Italia.
Educazione civica e disservizi.
Sosta
selvaggia e raccolta differenziata dei rifiuti.
Lo scrittore e sociologo storico Antonio Giangrande,
nel suo ultimo libro (L’Italia allo Specchio. Il DNA degli italiani. Anno 2019.
Prima parte. In vendita su Amazon in formato Book o ebook) parla dei parcheggi
e della raccolta e smaltimento dei rifiuti.
Italia. Sosta selvaggia ed incompetenza.
I turisti, nel mettere piede in Italia, la prima cosa
che notano è che sulla strada ognuno fa quel che gli pare. E’ abbastanza
irregolare la circolazione, ma allucinante è il comportamento di chi si ferma
con il suo veicolo. Un codice della strada fai da te, insomma.
Il fenomeno più appariscente è la sosta selvaggia.
Ma è possibile che in Italia ognuno parcheggia come
gli pare, con il benestare dei vigili urbani e delle amministrazioni comunali?
La trasmissione televisiva di Mediaset, Striscia la
Notizia, da sempre e stranamente si occupa solo dei parcheggi riservati ai
disabili, occupati da chi non ne ha diritto.
Addirittura, chi si ritiene il più onesto del
firmamento, cade nella tentazione della sosta selvaggia: “Multe per doppia fila
al comizio della Raggi. I grillini: è un complotto - scrive il lunedì 23 maggio
2016 Carlo Marini su Secolo d’Italia.- Comizio di Virginia
Raggi a Roma. A Piana del Sole, periferia romana, gli slogan sono i
soliti: “Onestà, onestà”. Ma basta l’arrivo dei vigili urbani per mandare nel
panico l’aspirante sindaco M5S e i suoi sostenitori. Una voce dalla platea
lancia l’allarme: «Stanno a fa’ le multe». «Proprio adesso dovevano venì». I
grillini, che vedono “microchip sotto la
pelle” e “complotti” dappertutto, non hanno dubbi. Li palesa il
deputato pentastellato al tavolo della Raggi, Stefano
Vignaroli «Cioè a Piana del Sole non si vede un vigile nemmeno…». Virginia tace
e sorride imbarazzata. Il rispetto delle regole dovrebbe valere per tutti.
Anche per chi sa solo gridare “onestà, onestà”.
Eppure in Italia è consentito parcheggiare, ovunque,
anche quando non ci sono le strisce che delimitano l’area di sosta, e comunque,
come in doppia fila. Il tutto salvo che non ci sia un espresso divieto di legge
od amministrativo e che ci sia qualcuno che lo faccia rispettare.
Quindi, lungo la carreggiata cittadina, anche a doppio
senso di circolazione, ove l’area di sosta non è delimitata dalle strisce
bianche o blu, auto, camper e roulotte, autocarri con rimorchio ed
autoarticolati, autobus ed autosnodati possono parcheggiare come, quando e
quanto vogliono, pur se intralciano il traffico?
Per il codice della strada e per la Corte di Cassazione:
Sì. Basta che ci sia lo spazio di transito pari almeno a 3 metri.
E per quanto riguarda la sosta in seconda o terza
fila?
Il parcheggio
in doppia fila è una pratica piuttosto diffusa, soprattutto nelle grandi
città dove la carenza cronica di parcheggi crea molti disagi soprattutto a chi
ha bisogno di fare una sosta breve, “al volo”, per fare una veloce commissione.
Il nostro “5 minuti e poi la sposto” può creare gravi problemi alle auto che risultano
bloccate e che non possono muoversi. Oltre ad intralciare la circolazione. “La
lascio qui due secondi e torno subito” pensiamo, non rendendoci conto che
stiamo infrangendo non solo il Codice della Strada, ma anche il Codice
Penale, commettendo un vero reato. Quante volte è capitato di vedere un’auto
parcheggiata in doppia fila e di augurarsi che un vigile facesse un’improvvisa
comparizione per punire il colpevole?
La sosta in
doppia fila è esplicitamente vietata dal Codice della Strada, all’articolo 158,
comma 2, lettera c, dove stabilisce, con la stessa occasione, anche
la sanzione amministrativa pecuniaria, che oscillerà tra un minimo di
41€ e un massimo di 168€ per i mezzi a quattro ruote, e tra un minimo di
24€ e un massimo di 97€ per le due ruote a motore. L’articolo successivo (art.
