Ritardi, disservizi e cose varie…….negli
uffici pubblici.
Esercizio di un privilegio o abuso del
diritto a danno dei più deboli?
Per esempio, 10 minuti di pausa
ogni ora per l’unico terminalista e, al fine dell’esenzione per reddito, essere
considerati disoccupati solo se si è cessato un lavoro dipendente. Per chi non
ha mai trovato lavoro e per chi da anni ha chiuso bottega: niente!!!
Mi capita spesso di vedere cose strane
in giro per l’Italia, che regolarmente riporto nei miei libri, giacchè il mio
lavoro di sociologo storico lo impone.
Mi viene il dubbio, però, che io sia più
un alienato che un alieno, tenuto conto che quello che vedo io, gli altri non
lo vedono.
Per esempio parliamo dell’ufficio
anagrafe dell’ASL TA presso l’ospedale di Manduria. In quell’ufficio le esenzioni
per reddito vengono rilasciate dopo circa un mese dalla loro richiesta. Non so
quanti addetti ci lavorino dentro, ma, spesso, c’è un solo sportello front
office operativo. Ergo, vi è sempre una fila bestiale e non raramente cessano
la distribuzione dei numerini del turno giornaliero di fila. Nell’attesa del proprio
turno, però, non si può fare a meno di leggere tutti gli avvisi appesi al muro.
Nell’imbarazzo non ti rapporti con il vicino per evitare di tediarlo ed allora gli occhi cadono su quei pezzi di carta
indistinti affissi alle pareti ed inizi a leggere, giusto per darti l’aria di
essere affaccendato in altro ed evitare, quindi, di attaccar bottone.
L’occhio, anzi, tutt’e due, questa volta
mi son caduti su un avviso che diceva: “AVVISO. Il termine disoccupato è
riferito esclusivamente al cittadino che abbia cessato per qualunque motivo
(licenziamento, dimissioni, cessazione di un rapporto a tempo determinato)
un’attività di lavoro dipendente e che sia iscritto al centro per l’impiego in
attesa di nuova occupazione. Non è considerato disoccupato né chi ha mai
lavorato, né chi ha cessato un lavoro autonomo”. La sottolineatura era
apposta per evidenziare il concetto.
Da lasciare sgomenti, specie nella terra
di Niki Vendola, leader di SEL, il porta bandiera della sinistra. Sono rimasto
indignato dal fatto su come si possa pensare che uno che sta a casa senza
lavoro da sempre, sia diverso da un altro che sta a casa dopo essere stato
licenziato. Va be’! I meandri della burocrazia sono infiniti, dirà qualcuno … che
sicuramente non conosce l’art. 3 della Costituzione. Ma come disse Dante, ….non
ragioniam di loro, ma guarda e passa.
Ed io nella lunga attesa di ore son
passato oltre….ad un altro cartello, in cui era scritto in maiuscolo: “L’ADDETTO
AL VIDEOTERMINALE E’ AUTORIZZATO AD UNA PAUSA DI 10 MINUTI OGNI ORA DAL MEDICO
COMPETENTE”. Il termine “pausa di 10” ed “ogni ora” è evidenziato oltre che
essere sottolineato. Tutto in rosso, come per far capire chi è che comanda
negli uffici pubblici.
Quando qualcosa non mi torna, cerco di
approfondire la tematica. E così ho fatto.
Le Pause sul lavoro: Noemi Ricci su PMI
scrive che il loro effetto benefico sulla salute è comprovato, visto che
servirebbe fisiologicamente una pausa ogni 90 minuti o massimo 120, pena la
decadenza della soglia di attenzione e quindi anche della produttività
lavorativa. Ma la gestione delle pause (sigaretta, caffè, aria fresca,..) non è
cosa facile per il datore di lavoro, che tende a prendere provvedimenti anche se
in realtà esiste una norma in materia, seppur lacunosa. Se da un lato si arriva
a obbligare i dipendenti a timbrare il cartellino quando vanno a fumare ecc.
(vedi il caso del Comune di Firenze), dall’altro ci si appella al Decreto n. 66
del 2003 secondo cui, a meno di diversi accordi contrattuali, ogni lavoratore
ha diritto ad almeno dieci minuti di pausa per ogni turno di lavoro che superi
le sei ore giornaliere (e undici ore di riposo consecutive tra un turno e
l’altro). Le modalità e la durata della pausa dovrebbero essere stabilite dai
contratti collettivi di lavoro, in difetto della quale «al lavoratore deve
essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l’inizio e la fine di
ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la
cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo
lavorativo».
Certo, è difficile quantificare il tempo
perso sul lavoro per “staccare un pò la spina”: chiacchiere tra colleghi,
telefonate e email personali, sigarette, caffè, persino l’uso del bagno!
