L’ITALIA DEGLI
IPOCRITI. GLI INCHINI E LA FEDE CRIMINALE
L’italiano
è stato da sempre un inchinante ossequioso. Ti liscia il pelo per fottersi
l’anima.
Fino
a poco tempo fa nessuno aveva mai parlato di inchini. Poi i giornali, in riferimento
alla Concordia, hanno parlato di "Inchini tollerati". Lo sono stati
fino a qualche ora prima della tragedia sulla Costa Concordia che ha provocato
morti e feriti incagliandosi sulla scogliera davanti al porto dell'Isola del
Giglio. Repubblica.it lo ha documentato: nei registri delle capitanerie di
porto che dovrebbero controllare il traffico marittimo, emerge che la
"Costa Concordia" - così come tutte le altre navi in zona e in
navigazione nel Mediterraneo e nei mari di tutto il mondo - era "seguita"
da Ais, un sistema internazionale di controllo della navigazione marittima che
è stato attivato da alcuni anni e reso obbligatorio da accordi internazionali
dopo gli attentati dell'11 settembre (in funzione anti-terrorismo) e dopo tante
tragedie del mare avvenute in tutto il mondo. Si è scoperto così che quel
passaggio così vicino all'isola del Giglio era un omaggio all'ex comandante
della Costa Concordia Mario Palombo ed al maitre della nave che è dell'isola
del Giglio. Si è scoperto anche che per ben 52 volte all'anno quella nave aveva
fatto gli "inchini". Inchini che fino al giorno prima, fino a prova
contraria, erano stati tollerati: nessuno fino ad allora aveva mai chiesto
conto e ragione ai comandanti di quelle navi. Nessuno aveva cercato di capire perché
passassero così vicini alla costa dove per legge è anche vietato (se una
piccola imbarcazione sosta a meno di 500 metri dalle coste, se beccata dalle
forze dell'ordine, viene multata perché vietato). Figuriamoci se a un bestione
come la Costa Concordia è consentito "passeggiare" in mezzo al mare a
150-200 metri dalla costa. Il comandante Schettino, come confermano le indagini
e le conversazioni radio con la capitaneria di porto di Livorno, ha fatto
errori su errori, ma nessuno prima gli ha vietato di avvicinarsi troppo
all'isola del Giglio. Quando si è incagliata era troppo tardi.
Da
un inchino ad un altro. Dopo il 2 luglio 2014 l’anima italica, ipocrita
antimafiosa, emerge dalle testate di tutti i giornali. I moralisti delle virtù
altrui, per coprire meglio le magagne governative attinenti riforme
gattopardesche. Si sa che parlar dei mondiali non attecchisce più per la male
uscita dei pedanti italici. Pedanti come ostentori di piedi pallonari e non di
sapienza. Lo dice uno che sul tema ha scritto un libro: “Mafiopoli. L’Italia
delle mafie”.
Una
protesta plateale. Se la Madonna fa l’inchino ai boss, i carabinieri se ne
vanno. Se i fedeli e le autorità, civili e religiose, si fermano in segno di
“rispetto”, davanti alla casa del mafioso, le forze dell’ordine si allontanano,
in segno di protesta. E ne diventano eroi. Tanto in Italia basta poco per
esserlo. È successo il 2 luglio 2014, a Oppido Mamertina, piccolo paese in
provincia di Reggio Calabria, sede di una sanguinosa faida tra mafiosi: durante
trenta secondi di sosta per simboleggiare, secondo tutti i giornali, l’inchino
al boss Giuseppe Mazzagatti, i militari che scortavano la processione religiosa
si sono allontanati. Tutti ne parlano. Tutti si indignano. Tutti si
scandalizzano. Eppure l’inchino nelle processioni è una tradizione centenaria
in tantissime località del sud. Certo è che se partiamo con la convinzione
nordista mediatica che il sud è terra mafiosa, allora non ci libereremo mai dei
luoghi comuni degli ignoranti, che guardano la pagliuzza negli occhi altrui.
Gli inchini delle processioni si fanno a chi merita rispetto: pubbliche
istituzioni e privati cittadini. E’ un fatto peculiare locale. E non bisogna
additare come mafiosi intere comunità (e dico intere comunità), se osannano i
singoli individui e non lo Stato. Specie dove lo Stato non esiste. E se ha
parvenza di stanziamento, esso dà un cattivo esempio. A volte i giudizi dei
tribunali non combaciano con quelle delle comunità, specie se il reato è per
definizione nocumento di un interesse pubblico. Che facciamo? Fuciliamo tutti
coloro che partecipano alle processioni, che osannano chi a noi non è gradito? A
noi pantofolai sdraiati a centinaia di km da quei posti? Siamo diventati,
quindi, giudici e carnefici? Eliminiamo una tradizione centenaria per non
palesare il fallimento dello Stato?
