FAME NEL MONDO. DISINFORMAZIONE E SCIENZA.
CHI HA PAURA DELLE NUOVE TECNOLOGIE: HYST ED OGM?
«Siamo un paese di truffatori, o, magari, qualcuno ha
interesse a farci passare come tali». Così afferma il dr Antonio
Giangrande, noto saggista di fama mondiale e presidente dell’Associazione
Contro Tutte le Mafie, sodalizio antimafia riconosciuto dal Ministero
dell’Interno. Associazione fuori dal coro e fuori dai circuiti foraggiati dai
finanziamenti pubblici.
«Ogni
qualvolta c’è una nuova tecnologia o una nuova terapia, che non sia abilitata e
di proprietà intellettuale delle grandi lobbies, ecco lì che interviene la
magistratura a stoppare il tutto. Dei metodi Di Bella e Stamina sono argomenti
che ho trattato nei miei libri nel tema della sanità. In questa sede voglio
parlare delle tecnologie HYST e degli OGM, trattati nei miei libri nel tema
delle frodi agro alimentari.»
“L'Italia sfamerà il Mondo grazie alla tecnica BioHyst. Gli scienziati
italiani hanno scoperto un nuovo metodo per ricavare farine proteiche dai
sottoprodotti dell’industria molitoria attraverso un processo di frammentazione
degli scarti- scrive Anna Germoni su
“Panorama” - Nel mondo, 800 milioni di persone
soffrono di fame. In Italia da alcuni anni c’è una tecnologia, denominata Hyst,
in grado di valorizzare a fini alimentari i residui di attività agricole. A
sperimentarlo un’associazione onlus, Scienza per Amore, che conta 200 soci, ha
la titolarità del brevetto e un progetto internazionale, Bits of Future:
food for all. Con questa tecnologia si ricavano farine proteiche dai
sottoprodotti dell’industria molitoria, attraverso un processo di
frammentazione degli scarti. Il ministero della Salute, il 19 dicembre del 2012
ha dato «parere positivo alla produzione e commercializzazione di integratore
alimentare di vitamina B1, manganese e fosforo prodotto con il sistema Hyst»;
anche quello delle Politiche agricole il 18 dicembre del 2012 si è espresso
favorevolmente «per la produzione e commercializzazione di frumento prodotto da
crusca». Sei paesi africani: Burkina Faso, Camerun, Congo, Ruanda, Senegal,
Somalia e Burundi, interessati a questa tecnologia, hanno ottenuto l’ok dalla
World Bank di Washington e della Banca Africana di Sviluppo di Tunisi per
installarla. L’impianto è stato sperimentato da universitari e persone
altamente qualificate che ne hanno attestato l’efficacia Fra le certificazioni,
quelle delle università de La Sapienza di Roma, di Milano, la Cattolica del
Sacro Cuore di Piacenza, l’Asl di Pavia, Confindustria energia. Il
macchinario, su cui girano miliardi di euro, viene inghiottito da due filoni
giudiziari. Da una parte i ministeri della Salute e delle Politiche
agricole, esprimono pareri favorevoli sulla validità e potenzialità di tale
impianto e della tecnologia che usa, dall’altra la polizia municipale boccia
l’utilità e l’adeguatezza del metodo Hyst. I soci della onlus hanno chiesto il
dissequestro alla Procura di Roma e che sia disposto incidente probatorio al
fine di testare l’efficacia di impianto e tecnologia alla presenza di
consulenti nominati dal giudice. Tali istanze sono state per ora
rigettate, impedendo agli indagati di smontare in concreto le accuse di vigili
urbani e PM di Roma. Chi ha titolo per valutare l’efficacia di una tecnologia,
i dicasteri competenti o la polizia municipale? I soci di una onlus che si
autofinanzia possono truffare se stessi? Chi ha interesse a bloccare questo
impianto?” Si chiede ancora Anna Germoni su “Panorama”.
“Tecnologia Hyst: truffa o
rivoluzione umanitaria? - Si chiede Patrizia Notarnicola su “L’Indro”. - La tecnologia Hyst (Hypercritical Separation
Technology) è un sistema, inventato e perfezionato negli ultimi 40 anni
dall'ingegnere Umberto Manola, per trasformare scarti dell'industria alimentare
(cruscame) e biomasse agricole (ad esempio paglia e legno) in componenti
per l'alimentazione umana, per la zootecnica e per la produzione di
biocarburanti. In poche parole, dagli scarti si otterrebbero soprattutto farine
alimentari a basso costo e senza alcun impatto ambientale, con un grandissimo
vantaggio per i Paesi più poveri.”