159 C.P.) sancisce addirittura la possibilità per gli agenti di Polizia di
provvedere ad ordinare la rimozione forzata, nel caso in cui la sosta
vietata costituisca un pericolo o un grave intralcio alla circolazione degli
altri veicoli. La situazione può però aggravarsi e diventare persino un
reato (quindi un’infrazione del Codice Penale), almeno secondo
l’interpretazione della Cassazione. I Giudici infatti hanno stabilito con le
sentenze 24614/2005 e 32720/2014 che la sosta in doppia fila è idonea ad
integrare il reato di violenza privata, proprio a causa dell’ostruzione
dell’unica via d’uscita di un altro veicolo.
Quando la
legge chiude un occhio. Attenzione però, perché esistono delle situazioni
in cui il parcheggio in doppia fila è tollerato. Questo significa che, anche
nel caso in cui all’automobilista venga notificata la violazione dell’articolo
158, comma 2, lett. c, del Codice della Strada, egli potrà presentare
ricorso e ottenere l’annullamento della sanzione. Ma quali sono questi casi e
come individuarli chiaramente? Come è facile immaginare, la legge non specifica
i singoli casi in cui sia possibile adottare o meno un certo comportamento, ma
si limita a definire i principi fondamentali. I quali, nello specifico, si
ritrovano nell’articolo 54 del Codice Penale, che recita: “Non è punibile chi
ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di
salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona,
pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre
che il fatto sia proporzionato al pericolo”.
Il caso
specifico delle eccezioni. Per passare dai principi generali all’applicazione
della legge, quand’è che la sosta in doppia fila è consentita? Si tratta di
tutti quei casi in cui si prefigurino:
Carattere
d’urgenza e imminenza;
Situazione
di pericolo non evitabile (non esistono soluzioni alternative);
Condizione
di gravità della situazione che si vuole evitare.
Ci penserà l’italica
genialità a trovare l’eccezione e la latina persuasione a porre rimedio.
Rifiuti.
Affari, ma non per tutti.
Oggetto di raccolta sono i rifiuti domestici e quelli
cosiddetti assimilati ovvero quelli derivanti da attività economiche,
artigianali, industriali che possono essere assimilati (con decisione del
comune tramite apposita delibera) per qualità a quelli domestici.
Natura della tassa sui rifiuti. Il presupposto della
tassa è l'occupazione di uno o più spazi, adibiti a qualsiasi uso e
giacenti sul territorio del comune dove il servizio di smaltimento rifiuti è
reso in maniera continuativa. Quindi, il presupposto impositivo non è il
servizio prestato dal comune, ma la potenziale attitudine a produrre rifiuti da
parte dei soggetti detentori degli spazi. Infatti, fatta eccezione per i comuni
con popolazione inferiore a 35.000 abitanti, l'importo da corrispondere per
questa tassa non è commisurato ai rifiuti prodotti, ma alla quantità di spazi
occupati. Tali presupposti danno a questa tassa natura
di imposta anziché di tassa, il cui importo viene invece commisurato
al servizio prestato. Un altro elemento che lascia propendere verso la natura
di tributo è dato dal fatto che la Tassa non è soggetta a IVA, come lo
sarebbe invece stato qualunque tipo di servizio.
Ma come mai più si
differenzia, più si paga?
Più si conferiva il tal
quale indifferenziato, meno si pagava. Che strano ambientalismo!
Prima c’erano i cassonetti
dell’indifferenziata. Poche spese e pochi operatori ecologici. In alcune zone
scatta l’emergenza dei rifiuti, più per complotti politici e speculazioni
economiche per la gestione delle discariche.
Poi ai tradizionali
cassonetti si sono aggiunti i contenitori per carta, plastica, vetro, formando
le isole ecologiche. Più spese e più operatori ecologici, ma anche più guadagni
per la vendita del differenziato. In alcune zone aumenta l’emergenza dei
rifiuti, più per complotti politici, ma crescono le speculazioni economiche:
per la gestione delle discariche e per gli affari sul differenziato.