Dare
credibilità agli amministratori locali? Sia mai da parte dei giornali. Il
sindaco di Oppido Mamertina, Domenico Giannetta, ha rilasciato un lungo
comunicato per spiegare l'accaduto «Noi siamo una giovane amministrazione che
si è insediata da 40 giorni e non abbiamo nessuna riverenza verso un boss. Se i
fatti e le motivazioni di quella fermata sono quelli ricostruiti finora noi
siamo i primi a condannare e a prendere le distanze», spiega Domenico
Giannetta, sindaco di Oppido Mamertina. «A quanto appreso finora - spiega
ancora il sindaco - la ritualità di girare la madonna verso quella parte di
paese risale a più di 30 anni, ma questa - chiarisce Giannetta - non deve
essere una giustificazione. Se la motivazione è, invece, quella emersa
condanniamo fermamente. Noi - sottolinea - siamo un’amministrazione che vuole
perseguire la legalità. Ci sentiamo come Amministrazione Comunale
indignati e colpiti nel nostro profilo personale e istituzionale. Era
presente al corteo religioso tutta la Giunta Comunale, il Presidente del
Consiglio Comunale, il Comandante della Polizia Municipale e il Comandante
della Stazione dei Carabinieri di Oppido. Giunti all'incrocio tra via Ugo
Foscolo e Corso Aspromonte, nel seguire il Corteo religioso tutti i predetti
camminando a piedi svoltavamo a sinistra, circa 30 metri dietro di noi vi erano
i presbiteri e ancora dietro la vara di Maria SS. Delle Grazie. Mentre tutti
procedevamo a passo d'uomo la vara si fermava all'intersezione predetta e
veniva girata in direzione opposta al senso di marcia del Corteo, come da
tradizione. Peraltro, nell'attimo in cui i portatori della vara hanno espletato
tale rotazione, improvvisamente il Comandante della Stazione locale dei
Carabinieri che si trovava alla destra del Sindaco si è distaccato dal Corteo,
motivando che quella gestualità era riferibile ad un segno di riverenza verso
la casa di Mazzagatti. Sentiamo dunque con sobrietà di condannare il gesto se
l'obiettivo era rendere omaggio al boss, perché ogni cittadino deve essere
riverente alla Madonna e non si debba verificare al contrario che per volontà
di poche persone che trasportano in processione l'effigie, venga dissacrata
l'onnipotenza divina, verso cui nessun uomo può osare gesto di sfida. Dal canto
nostro nell'immediatezza del fatto, nel dubbio abbiamo agito secondo un
principio di buon senso e non abbiamo abbandonato il Corteo per non creare
disagi a tutta la popolazione oppidese ed ai migliaia di fedeli che giungono
numerosi da diversi paesi ed evitare il disordine pubblico».
Se
non vanno bene, possiamo cambiare le regole. Bene ha fatto a centinaia di km in
quel di Salerno il clero locale. Meno applausi e più preghiere, affinchè la
processione di San Matteo ritorni ad essere «un corteo orante» e non un teatro
o un momento «di interessi privatistici», scrive “La città di Salerno”.
L’arcivescovo Luigi Moretti annuncia così le nuove “regole” che, in linea con
la Cei, caratterizzeranno la tradizionale celebrazione dedicata al Santo
Patrono, invitando tutti - fedeli, portatori, istituzioni - a recuperare il
senso spirituale della manifestazione. Non sono previste fermate dinanzi alla
caserma della Guardia di Finanza, nè dinanzi al Comune. Aboliti gli
“inchini” delle statue che per nessuna ragione dovranno fermarsi sulla soglia
di bar e ristoranti, visto che «sono i fedeli che si inchinano ai Santi e non
il contrario». Nessuna “ruota” delle statue, fatta eccezione per tre momenti di
sosta all’altezza di corso Vittorio Emanuele, corso Garibaldi e largo Campo. I
militari che sfileranno dovranno essere rigorosamente non armati e le bande
saranno ridotte ad un unica formazione. Le stesse statue saranno compattate «in
un blocco unico per evitare dispersioni». Nei giorni che precedono la
processione saranno organizzate iniziative nelle parrocchie della zona
orientale, «che prima erano tagliate fuori dalla celebrazione». Il corteo sarà
aperto da croci e candelabri, poi le associazioni, con l’apertura anche a
quelle laiche, altra novità di quest’anno. A seguire la banda, le statue, il
clero «su doppia fila», l’arcivescovo che precederà San Matteo e dietro i
Finanzieri, il Gonfalone del Comune e le autorità con il popolo. Durante la
sfilata «si pregherà e verranno letti dei brani del Vangelo». No ai buffet
allestiti per ingraziarsi il politico di turno con brindisi e pizzette.
«Quelle, se i fedeli vorranno, potranno recapitarle a casa dei portatori», ha
ironizzato Moretti. «Ben venga chi vuole offrire un bicchiere d’acqua a chi è
impegnato nel trasporto delle statue, ma il resto no, perchè c’è un momento per
fare festa ed uno per pregare».
In
conclusione sembra palese una cosa. Gli inchini nelle processioni non sono
l’apologia della mafia, ma spesso sono atti senza analisi mediatica
dietrologica. Molte volte ci sono per ingraziarsi, da parte dei potenti, fortune
immeritate. Sovente sono un segno di protesta contro uno Stato opprimente che
ha vergognosamente fallito.
L’italiano
è stato da sempre un inchinante ossequioso. Ti liscia il pelo per fottersi
l’anima. Si inchina a tutti, per poi, un momento, dopo tradirlo. D'altronde ognuno
di noi non si inchina a Dio ed ai Santi esclusivamente per richieste di
tornaconto personale? Salute o soldi o carriera?
Ricordatevi
che lo sport italico è solo glorificare gli appalti truccati ed i concorsi
pubblici falsati.
Dr
Antonio Giangrande
Presidente
dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
099.9708396
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