“Una setta? Forse solo degli illusi che voglio fare
arte e mettere a disposizione dei governi nuovi strumenti tecnologici per
sopperire alla carenza alimentare dei paesi più poveri? Sta di fatto che
l’associazione Scienza per l’Amore ha visto sequestrati preventivamente
entrambi i siti web dove promuovevano le loro attività e progetti. Il Tribunale
di Roma, con la Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia, ha
dato mandato alla Polizia locale di Roma Capitale, con il suo Gruppo di elite
sulla Sicurezza Sociale Urbana, all’oscuramento in base al Proc. Pen. N.
13650/11 R.G.I.P. e il Proc. Pen. N. 25093/10 R.G.N.R., probabilmente perché
sospettati di essere dei truffatori con il voler contribuire alla crescita e al
benessere dell’Africa, mettendo in grado gli stessi africani di sfruttare al
meglio le risorse locali, dove sono endemiche le carenza alimentari ed
energetiche - scrive Nero Penna - Il Progetto Bits of Future: Food For All
può lasciare alcuni per lo meno perplessi sulla possibilità che un macchinario
trasformi degli scarti in cibo, ma sequestrare la loro vetrina senza
specificarne le motivazioni. Bisogna diffidare dei soci e simpatizzanti
dell’associazione, e perché? Magari sono contagiosi ed è consigliabile non
stringere loro la mano. Sul sito veniva sbandierata l’adesione di una serie di
stati africani (Repubblica del Senegal, Governo di Transizione della Repubblica
Somala, Repubblica del Burkina Faso, Repubblica del Camerun, Repubblica del
Ruanda, Repubblica del Burundi, Repubblica del Congo Brazzaville) al Progetto
con lettere di ministri e rappresentanze diplomatiche. Forse sono solo il
frutto di millantato credito o come è spesso accade un’occasione per dei
governanti di fare un po’ di business?”
CHI HA PAURA DELL’OGM?
“«Ogm? L’unica cosa di cui dovete aver paura è il
terrorismo pseudo-scientifico che uccide il biotech», - scrive Emmanuele Michela su “Tempi” - Pierdomenico Perata,
rettore della Sant’Anna di Pisa, smonta tutte le leggende sugli organismi
“giornalisticamente modificati”. Ma ammette: «Purtroppo in questo campo chi fa
disinformazione è più abile di chi informa». Nel clima di sospetto che verte
attorno ai cibi transgenici la stampa ha giocato un ruolo chiave, e a Tempi
Perata cerca di fare luce sui tanti limiti e pericoli addebitati a questo
genere di colture. «Ai giornalisti piace inventare titoli a effetto. E così
nascono anche leggende che non esistono, come la “fragola-pesce”, o la storia
che i semi Ogm sarebbero sterili. Eppure, tra ricercatori, scienziati e
biotecnologi il fronte sembra compatto nel guardare con favore agli Ogm.»”
“Fino ad oggi un solo coltivatore, a Vivaro in Friuli,
aveva seminato mais ogm - su un piccolo appezzamento di poco più di mezzo
ettaro - fra proteste, denunce e mobilitazioni di ambientalisti e soprattutto
di contadini - scrive Jenner Meletti su “La Repubblica” - Adesso invece
una "Petizione pro mais transgenico Mon 810" viene firmata da oltre
600 imprenditori agricoli del mantovano (associati alla Confagricoltura) e
inviata alla Regione Lombardia.”
“Stessa biodiversità campi ogm e non. Lo indica il
primo studio sulle coltivazioni in Africa - scrive “L’Ansa” - Il primo studio
sui campi di mais geneticamente modificato (gm) in Africa indica che la
biodiversità degli insetti è uguale a quella presente nelle colture
tradizionali, sia per la varietà delle specie che per il numero di individui.