La politica si inventa
l’ecotassa. Tributo speciale per il deposito dei rifiuti solidi in
discarica.
Poi siamo arrivati all’oggi.
Raccolta porta a porta dei rifiuti. Distribuzione dei contenitori per il
conferimento dei vari rifiuti, divisi per specie. In alcuni paesi cinque, ad
altri solo due. I colori sono differenti da paese a paese.
Ogni bidone (utenze non
domestiche) o bidoncino (utenze domestiche) avrà il suo giorno stabilito per
essere svuotato.
L’utente ha bisogno di una
laurea. Finisce come la parodia di Ficarra e Picone nel film: l’Ora legale.
Ficarra si mangia la buccia del melone, non sapendo dove buttarla e chiede: “Voi a Milano i tovaglioli sporchi di sugo dove li
buttate?”
OGNI BIDONE UN COLORE, OGNI COLORE UN TIPO DI
SPAZZATURA, TU LI SAI?
Cerchiamo di capire quali sono i colori più utilizzati
per i bidoni della spazzatura nella raccolta differenziata dei rifiuti, non
esiste ancora uno standard, ma in linea di massima queste sono le colorazioni
più usate.
Pur non essendo ancora ufficialmente uno
standard, si può dire che per la raccolta differenziata i vari colori dei
bidoni seguono questo schema:
Bianco: Carta, cartone (riviste, giornali e
materiali cellulosici in generale)
Verde: Vetro (bottiglie, barattoli, specchi,
etc.)
Rosso o marroncino: Organico (umido)
Giallo: Plastica riciclabile (bottiglie di
bevande, detersivi, prodotti per l’igiene, etc.)
Blu: Alluminio (lattine, imballaggi, bombolette
spray, etc.)
Va comunque detto che essendo i comuni gli assegnatari
dei vari colori in alcune zone potrebbero esserci delle variazioni,
infatti ci sono zone in cui i bidoni blu sono destinati a carta e cartone,
quelli verdi a vetro e lattine, quelli gialli alla plastica, quelli marroni o
rossi ai rifiuti non riciclabili, quelli arancioni all'indifferenziata e quelli
neri ai rifiuti organici. Ma non è finita qui, ad ogni sacco un colore, ad ogni
colore un tipo di spazzatura, secondo voi vale la stessa regola e lo
stesso abbinamento di colori che abbiamo appena visto per i bidoni?
Sempre che i bidoni
rimangano in nostro possesso in comodato d’uso, perché un nuovo sport prende
piede: il furto di bidoni e bidoncini. Le denunce presentate posso riempire
centinaia di questi bidoni. E la burocrazia anche in questi casi punisce in modo
grave. Dopo la denuncia seguono giorni di attesa e di adempimenti per la sostituzione
di un bidoncino di pochi euro di valore.
Poi bisogna combattere anche
con l’arroganza degli operatori che ti riprendono per ogni errore: smaltire un
certo tipo di rifiuti in giorni sbagliati o in orari sbagliati.
Se poi gli operatori
minacciano di sanzione in caso di errore, allora l’ansia cresce.
Intanto le utenze domestiche
diventano bombe ecologiche, con tanti contenitori sparsi per casa che non
trovano posto.
E che dire delle città e dei
paesi che sono delle vere bidonville maleodoranti, ossia strade invase da
bidoni perenni posti sui marciapiedi (da 2 a 5 per utenza non domestica, come
negozi, ristoranti, attività artigianali e professionali, ecc.).
Dove ci sono loro (i bidoni)
è impedito il transito ai pedoni.
Intanto i pseudo
ambientalisti osteggiano i termovalorizzatori per meri intenti speculativi.
Rifiuti organici, in Italia
un giro d'affari da 1,8 miliardi di euro. Aumenta la raccolta nel 2017, a livello nazionale passa da 107 a 108
kg la raccolta annuale procapite. Lombardia in testa per produzione, scrive La
Repubblica il 16 Febbraio 2019.
