Il Diritto di
Citazione e la Censura dei giornalisti.
Il
Commento di Antonio Giangrande.
Nel
libro di Antonio Giangrande “L’Italia dei Misteri” di centinaia di pagine,
veniva riportato, con citazione dell’autore e senza manipolazione e commenti, l’articolo
del giornalista Francesco Amicone, collaboratore de “Il Giornale”. Articolo di un
paio di pagine che parlava del Mostro di Firenze ed inserito in una più ampia
discussione in contraddittorio. L’Amicone, pur riconoscendo che non vi era
plagio, criticava l’uso del copia incolla dell’opera altrui. Per questo motivo
ha chiesto ed ottenuto la sospensione dell’account dello scrittore Antonio
Giangrande su Amazon, su Lulu e su Google libri. Google ha sospeso la
pubblicazione del libro oggetto di contestazione, seguito dal ripristino
immediato, data l’infondatezza delle pretesa. Invece Amazon e Lulu hanno
sospeso addirittura l’intero account con centinai di libri non interessati alla
vicenda.
Nei
libri di Antonio Giangrande, per il rispetto della pluralità delle fonti in contraddittorio
per una corretta discussione, non vi è plagio ma Diritto di Citazione.
La
vicenda merita un approfondimento del tema del Diritto di Citazione.
Il
processo a Roberto Saviano per “Gomorra” fa precedente e scuola.
Alcuni
giornalisti contestavano a Saviano l’uso di un copia incolla di alcuni articoli
di giornale senza citare la fonte.
Da
Wikipedia: Nel 2013 Saviano e la casa
editrice Mondadori sono stati condannati in appello per plagio. La
Corte d'Appello di Napoli ha riconosciuto che alcuni passaggi
dell'opera Gomorra (lo 0.6% dell'intero libro) sono risultate
un'illecita riproduzione del contenuto di due articoli dei quotidiani
locali Cronache di Napoli e Corriere di Caserta, modificando
così parzialmente la sentenza di primo grado, in cui il Tribunale aveva
rigettato le accuse dei due quotidiani e li aveva anzi condannati al risarcimento
dei danni per aver "abusivamente riprodotto" due articoli di Saviano (condanna,
questa, confermata in Appello). Lo scrittore e la Mondadori in Appello sono
stati condannati in solido al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, per
60mila euro più parte delle spese legali. Lo scrittore ha presentato ricorso in
Cassazione contro la sentenza e la Suprema Corte ha confermato in parte
l'impianto della sentenza d'Appello e ha invitato alla riqualificazione del
danno al ribasso, stimando 60000 euro una somma eccessiva per articoli di
giornale con diffusione limitatissima. La condanna per
plagio nei confronti di Saviano e della Mondadori è stata confermata nel 2016
dalla Corte di Appello di Napoli, che ha ridimensionato il danno da risarcire
da 60.000 a 6.000 euro per l'illecita riproduzione in Gomorra di due articoli
di Cronache di Napoli e per l'omessa citazione della fonte nel caso di un
articolo del Corriere di Caserta riportato tra virgolette.
Conclusione:
si condanna l’omessa citazione dell’autore e non il copia incolla della sua
opera.
Cosa
hanno in comune un giurista ed un giornalista d’inchiesta; un sociologo e un segnalatore
di illeciti (whistleblower); un ricercatore o un insegnante e un aggregatore di
contenuti?
Essi si
avvalgono del Diritto di Citazione. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge
sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di
brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se
effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali
fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica
dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica
l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non
commerciali."
Cassazione
penale, sez. V, sentenza 10/11/2016 n° 47506, dall'altra ha funzione di
discussione: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di
parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati
per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e
purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica
dell'opera".
Il Diritto di Citazione
è il Diritto di Cronaca di un’indagine complessa documentale e testimoniale
senza manipolazione e commenti con di citazione di opere altrui senza lesione
della concorrenza con congruo lasso di tempo e pubblicazione su canali
alternativi e differenti agli originali.
Il Diritto di
Citazione si svolge su Stampa non periodica. Che cosa significa "Stampa
non periodica"?
Ogni forma di
pubblicazione una tantum, cioè che non viene stampata regolarmente (è
tale, ad esempio, un saggio o un romanzo in forma di libro).
Il diritto di
cronaca su Stampa non periodica diventa diritto di critica storica.
NB. In dottrina
si evidenzia che “per uso di critica” si deve intendere l’utilizzazione
oggettivamente finalizzata ad esprimere opinioni protette ex art. 21 e 33 della
Costituzione. Con me la cronaca diventa storia ed allora il mio diritto di
cronaca diventa diritto di critica storica. La critica storica può scriminare
la diffamazione. Cassazione penale, sez. V, sentenza 10/11/2016 n° 47506.
L'esercizio del diritto di critica può, a certe condizioni, rendere non
punibile dichiarazioni astrattamente diffamatorie, in quanto lesive dell'altrui
reputazione. Resoconto esercitato nel pieno diritto di Critica Storica. La
critica storica può scriminare la diffamazione. Cassazione penale, sez. V,
sentenza 10/11/2016 n° 47506. La ricerca dello storico, quindi, comporta la
necessità di un’indagine complessa in cui “persone, fatti, avvenimenti,
dichiarazioni e rapporti sociali divengono oggetto di un esame articolato che
conduce alla definitiva formulazione di tesi e/o di ipotesi che è impossibile
documentare oggettivamente ma che, in ogni caso debbono trovare la loro base in
fonti certe e di essere plausibili e sostenibili”. La critica storica, se da
una parte può scriminare la diffamazione. Cassazione penale, sez. V, sentenza
10/11/2016 n° 47506, dall'altra ha funzione di discussione: "Il riassunto,
la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro
comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di
discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano
concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera".