Condotto in Sudafrica e pubblicato sulla rivista Environmental Entomology, il
risultato si deve al gruppo di ricerca coordinato da Johnnie van den Berg,
della North-West University. I dati confermano quelli raccolti finora dalle
ricerche condotte in Cina, Spagna, e Stati Uniti su campi di riso, cotone e
mais gm. La biodiversità di un ecosistema agricolo, scrivono gli autori dello
studio, è importante non solo per il suo valore intrinseco, ma perché influenza
le funzioni ecologiche vitali per la produzione vegetale nei sistemi agricoli
sostenibili e nell'ambiente circostante. Una delle preoccupazioni più comuni in
merito alle colture geneticamente modificate è il potenziale impatto negativo
che potrebbero avere sulla diversità e l'abbondanza degli organismi che
ospitano, e successivamente sulle funzioni degli ecosistemi. Pertanto,
proseguono gli autori, è essenziale valutare il potenziale rischio ambientale
di queste colture e il loro effetto sulle specie. Tuttavia la valutazione
dell'impatto del granturco ogm sull'ecosistema è stata finora ostacolata dalla
mancanza di liste di controllo delle specie presenti nelle coltivazioni di
mais. Il primo obiettivo dello studio è stato quindi compilare una lista degli
insetti che popolano queste colture per confrontare la diversità e l'abbondanza
nelle coltivazioni ogm. In due anni in entrambi i campi considerati nella
ricerca sono stati censiti 8.771 insetti di 288 specie, fra decompositori,
erbivori, predatori, e parassiti. I dati indicano che, per quanto riguarda i
campi di mais in Sudafrica, ''la diversità di insetti nei sistemi agricoli ogm
- sottolinea van den Berg - è elevata come nei sistemi di agricoltura
tradizionali''.”
“La comunicazione della scienza nell’era dei social:
emozionare o informare? - Si chiede Moreno Colaiacovo su “I Mille” - Organismi
geneticamente modificati, metodo Stamina, sperimentazione animale: il dibattito
pubblico su temi scientifici è più acceso che mai. Incalzata dai media e dai
gruppi di pressione, la politica si è trovata ad affrontare – spesso con scarsi
risultati – problemi complessi, in cui l’aspetto scientifico e quello sociale
si sono mescolati a tal punto da risultare molte volte indistinguibili. E se
alla classe politica possiamo rimproverare di non aver affrontato razionalmente
questi problemi, concedendo troppo alla demagogia, d’altra parte non si può
dire che la popolazione avesse gli strumenti per valutare lucidamente le questioni
che di volta in volta venivano sollevate: raramente i media hanno scelto di
spiegare, quasi sempre hanno preferito scandalizzare, commuovere o
spaventare. Impostare un dibattito sui binari dell’emotività è il modo più
semplice per muovere le coscienze, soprattutto in un Paese come il nostro, dove
la cultura scientifica è da sempre trattata con supponenza e sospetto. Parte di
questa strategia ha a che fare con l’uso delle immagini. Puoi fare un discorso
perfettamente logico e convincente, puoi presentare numeri e tabelle, ma il
castello della razionalità crolla miseramente se dall’altra parte c’è
un’immagine vincente. Con le immagini è tutto più facile: basta una foto per
far scattare a piacimento sentimenti come la rabbia, l’indignazione, la paura,
la pietà. E i tre temi menzionati all’inizio di questo articolo, in effetti,
hanno tutti un denominatore comune: in tutti questi casi l’opinione pubblica è
stata condizionata e plasmata anche grazie all’uso di immagini forti. Immagini
che passano in TV e sui giornali, ma che diventano virali soprattutto sui
social network, Facebook in particolare. Nel caso degli OGM si è
voluto spaventare. Basta cercare “OGM” su Google per rendersene conto: le
immagini neutrali o favorevoli agli organismi geneticamente modificati sono una
minima parte rispetto ai mostruosi fotomontaggi che hanno accompagnato questa
tecnologia fin dalla sua nascita. Pensiamo alla fragola-pesce, una creatura
mitologica che è ormai entrata a far parte dell’immaginario collettivo. Una
vera e propria leggenda metropolitana che si è rivelata essere lo strumento
perfetto per allontanare l’interlocutore dal sentiero della razionalità e
spingerlo verso le pulsioni più istintive, che ci portano a fuggire da tutto
ciò che è nuovo e sconosciuto, invitandoci ad approdare al porto sicuro della
tradizione e dei bei tempi andati. Ovviamente non è mai esistita nessuna
fragola-pesce, ma l’immagine era così evocativa da resistere ancora oggi, a