L’argomento rimane controverso e di
difficile regolamentazione, come in molte cose quello che dovrebbe prevalere,
sia da parte dei datori di lavoro che dei dipendenti, è la misura e il buon
senso.
Cosa a parte è il lavoro al Pc. Datori
di lavoro obbligati a concedere pause ai dipendenti in caso di lavoro
continuato al videoterminale: ecco cosa prevede la legge, scrive invece Alessandro
Vinciarelli sempre su PMI. Il computer è diventato parte integrante della
vita professionale e la presenza dei computer sul posto di lavoro è diventata
la normalità. Una pervasività alla quale non fa seguito un’adeguata attenzione
agli obblighi stabiliti per legge dalla contrattazione collettiva - anche
aziendale - volta a garantire la salute sul lavoro nel caso in cui i dipendenti
aziendali utilizzino il Pc (videoterminale) per il proprio lavoro. Inizialmente
a regolamentare questo tipo di attività era l’art. 54 del d.lgs. 626/94
della contrattazione collettiva (con obbligo di concedere al lavoratore una
interruzione nel caso di lavoro continuato davanti al Pc e in assenza di una
disposizione contrattuale). Dal 15 maggio 2008 è poi in vigore il decreto
legislativo n.81 (del 9 aprile 2008) in attuazione all’articolo 1 della legge 3
agosto 2007 n. 123: anche in questo caso l’obiettivo è scongiurare i
rischi per la salute (vista, postura e affaticamento) connessi all’attività
lavorativa tramite videoterminali, confermando l’obbligo per il datore di
lavoro di tutelare i dipendenti con misure ad hoc e con interruzioni di un
quarto d’ora ogni due ore (sempre mediante pause o cambiamento di attività di
lavoro). In generale, qualora i propri impiegati svolgono la propria attività
per almeno quattro ore consecutive, a questi spetta di diritto ad una
interruzione che può essere esplicata tramite pause o mediante cambiamento di
attività. Per ogni centoventi minuti (2 ore) passati in maniera continuativa
davanti al computer il lavoratore debba avere quindici minuti interruzione, se
si raggiunge un accordo aziendale, magari per una pausa caffè – o comunque un
intervallo di tempo per “staccare” e rilassare la vista. In caso di diverse
necessità personali, il lavoratore può, presentando apposito certificato
medico, richiedere al proprio datore di lavoro di stabilire temporaneamente a
livello individuale diverse modalità e durata delle interruzioni.
Da precisare che tale obbligo deve
essere osservato dal datore di lavoro per preservare la salute sul lavoro dei
propri dipendenti, i quali possono quindi usufruire di tale diritto solo a
questo scopo. La legge non consente pertanto di cumulare le pause per entrare
dopo o uscire prima dal lavoro. Allo stesso modo la pausa deve essere
considerata parte integrante dell’orario di lavoro e quindi non può essere
riassorbita all’interno di accordi che prevedono la riduzione dell’orario
complessivo di lavoro. Infine il datore di lavoro non deve considerare pause i
tempi di attesa davanti al Pc: aspettare una risposta dal sistema elettronico è
considerato a tutti gli effetti tempo di lavoro, non potendo il lavoratore
abbandonare il posto di lavoro.
A Taranto, dove da una parte muore per
inquinamento e dall’altra i reparti ospedalieri chiudono, alla ASL di Taranto
preme proprio tutelare la salute dei suoi dipendenti. Non so se la ASL tuteli la
salute di tutti i suoi dipendenti od il benessere di quelli più furbi, con
l’aiutino del medico compiacente. Certo è che agli utenti proprio non ci pensa.
Per limitare l’isteria dei cittadini, però, potrebbe applicare agli sportelli
front office gli addetti meno cagionevoli di salute. Od aprire più di uno
sportello, affinchè di due o più addetti con salute malferma se ne sostanzi uno
per evitare inutili esasperazioni degli utenti in fila da ore. E’ superfluo,
altresì, consigliare che, al di là degli impiegati allo sportello, di
impegnarsi a smaltire in fretta l’arretrato, affinchè qualche indigente,
nell’attesa di veder concessa l’esenzione per effettuare gli esami necessari,
nel mese canonico di attesa non tiri le cuoia.
Da rimarcare il fatto che i privilegi
della funzione pubblica, con il sostegno dei sindacati, si scontra da sempre con
i diritti dei cittadini. C’è l’uniformità nazionale del fenomeno. E’ da
mentecatti, quindi, pensare che questo succeda solo a Taranto. Spesso gli
avvisi analoghi non sono affissi, ma di fatto sono operativi negli uffici
pubblici di tutta Italia . E come se lo sono!!!
Dr
Antonio Giangrande
Presidente
dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
099.9708396 – 328.9163996
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