Sulle tariffe rifiuti,
l’Italia non è unita (e i virtuosi sono pochi). I dati sulle tariffe rifiuti fotografano un Paese iperframmentato: i
virtuosi pagano meno e solo al top per raccolta differenziata e tariffazione
puntuale, scrive Rosy Battaglia il 14.12.2018 su valori.it. Se il giro d’affari
dell’industria del riciclo è stimato in 88 miliardi di fatturato, con ben 22
miliardi di valore aggiunto, ovvero l’1,5% di quello nazionale, come riporta
lo studio di Ambiente Italia (promosso da Conai e
da Cial, Comieco, Corepla e Ricrea) quanto costano,
invece, i rifiuti alle famiglie italiane?
I miliardi nel cassonetto:
chi vince e chi perde nel grande business dei rifiuti. Un giro d’affari di 11 miliardi: i profitti tutti al
Nord e all’estero, dove arrivano centinaia di treni e camion dalle regioni del
Centrosud rimaste gravemente indietro, che non possono fare altro che imporre
tasse più alte, scrive Daniele Autieri su La Repubblica il 22 maggio 2017.
Raccolta differenziata, tra
conflitti di interesse e dati segreti: “Costi a carico delle casse pubbliche”. Tra opacità e critiche dell'Antitrust, il sistema
Conai non garantisce la copertura dei costi di raccolta a carico dei Comuni con
i prezzi di fatto definiti dai produttori di imballaggi. Una situazione
capovolta rispetto a quella di altri Paesi europei, scrive Luigi
Franco l'8 Ottobre 2016 su Il Fatto Quotidiano. Domanda numero uno: quanta
plastica, carta o vetro da riciclare ha raccolto il tal comune? Domanda
numero due: lo stesso comune quanti contributi che gli spettano per
legge ha incassato a fronte dei costi sostenuti per la raccolta
differenziata degli imballaggi? Due domande le cui risposte sono contenute
nella banca dati Anci–Conai prevista dagli accordi tra l’Associazione
nazionale dei comuni italiani e il Conai, ovvero il consorzio privato che è al
centro del sistema della raccolta differenziata degli imballaggi.
Numeri non diffusi ai cittadini, che possono contare solo su un report
annuale con dati aggregati. Ma i dati aggregati non sempre vanno d’accordo
con la trasparenza. E soprattutto non rendono conto delle incongruenze di
una situazione su cui l’Antitrust di recente ha espresso le sue critiche,
mettendo nero su bianco che “il finanziamento da parte dei produttori di
imballaggi dei costi della raccolta differenziata non supera il 20% del totale,
laddove invece, dovrebbe essere per intero a loro carico”. Con la conseguenza
che a rimetterci sono le casse pubbliche, visto che tocca ai comuni
coprire gran parte di quei costi.
Inceneritori in Italia, dove sono e qual è la
differenza coi termovalorizzatori.
Diversamente dai primi, i termoutilizzatori producono elettricità e non
inquinano. Ma c'è il problema CO2. Da Nord a Sud, la mappa completa, scrive
Paco Misale il 19 novembre 2018 su Quotidiano.net.
Inceneritori e termovalorizzatori. In molti li identificano come la
stessa cosa. In realtà, non è così. I primi sono impianti che bruciano i
rifiuti e basta, mentre i secondi sono impianti che bruciano i rifiuti per
generare energia. Gli inceneritori sono impianti vecchi, che oggi non si
costruiscono più: si preferiscono i termovalorizzatori, che permettono non solo
di distruggere i rifiuti, ma anche di produrre elettricità.
Termovalorizzatori e inceneritori, ecco verità e
bufale, scrive Nino Galloni su
Starmag il 19 novembre 2018. Perché si confondono termovalorizzatori e
inceneritori? Ha ragione Matteo Salvini, per due ordini di motivi:
1) né le discariche né la differenziata rappresentano
la soluzione del problema;
2) il patto o contratto di governo è fondamentale
(come rispettare il sabato) ma se ti cade l’asino nel pozzo lo vai a tirar
fuori anche se è sabato.