distanza di anni dalla sua comparsa sui media. Cosa dire invece del metodo
Stamina? Il caso è diventato di pubblico dominio grazie alle Iene, il cui
messaggio è passato in gran parte attraverso la strumentalizzazione di immagini
di bambini malati e sofferenti. Gli scienziati, dal canto loro, hanno dovuto
subire l’accusa infamante di essere persone insensibili, fredde macchine
razionali impossibili da scalfire persino con la più straziante delle tragedie
umane. Eppure è esclusivamente con la razionalità e la lucidità che si può fare
scienza, e trasformare le nuove conoscenze in soluzioni terapeutiche concrete
ed efficaci. Ma quando dall’altra parte c’è il dolore di un bambino sbattuto in
prima pagina (o in prima serata), qualunque considerazione ancorché giusta
svanisce istantaneamente. Infine, la questione più scottante e attuale, quella
relativa alla sperimentazione animale. Anche qui, la battaglia tra le due
fazioni (perché di guerra si tratta, in molti casi) si è combattuta a suon di
immagini. I movimenti animalisti hanno fatto abbondante uso di fotografie
terribili, con animali costretti a subire tremende torture, ma non hanno
disdegnato nemmeno sapienti fotomontaggi volti a screditare quei ricercatori
che avevano difeso pubblicamente l’utilità della vivisezione (come viene
impropriamente chiamata). Poco importa se le immagini cruente di animali
straziati non corrispondano alla realtà, almeno non qui in Europa, e ancor meno
importa il fatto che circa il 92% degli scienziati ritenga che
purtroppo non si possa fare a meno della sperimentazione animale. L’impatto emotivo
di quelle foto e di quei camici insanguinati è semplicemente devastante. Le
immagini sono uno strumento potentissimo all’interno di una discussione, specie
se gli interlocutori non sono molto informati sul tema. Spesso raggiungono
l’obiettivo, muovendo le masse verso una posizione piuttosto che un’altra. E ad
avvantaggiarsene sono stati anche coloro che stanno dalla parte della scienza,
come dimostra la recente vicenda di Caterina Simonsen, suo malgrado
divenuta nel giro di poche settimane una celebrità della rete. Il
coinvolgimento emotivo è un’arma micidiale, che può essere usato sia dagli
oppositori della scienza, sia da quelli che dovrebbero esserne i paladini. Ma è
davvero la strategia migliore? Dal punto di vista etico, sfruttare immagini di
persone sofferenti per portare avanti una causa non sembra certo il massimo
della correttezza. Tuttavia, non è a questo che mi riferisco, quanto piuttosto
all’efficacia di questo approccio nel lungo periodo. Le immagini scioccanti
sono perfette per orientare l’opinione pubblica in merito al singolo episodio
(i movimenti animalisti hanno obiettivamente accusato il colpo dopo la vicenda
di Caterina), ma hanno il difetto di mancare il bersaglio grosso, quello che un
amante della scienza dovrebbe considerare come l’obiettivo prioritario:
insegnare a valutare un problema in modo razionale, informandosi e pesando
pro e contro. In teoria, viviamo in una democrazia moderna, relativamente colta
e istruita. Dovremmo quindi smetterla di trattare le persone come un gregge da
guidare da una valle all’altra ogni volta che si presenta un nuovo argomento di
discussione. Oggi è la sperimentazione animale, domani potrebbe essere
qualcos’altro. La verità è che esiste soltanto una bussola che permette di
trovare sempre, in ogni circostanza, la via giusta: è la bussola del pensiero
critico, della logica e della corretta informazione. Educare le persone a
usarla le renderà cittadini liberi, e realmente consapevoli delle proprie
opinioni. Fare informazione corretta paga. Prendiamo ad esempio il recentissimo sondaggio
IPSOS sulla sperimentazione animale: la percentuale di favorevoli saliva
dal 49% al 57% se agli intervistati venivano fornite informazioni di base
sull’argomento. In modo analogo, all’ultimo Festival della Letteratura di Mantova,
il ricercatore Dario Bressanini e la giornalista Beatrice Mautino erano
riusciti a vincere un confronto Oxford-style sul tema degli OGM,
convincendo molti scettici a passare dalla loro parte. Comunicare la scienza in
modo pacato, chiaro e oggettivo rimane ancora la strategia vincente. Anche nell’era di Twitter e
Facebook.”
Dr
Antonio Giangrande
Presidente
dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
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