie quelle a carattere emergenziale: oggi anche un giurista
insigne pecca di ignoranza giuridica;
prima
nel nome della legalità c’era meno illegalità ed iniquità: oggi l’ingiustizia
abbonda e gli abusi di potere strabordano;
prima
c’era più rispetto e credibilità negli anziani, nei magistrati e nelle
istituzioni: oggi non ci sono più esempi degni da seguire e non abbiamo stima
nemmeno per noi stessi;
prima
pur con tangentopoli, c’era meno ladrocinio e le mafie non avevano invaso
l’Italia: oggi la corruzione e l’abuso di potere è la normalità e la mafia è
dappertutto;
prima
l’usuraio era l’amico: oggi non più, usuraio è lo Stato o le banche;
prima
si pagava un decimo di tributi rispetto ad oggi e si otteneva 10 volte tanto in
termini di servizi;
prima
nella disgrazia potevi parlare con il politico che votavi ed il minimo che
succedeva era che ti ascoltava ed il favore lecito, spesso, ci scappava: oggi
non è più così, perché i politici sono tutti degli emeriti sconosciuti e se ti
rapporti con loro disattendono il loro mandato;
prima
nell’errore speravi nella coscienza delle istituzioni e tutto si aggiustava
secondo equità: oggi non è più così, perché più che il principiò di legalità
vale l’interesse estremo a punire, per salvaguardia finanziaria del proprio
status di sanzionatore;
prima
c’era più Empatia, ci si metteva nei panni dell’altro, si condividevano
sentimenti, emozioni e sofferenze: oggi non più, c’è più Dispatia, ovvero
l'incapacità o il rifiuto di condividere i sentimenti o le sofferenze altrui,
ovvero più c’è più Alessitimia, ossia il disturbo specifico nelle funzioni
affettive e simboliche che spesso rende sterile e incolore lo stile
comunicativo delle persone;
prima
nell’avversità c’era qualcuno che pubblicamente denunciava sui giornali la tua
questione: oggi la notizia è omologata nella censura e se, al contrario, è resa
pubblica, lo scandalo non produce effetti;
prima
nell’avversità c’era una famiglia, spesso numerosa e con genitori pensionati,
che ti sosteneva: oggi siamo soli nell’indifferenza, nell’indisponenza,
nell’insofferenza e gli anziani non hanno più figli al capezzale ma solo
badanti straniere;
prima
si era più ricchi di affetti e di beni materiali: oggi amici non ne hai ed i
parenti meglio non averli e se hai un bene materiale te lo toglie la
criminalità o lo Stato;
prima
nel bisogno il lavoro era tutelato e comunque si trovava, anche negli uffici di
collocamento, o addirittura anche a nero o sottopagato: oggi non più
assolutamente, nonostante i centri per l’impiego e le agenzie interinali;
prima
a veder un clandestino era un’eccezione, oggi è la regola;
prima
gli unici ad essere discriminati erano i meridionali: oggi si discrimina tutto
e tutti e si uccide per questo (religione, razza, sesso, ideologia politica,
tifo sportivo, gusti sessuali, ecc.);
prima
si era più sinceri e diretti: oggi si è politicamente corretti, perbenisti e
buonisti, ossia più demagoghi, utopistici, falsi e bugiardi;
prima
nell’intraprendenza l’agricoltura, l’allevamento, la pesca, nonostante i
disastri meteorologici, erano attività in cui si riusciva ad andare avanti:
oggi le campagne sono abbandonate, troppi, cavilli, oneri e spese;
prima
nel rischio le imprese, grandi o piccole, riuscivano a produrre reddito: oggi
non più, perché sono vessate dallo Stato da controlli, oneri, cavilli e
balzelli e tributi e comunque da questo Stato non tutelate dalla competitività
estera, o taglieggiate dalla criminalità, o sequestrate e portate al fallimento
dallo stesso Stato perché accusate di essere colluse con la criminalità, o,
seppur operanti da decenni, chiuse ora perché inquinanti;
prima
le professioni si potevano esercitare: oggi non più, perché hanno chiuso gli
ospedali ed i tribunali ed impediscono di esercitare. Prendiamo per esempio la
professione di avvocato. Hanno chiuso moltissimi tribunali. Hanno impedito la
tutela legale per i sinistri stradali e le sanzioni amministrative. Settori
utili per i neo professionisti. Non sono certo, però, diminuite, come promesso,
le polizze assicurative. Hanno eliminato di fatto il gratuito patrocinio, con
condanne inevitabili per gli indigenti, ed in generale il ricorso all’autorità
giudiziaria, con il contributo unico unificato elevato. Tra Giudici onorari di
Tribunale, Giudici di Pace, Conciliazione obbligatoria e Negoziazione assistita
hanno eliminato quasi tutto il lavoro dei magistrati togati, impegnati come
sono a fare esclusivamente politica, ma la lentezza della giustizia è
rimasta. Hanno imposto ai giovani avvocati in tempo di crisi l’iscrizione alla
Cassa Forense ed imposto in tempo di vacche magre l’esercizio della professione
legale in maniera continuativa e prevalente. Ecco i punti fissati dal Governo:
a) la
titolarità di una partita Iva;
b) l’uso di
locali e di almeno un’utenza telefonica destinati allo svolgimento
dell’attività professionale, anche in forma collettiva (associazione
professionale, società professionale, associazione di studio con altri
colleghi);
c) la
trattazione di almeno 5 affari per ogni anno dei 3 presi in considerazione,
anche se l’incarico è stato inizialmente conferito ad altro legale;
d) la
titolarità di un indirizzo Pec comunicato al Consiglio dell’ordine;
e) l’avere
assolto l’obbligo di aggiornamento professionale secondo modalità e condizioni
stabilite dal Cnf;
f)la stipula
di una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile che deriva
dall’esercizio della professione;
g)la
corresponsione dei contributi annuali dovuti al Consiglio dell’ordine;
h) il
pagamento delle quote alla Cassa di previdenza forense.
Sig.
direttore, lei, meglio di me, sa che prima si poteva criticare e protestare:
oggi non più perché abbiamo un bavaglio. Tra la legge sulla privacy e lo
spauracchio delle norme penali sulla diffamazione tutto ciò è impedito.
Oggi non
puoi nemmeno recriminare con una imprecazione: “Italia di Merda” perchè segue
una condanna certa.
Allora sig.
direttore…si stava meglio quando si stava peggio? E dove andremo a finire? E
comunque, per gli italiani perché non vale la teoria sull’evoluzione
migliorativa naturale della specie?
Dr
Antonio Giangrande
Presidente
dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
099.9708396
– 328.9163996
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