L’art. 21 della
Costituzione permette di esprimere liberamente il proprio pensiero. Nell’art.
65 della legge l. n. 633/1941 il legislatore sancisce la libertà di
utilizzazione, riproduzione o ripubblicazione e comunicazione al pubblico degli
articoli di attualità, che possiamo considerare come sinonimo di cronaca, in
altre riviste o giornali. Distinta dalla mera cronaca è l’inchiesta giornalistica,
la quale parte da fatti di cronaca per svolgere un’attività di indagine, c.d.
“indagine giornalistica”, con la quale il professionista si informa, chiede
chiarimenti e spiegazioni. Questa attività rientra nel c.d. “giornalismo
investigativo” o “d’inchiesta”, riconosciuto dalla Cassazione nel 2010 come “la
più alta e nobile espressione dell’attività giornalistica”, perché consente di
portare alla luce aspetti e circostanze ignote ai più e di svelare retroscena
occultati, che al contempo sono di rilevanza sociale. A seguito dell’attività
d’indagine, il giornalista svolge poi l’attività di studio del materiale
raccolto, di verifica dell’attendibilità di fonti non generalmente attendibili,
diverse dalle agenzie di stampa, di confronto delle fonti. Solo al termine
della selezione del materiale conseguito, il giornalista inizia a scrivere il
suo articolo. (Cass., 9 luglio 2010, n. 16236, in Danno e resp., 2010, 11, p.
1075. In questa sentenza la Corte Suprema precisa che “Con tale tipologia di
giornalismo (d’inchiesta), infatti, maggiormente, si realizza il fine di detta
attività quale prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al
commento e alla elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di
comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione, per
sollecitare i cittadini ad acquisire conoscenza di tematiche notevoli, per il
rilievo pubblico delle stesse”).
A norma
dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la
citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro
comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di
discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano
concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di
insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per
finalità illustrative e per fini non commerciali."
La normativa
italiana utilizza l'espressione segnalatore o segnalante d'illeciti a
partire dalla cosiddetta "legge anti corruzione" (6 novembre 2012 n.
190). Italia. L'art. 1, comma 51 della legge 6 novembre 2012, n.
190 ha disciplinato per la prima volta nella legislazione italiana la
figura del whistleblower, con particolare riferimento al "dipendente
pubblico che segnala illeciti", al quale viene offerta una parziale forma
di tutela. Negli Stati Uniti la prima legge in tema fu
il False Claims Act del 1863, che protegge i segnalatori di
illeciti da licenziamenti ingiusti, molestie e declassamento
professionale, e li incoraggia a denunciare le truffe assicurando loro una
percentuale sul denaro recuperato. Del 1912 è il Lloyd–La
Follette Act, che garantisce agli impiegati federali il diritto di fornire
informazioni al Congresso degli Stati Uniti d'America. Nel 1989 è
stato approvato il Whistleblower Protection Act, una legge federale che
protegge gli impiegati del governo che denunciano illeciti, proteggendoli da
eventuali azioni di ritorsione derivanti dalla divulgazione dell'illecito.
Quando si parla
di aggregatore di contenuti non mi riferisco a colui che, per profitto,
riproduce tout court integralmente, o quasi, un post o un articolo. Costoro non
sono che volgari “produttori” di plagio, pur citando la fonte. Ci sono
Aggregatori di contenuti in Italia, che esercitano la loro attività in modo
lecita, e comunque, verosimilmente, non contestata dagli autori aggregati e
citati.
Vedi Giorgio
dell’Arti su “Cinquantamila.it”. LA STORIA RACCONTATA DA GIORGIO DELL'ARTI.
“Salve. Sono Giorgio Dell’Arti. Questo sito è riservato agli abbonati della mia
newsletter, Anteprima. Anteprima è la spremuta di giornali che
realizzo dal lunedì al venerdì la mattina all’alba, leggendo i quotidiani
appena arrivati in edicola. La rassegna arriva via email agli utenti che si
sono iscritti in promozione oppure in abbonamento qui o sul
sito anteprima.news”.
Oppure come fa
Dagospia o altri siti di informazione online, che si limitano a riportare
quegli articoli che per motivi commerciali o di esclusività non sono
liberamente fruibili. Dagospia si definisce "Risorsa informativa online a
contenuto generalista che si occupa di retroscena. È espressione di Roberto
D'Agostino". Sebbene da alcuni sia considerato un sito
di gossip, nelle parole di D'Agostino: «Dagospia è un bollettino
d'informazione, punto e basta».
Addirittura il
portale web “Newsstandhub.com” riporta tutti gli articoli dei portali di
informazione più famosi con citazione della fonte, ma non degli autori. Si
presenta come: “Il tuo centro edicola personale dove poter consultare tutte le
notizia contemporaneamente”.
Così come il
sito web di Ristretti.org o di Antimafiaduemila.com, o di pressreader.com.
Così come fanno
alcuni giornali e giornalisti. Non fanno inchieste o riportano notizie proprie.
Ma la loro informazione si basa anche su commento di articoli di terzi.
Vedi “Il giornale” o “Libero Quotidiano”
o Il Corriere del Giorno o il Sussidiario, o twnews.it/it-news, ecc.
Dr Antonio
Giangrande
www.controtuttelemafie.it
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