Tuttavia, sia Salvini, sia la stampa e la televisione
hanno parlato di termovalorizzatori e di inceneritori. Bene, quarant’anni fa
c’erano gli inceneritori e una discreta mafia se ne interessò, ma la loro
capacità di inquinare e rilasciare diossina quando gli impianti si
raffreddavano era massima. Vent’anni fa arrivarono i termovalorizzatori –
dotati di filtri – riducevano l’inquinamento del bruciare, ma non abbastanza,
in cambio fornivano energia elettrica da combustione (legno, rifiuti, gasolio,
tutto può bruciare). Oggi esistono gli Apparati di Pirolisi; due brevetti
italiani, Italgas e Ansaldo. Oggi, dunque, esistono Pirolizzatori di cui un
tipo che emette gas combustibile, inerti ed anidride carbonica; ed un altro che
non emette l’anidride carbonica perché svolge al chiuso i processi. Perché non
si parla di dotare l’Italia di questi apparati attuali? Perché si confondono
termovalorizzatori e inceneritori? Perché la mafia non solo non si è
interessata ai Pirolizzatori, ma anzi, li ha osteggiati in tutti i modi
entrando nella politica e nell’economia per impedirne la diffusione? Perché a
Roma Virginia Raggi ed il suo staff non hanno voluto prendere in considerazione
tale proposta? Ci sono anche altre tecniche non aerobiche – in cui, sempre al
chiuso, intervengono i batteri – e che consentono di trasformare la risorsa
“rifiuti” in concimi, fertilizzanti e gas naturali, combustibili, a impatto
ambientale negativo (cioè risolvono più problemi dell’abbandonare i rifiuti –
come tali – a sé stessi o cercare di riciclarli in modo non efficiente).
Intendiamoci, la differenziata e l’economia circolare sono buonissime idee; ma
perché vetro, metalli, plastica eccetera vengano recuperati occorre dotare le
città di industrie adeguate, non mandare tali risorse in Svezia o in Germania
(che, invece, al pari di alcuni lodevolissimi comuni italiani – ma l’eccezione
conferma la regola- sanno approfittare di tali opportunità. Credo che
dell’ambiente – e non solo – si debba ragionare in modo non propagandistico,
valutando bene, di ogni cosa, l’impatto economico, finanziario e sociale.
(Estratto di un articolo tratto da Scenari economici)
Rifiuti.
Cosa fanno a Parigi. Scrive il Consorzio Recuperi Energetici. Un termovalorizzatore in parte interrato che tratta
460 mila tonnellate di rifiuti l’anno sull’argine della Senna. Vi sembra una
fantasia? No è la realtà dell’impianto di Syctom Isseane, a Issy -les-
Moulineeaux, un Comune della cintura di Parigi. Il progetto raggruppa 48 Comuni
che hanno aderito ad un medesimo piano e si sono messi insieme per smaltire i
rifiuti, realizzando quest’impianto. Dal 2007 il centro tratta i rifiuti
prodotti di circa un milione di abitanti...Un’apposita carta della qualità ambientale
è stata sottoscritta con il comune di Issy che garantisce le condizioni di
qualità, di sicurezza e di protezione dell’ambiente. L’impatto sulla salubrità
dell’ambiente è regolato da limiti rigorosissimi. Un impianto simile e forse
anche più avanzato è quello di Firenze almeno sul ciclo dei rifiuti. Qui si
raggiunge il 54% della raccolta differenziata ed entro il 2020 è previsto il
70%. Il termovalorizzatore di Case Passerini eviterà che i rifiuti residui,
ossia quelli non riciclabili, siano inviati altrove producendo energia
elettrica equivalente al fabbisogno annuo di 40 mila persone, climatizzando
l’intero aeroporto ed eliminando lo smog causato dai camion che trasportano
rifiuti nelle discariche.
Copenaghen,
l'inceneritore con pista da sci sul tetto. Di Maio: "Ce la vedo ad Acerra..." Tutto
pronto per il nuovo termovalorizzatore costato 670 milioni di dollari.
Produrrà energia a impatto zero. Attorno un parco con piste ciclabili e
impianti sportivi. Sul lato più alto della struttura la parete artificiale
d'arrampicata più alta del mondo, scrive Paco Misale il 19 novembre 2018
su Quotidiano.net
A
cura del dr Antonio Giangrande. Scrittore, sociologo storico, giurista,
blogger, videomaker, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie ONLUS.
099.9708396 – 328.9163996
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